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God save Sanremo Giovani. Rifondare, rifondare tutto

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Un’altra occasione sprecata. Sanremo Giovani 2021 si accartoccia ancora una volta su se stesso, con una serata quasi completamente priva di logica e di ritmo.

Uno spot su come non valorizzare i Giovani. Questa è la sensazione che si ha nel day after della Finalissima delle Nuove Proposte, andata in onda nella serata di giovedì 15 dicembre su RAI 1 che ha visto la vittoria di Yuman, il secondo posto di Tananai e il terzo di Matteo Romano, piazzamenti con cui gli artisti si sono aggiunti, come previsto dal regolamento, al cast delle 25 canzoni big in gara che ascolteremo dal 1 al 5 febbraio al Teatro Ariston di Sanremo.

Sono davvero troppi anni che si cerca in qualche modo di rivitalizzare e rendere più fascinosa la gara dei giovani, con tentativi però fin troppo vani e campati in aria malgrado due-tre idee, di base, interessanti. E anche quest’anno, purtroppo, non è stato da meno, malgrado una risposta in termini di ascolti più alta rispetto alla scorsa annata, con 2.425.000 milioni di telespettatori, pari al 13.4% a seguire la trasmissione, un dato superiore ai 1.878.000 per 10.2% dell’edizione passata, dato comunque da non sottovalutare considerato che, a differenza di dodici mesi fa, si era già a conoscenza dei nomi dei Campioni in gara, annunciati dal direttore artistico Amadeus il primo di dicembre.

Ma se il pubblico, potenzialmente esiste, perché non provare a dare una vera, energica, spallata a un concorso in perenne stato confusionale e debolissimo dal punto di vista dell’intrattenimento? Si parla sempre di dare spazio ai Giovani, eppure ieri questi sono stati completamente offuscati dalla passarella dei big, tutti presenti al Casino (esclusa Elisa, positiva al covid-19) per svelare il titolo del proprio brano e per commentare le esperienze passate. I dodici piccoli cantanti in competizione sono sembrati solo il contorno, fattore inaccettabile soprattutto in ottica di un solo, misero, passaggio televisivo, al contrario di quanto succede di solito durante la settimana festivaliera (dove di solito anche con un solo passaggio c’è giocoforza un’attenzione mediatica maggiore e numeri importanti) o in studiate incursioni nel day time pomeridiano della rete ammiraglia come avvenuto in passato durante le fasi di scrematura.

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Per l’ennesima volta dunque Sanremo Giovani si è incespicato su se stesso, tradendo con i fatti le parole che, oramai con l’orologio svizzero, vengono sbandierate alle conferenze stampa di presentazione ogni anno. Cosa sappiamo in più dei partecipanti? Nulla, se non pochissime parole inserite in un RVM troppo breve per poter creare un minimo di empatia. Cosa sappiamo dell’ancestrale voce di Yuman, della freschezza sfacciata e tormentata di Tananai o delle vibes vicine alle teenager di Matteo Romano? Assolutamente nulla, ma almeno di loro scopriremo qualcosa in più in quanto, partecipando attivamente al Festival, avranno la possibilità di raccontare e di raccontarsi in tutte le salse. Ma di Martina Beltrami, fuori dalla top 3, che cosa abbiamo saputo? Di Bais, talento con questa estetica così ricercata, cosa abbiamo avuto modo di capire? Il nulla.

La totale assenza di televoto ha poi compromesso il tutto, fondamentalmente lasciando la scelta finale al Direttore Artistico e alla Commissione, già perfettamente a conoscenza dei nuovi brani eventuali da portare a febbraio. Per quanto uno quindi si sforzi, appare davvero poco credibile che si sia deciso tutto solo durante la serata, magari tenendo anche conto delle performance dove, diciamocela tutta, ad eccezione proprio di Yuman, gli altri due vincitori (entrambi comunque forti) non hanno certamente brillato per intonazione e prestazione. A conti fatti dunque quello che doveva essere uno scontro Finale emozionante e pieno di pathos si è ridotto, come una scatola cinese, a una piccola passerella (la gara dei giovani) all’interno del red carpet (la presenza, ingombrante, dei big).

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Eppure i presupposti per rendere questo concorso canoro davvero appetibile ci sarebbero tutti, basterebbe con tutte le complicazioni del caso, trovare un modo vincente per cucire quanto di buono è stato fatto nel corso degli anni. Prima di tutto sarebbe finalmente l’ora di scegliere tante belle canzoni, di qualità sia testuale che produttiva, aspetto spesso e volentieri fin troppo latitante, con un roster di gente con un progetto vero, forte, solido, alle spalle, meno amatori e improvvisatori dunque.

La scelta di voler creare un circuito a parte, totalmente distaccato dalla kermesse, permettendo a uno o più pretendenti di entrare le cast dei big, non è così folle, ma bisognerebbe darne il giusto risalto. Tralasciando l’eccessiva e farraginosa macchina di AmaSanremo (2020) – dove i malcapitati si sono dovuti sfidare una quantità innumerevoli di volte tra selezioni e battle in seconda serata spesso perdendo con avversari improponibili – recuperare per esempio l’esperimento di Baglioni in toto, quindi creando un vero e proprio evento seriale in prima serata, coniugandolo all’ottima intuizione di Paolo Bonolis 2009 in cui si è pensato di affiancare ai protagonisti dei Tutor veramente big (Malika Ayane duettò con Gino Paoli in “Come Foglie“, Irene Fornaciari si esibì con il padre, Arisa si lasciò andare a un incantevole versione di “Sincerità” con il Maesro Luttazzi), potrebbe consentire di allestire (con tutti e se e i ma del caso, nessuno ha la bacchetta magica) un ibrido sicuramente difficilissimo da mettere in piedi, ma che darebbe in tutto e per tutto lustro, importanza, attenzione a una rassegna che, anno dopo anno, passa eccessivamente sotto traccia.

E in ultimo, una domanda aperta: siamo proprio sicuri che rivelare la canzone al pubblico diverse settimane prima sia vincente? Siamo proprio sicuri che lasciare lo spettatore libero di innamorarsi, di criticare, di venire rapito da una canzone inedita al primo ascolto, così come accade all’Ariston, sia così tanto sbagliato? God Save Sanremo Giovani.

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Crediti Foto: Gian Mattia D’Alberto/LAPRESSE