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Coronavirus e viaggi, voucher al posto dei rimborsi: procedura d’infrazione contro l’Italia

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Viaggi, voucher e rimborsi

Viaggi e voucher, la decisione attesa da tempo è giunta: la Commissione europea avvia il procedimento per violazione della normativa comunitaria. Il Governo ha due mesi di tempo per rispondere

Regolamento 261 del 2004

La normativa comunitaria, che tutela i diritti dei viaggiatori, è stata violata. Così, dopo le parole sono arrivati i fatti. La Commissione europea ha avviato due procedure d’infrazione contro l’Italia. L’oggetto del contenzioso è noto da tempo: le compagnie di trasporti che cancellano un viaggio, per motivi legati al Covid-19, possono fino al 30 settembre emettere un voucher di pari importo a quello del biglietto (come consentito dal regolamento italiano). Questo, senza dare al cliente la possibilità di scelta tra quest’ultimo e il rimborso, entro una settimana, come invece prevede il regolamento 261 del 2004.

Prima procedura

La prima procedura, avviata anche nei confronti della Grecia, può portare a pesanti sanzioni. Al momento è nella sua fase iniziale. I due Paesi, adesso, hanno due mesi per replicare all’esecutivo Ue. Il dialogo tra le parti è ben avviato. Già nei giorni scorsi, infatti, il ministro dei trasporti Paola De Micheli e quello del turismo Dario Franceschini, avevano tentato di ammorbidire la posizione della Commissione. La proposta era quella di reintrodurre la scelta, tra voucher e rimborso, a partire dal prossimo 31 luglio. La trattativa, però, non è nemmeno iniziata. Durante la crisi, dovuta alla pandemia da Covid-19, l’esecutivo europeo ha costantemente chiarito che i diritti dei consumatori restano validi anche in un contesto senza precedenti e che le misure adottate, dalle Nazioni a supporto dell’industria, non devono incidere su quest’ultimi.

Seconda procedura

La seconda procedura d’infrazione riguarda i “viaggi a pacchetto“, cioè quelli “tutto compreso”. In questo caso ad emettere i buoni sono i tour operator, ma la sostanza non cambia: i viaggiatori hanno il diritto di scegliere. Questo secondo procedimento riguarda dieci Stati. Tra gli accusati, oltre all’Italia, ci sono anche Repubblica Ceca, Cipro, Grecia, Francia, Croazia, Lituania, Polonia, Portogallo e Slovacchia.

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