Seguici su

Musica

Rubrica. FLASHLIGHT. Manu Dibango, l’anima dell’Africa in un saxofono

Pubblicato

il

[sc name=”video-irc” ]

Di Old Man Say

Il 24 marzo 2020 Manu Dibango, il padre dell’afro beat, ci ha lasciato. Era ricoverato a Parigi dal 18 marzo, infettato dal maledetto Covid19: sembrava che il fisico potesse reggere ed invece… Sono passati 10 giorni dalla scomparsa di questo grande artista, giorni che sono serviti ad un amico caro da me interpellato, Max De Giovanni, a riordinare idee, riguardare le copertine dei suoi Lp nella sua immensa collezione e riascoltare le sue tracce.

Conoscendo il suo amore e cultura in generale, sia per i generi musicali che costituiscono l’ossatura e la base della musica da club quindi in primis l’afro-brasil, il funky ed il soul, sia per questo artista in particolare, non potevo non chiedere che a lui un bel life profile del celebre saxofonista africano con aneddoti interessanti e curiosità a molti certamente sconosciute: e così, eccolo.

Emmanuel N’Djokè Dibango era nato a Douala in Camerun il 12 dicembre del 1933, ma si trasferì in Francia per studiare a 15 anni. Amava ricordare che fu una lunga attraversata (21 giorni) e che in mezzo ai bagagli aveva tre kg di caffè, con i quali si sarebbe pagato il primo mese di affitto.

Studiava a Saint Calais, per poi trasferirsi al Liceo di Chartres, dove iniziò ad appassionarsi allo studio del pianoforte ed iniziò i primi concerti amatoriali, suonando in trio. Nel 1950 l’incontro che gli cambierà la vita: il sax contralto! Dibango inizierà la sua carriera di girovago: a Bruxelles dove diresse L’orchestra Les Anges Noir, dove incontrò la sua futura moglie ed iniziò a collaborare con Grand Kallè, il creatore dell’inno dell’indipendenza africana.

Nel 1962 è a Leopoldsville dove aprì un club, il Tam Tam, ma rientrò presto nella patria d’adozione, la Francia.Nel 1972 l’anno della svolta: compose l’inno per il Camerun, pronto ad ospitare i campionati di calcio africani e lo inserirì nel lato A di un 45 giri. Nel lato B mise un pezzo che gli piaceva ma che non poteva ambire, pensava, al lato principale: Soul Makossa.

 

 

David Mancuso, dj ed ideatore del Loft, locale di culto dei primi anni 70 a New York, racconterà nel libro “Love saves the day” che, rovistando in un negozio di dischi import giamaicano, trovò questo 7 pollici, importato da un’azienda africana con sede a Brooklyn. Lo mise sul giradischi, appoggiò la puntina e se ne innamorò: ne comprò tre copie e lo propose al Loft.

Ai tempi le proposte musicali erano funk e rock, un pezzo africano era impensabile, ma il successo fu immediato e clamoroso. Regalò le altre due copie a Michael Cappello e David Rodriguez, dj di successo nella grande Mela. Rodriguez rivelò a Nicky Siano, dj del Gallery, dove trovarlo e subito prese le ultime cinque copie. Soul Makossa divenne disco di culto tra i locali new yorkesi, grazie anche ad una recensione di Billboard. Nessun altro dj ne trovava copia, stamparono illegalmente alcune copie, ma la registrazione era pessima. Finalmente l’Atlantic Records ne comprò i diritti dalla francese Fiesta e così il mercato americano fu rifornito. Il 23 giugno 1973 Manu Dibango fece la sua prima apparizione nella chart statunitensi.

Dibango iniziò a collaborare con i Fania All Stars, band latina e si esibì al Madison Square Garden e in tour nel continente sud americano.

L’avventura continuò e il saxofonista tornò in Africa, precisamente in Costa d’Avorio, dove diresse l’orchestra radio televisiva nazionale.

La sua produzione musicale è sterminata, alcuni brani sono diventati di culto nel movimento Afro Brasil nato e sviluppatosi in Italia:

Super Kumba, la stupenda Dikalo, Weja, Reggae Makossa…

 

 

Un aneddoto: nelle notti romane di metà anni 70, al Jackie O ( se la memoria non mi tradisce) a fine serata, alcuni ragazzi francesi chiedevano al dj di suonare Soir au village.

 

 

Manu Dibango, compositore, autore, pianista, saxofonista, esperto della marimba, nel 2004 venne nominato artista Unesco per l’impegno politico nella lotta alla fame nel mondo e nella lotta ai conflitti che da decenni insanguinano l’Africa.

Nel 2019 per festeggiare i 60 anni di carriera ha realizzato un tour mondiale.

La vita umana del grande saxofonista è finita il 24 marzo 2020 in un ospedale di Parigi. La sua storia continuerà nell’estesa produzione musicale di una vita in musica.

 

 

Grazie per il suo prezioso contributo a Max De Giovanni. Dj, suona da anni principalmente nei più importanti locali romagnoli. Cultore, collezionista di vinili, ama scrivere di djing e nightlife come freelance per riviste di musica, magazine, siti web: ha scritto un libro che racconta la storia dei dj italiani “Disco Selector. Professione dj, la storia” Editrice Moderna 2008.

 

Old Man Say, dj e music designer, inizia il suo percorso ed evoluzione musicale negli anni ’80. Dopo diverse esperienze in club, beach club e lounge-bar italiani, da cinque anni vive e lavora in Ibiza, dove è dj residente in diverse prestigiose consolle dell’isola oltre ad aver avuto il piacere di portare il suo sound in Egitto, Marocco e Giordania. Propone selezioni musicali di matrice deep, elettronica & downtempo, house e nomad. Le sue collaborazioni settimanali su OAPlus dal titolo “Flashlight” e “Here I am Ibiza” regaleranno news e curiosità dal mondo della musica e tante sfiziose anteprime dalla regina indiscussa della nightlife mondiale, Ibiza.

 

Clicca qui per mettere “Mi piace” alla nostra PAGINA OA PLUS

Clicca qui per iscriverti al nostro GRUPPO OA PLUS