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Mei/Indipendenti

Mei, Rubrica. MUSICA IN GIALLO. L’attitudine perturbante di Dario Guidi, prometeicamente “Cartomante”

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Di Roberta Giallo

Nella vita tutti prima o poi dobbiamo avere a che fare con “il perturbante”, termine che trae la sua origine dal repertorio psicanalitico freudiano.

Perturbante nel linguaggio comune viene identificato come qualcosa di “sinistro”, di “spaventoso”, oppure, ancora meglio, e più tecnicamente direi, con qualcosa che genera in noi un sentimento misto di timore e al tempo stesso di familiarità con la cosa che evoca in noi quel timore, se pur  _ causa la rimozione_  non sappiamo bene identificarla, riconoscerla. Quindi il risultato è che quella cosa resta e resti mis-conosciuta, mis-teriosa.

Se dovessi trovare un aggettivo per “Cartomante” questa da-poco-nata canzone di Dario Guidi, artista dalle tante sfumature, avventuroso e audace, direi che è una canzone perturbante, dunque evocativa, dunque misteriosa e al tempo stesso capace di “spaventare”, ricondurci  in parte ad un sentimento di non decodificato timore; quello che, del resto, ogni persona dotata di “senno” prova di fronte all’ignoto, alla morte, e  all’amore (e amore e morte dell’ignoto sono simbolo e viceversa) nei confronti dei quali: se da un lato si rivolgono molteplici preghiere e speranze, dall’altro, ci si relaziona con cautela, anche per non peccare di Hybris, il peccato meno perdonabile agli occhi degli Dei.

Chi sfida il Destino, anche da un punto di vista conoscitivo, cercando di leggerlo anticipatamente, oltre ad intaccare la sfera perturbante delle incertezze e delle profezie (tra positive e nefaste), potrebbe intaccare il sentimento di cura e protezione da parte degli Dei che, appunto, potrebbero vedere in chi vuole appropriarsi del Fato, per lo meno del suo disvelamento, un atto di sfida, di tracotanza, di Hybris (per dirla “alla greca”)… e quanto rischia allora un cartomante?

 

Quanto si rischia a voler predire la vita leggendo tra i segni delle carte e quelli della vita?

Eppure, se volgiamo lo sguardo ad altra prospettiva, saper leggere/interpretare “certi segnali”, non sarebbe un atto di sfida qualora questi segnali fossero mandati dagli Dei, o dal Divino… tutt’altro! Ne saremmo in questo caso studiosi, devoti interpreti. E forse la cosa ci eleverebbe…

Dunque resta un insanabile mistero, dentro cui gioca l’uomo, con i suoi ruoli e le sue regole da distruggere e/o rispettare. Non a caso, credo giochi-seriamente anche Dario Guidi, al quale andare a toccare certe tematiche deve riuscire “più facile”, oppure, meglio ancora, più “naturale”, poiché nella sua formazione ha abbracciato l’amore e lo studio del teatro, della recitazione, misto a quello dei fondamentali della musica e di uno strumento tanto raro quanto bello e inusuale, anche per “scomodità”, l’arpa. Questo dunque è il nostro Cartomante, un giovane artista che deve aver avuto chiaro fin da subito che il suo percorso sarebbe stato di “perdizione” e di ricerca, un percorso di artisticità votata e dedicata agli altri, oltre che alla scoperta profonda e lacerante di se stesso.

Attore e cantante, autore incline alla curiosità dell’antico, del moderno e del contemporaneo in tutte le sue declinazioni per nulla pop… ma, talvolta, anche pop!

Ho parlato con lui al telefono, una bella chiacchierata, senza orpelli o parole di circostanza, una chiacchierata così fluida da non aver voluto interromperla o frenarla per appuntare delle cose che ho “preteso” appuntasse lui stesso, rispondendo alle mie domande, alle quali seguiranno le sue coscienziose e precise riposte. Perché oltre a lodare l’audacia, di Dario io lodo la consapevolezza e l’umiltà, qualità rare al giorno d’oggi, raggiunte con passione ma anche con molto studio e numerose esperienze rilevanti.

Segue dunque una specie di autoritratto di Dario Guidi, che ci racconterà di sé, del suo percorso e anche di quel poco che si può dire di “Cartomante”, per evitare che la canzone, che tra l’altro vedrei benissimo di questi tempi come una sigla di una serie-Tv  piuttosto Goth, perda l’aura di mistero e di non-definibilità che la rende certamente molto diversa da tanta offerta contemporanea…

 

Attore, arpista, cantante, autore… Dario, come ti percepisci in relazione ad ognuno di questi “ruoli”? c’è una parte di te più spiccatamente aderente ad  uno di loro, oppure, in altre parole, un lato di te prevalente, dominante, trainante? 

Credo che l’Arte, in generale, sia spettacolo e che il concetto di spettacolo sia fortemente collegato alla teatralità. Perciò se dovessi parlare di una energia trainante, sicuramente mi riferirei a quella scaturita dal teatro. D’altronde, ma questo è un mio umile pensiero, un componimento o una canzone priva di teatralità e perciò di anima artistica, è vuota”.

 

Quando hai deciso che nella vita avresti fatto arte/spettacolo (e che non sarebbe stato “solo” un passatempo… ), quanto hai dovuto adoperarti e lottare perché diventasse un lavoro vero e proprio?

 

Ho studiato tanto e ho fatto sacrifici, e insieme a me si sono sacrificati i miei genitori. L’appoggio della famiglia è spesso l’elemento fondamentale per la realizzazione dei nostri sogni. Il mondo artistico è molto complicato e richiede grande disciplina e studio, elementi che senza un aiuto economico sono difficili da masticare e digerire. Il mettersi in gioco è un altro tipo di lavoro dentro al lavoro dell’artista. Lo studio e la crescita non devono essere mai frenati, anzi bisogna sempre tuffarsi in situazioni nuove e non rimanere fossilizzati su ciò che abbiamo fatto pensando che sia “sufficiente” per lavorare.

 

Professarsi e vivere da artisti ci mette spesso di fronte a degli aut aut, a delle scelte difficili. A cosa hai dovuto rinunciare? Ci sono state persone che “non ti hanno capito”, che ti hanno in qualche modo ostacolato… e ti hanno perso?

 

Non mi sono scontrato con grandi rinunce, probabilmente perché sono ancora giovane e di strada da fare e di scelte difficili da prendere ne ho molte. Mi è capitato, però, di dover scegliere tra due progetti lavorativi, rinunciando, ingenuamente, ad uno che mi avrebbe portato sicuramente più lontano e che mi avrebbe regalato molto molto di più rispetto al progetto che, al tempo, scelsi di fare. Questo è un rimorso che ho. Per quanto riguarda le persone intorno a me, il fatto di aver avuto una predisposizione per questo lavoro, fin da quando ne ho memoria, ha portato a dare per scontato che io facessi questo, a tutte le persone intorno a me. Non ho ancora incontrato qualcuno che abbia provato ad ostacolarmi. In amore, mi è capitato di conoscere ragazzi che non capissero il mio “Mondo” ; mi dicevano che non sarei arrivato da nessuna parte e che, nell’approccio all’arte, ero vecchio e visionario; avrei dovuto vendermi piuttosto al migliore squalo offerente. Una volta preso le distanze da queste persone, mi sono reso conto che il loro giudizio era più che altro dettato da invidia e incapacità nel portare avanti i loro sogni. Oggi, per fortuna, ho accanto un uomo che ha stima di tutto ciò che provo a realizzare giorno per giorno e questo mi da’ una carica immensa.

 

Sei giovanissimo, ma porti già sulle spalle “un bagaglio” di tante esperienze professionali, soprattutto, nel mondo del teatro (se non vado errando). Qual è stata, tra tutte, l’esperienza che ti ha forgiato, quella che non dimenticherai mai? e ammesso sia solo una:  qual è quella che ti va di ricordare oggi?

 

Le esperienze teatrali che mi hanno segnato sono state diverse. Ho avuto la fortuna di lavorare e conoscere : Gigi Proietti, Sandra Milo, Francesca Benedetti, Sandra Collodel, Ornella Vanoni e tanti altri animali da palcoscenico. Un ricordo che rimarrà indelebile nella mia memoria è collegato al debutto del Riccardo III al Silvano Toti Globe Theatre di Gigi Proietti, per la regia di Marco Carniti, perché sognavo quel teatro da quando avevo 12 anni. Da piccolo dicevo “ è lì che salgono i veri attori” , quindi, il giorno della prima, quando terminai la mia scena, tornato in camerino piansi di gioia. Uno degli insegnamenti più grandi me l’ha dato Sandra Milo, con la quale andrò in scena con “Ostriche e Caffè Americano” appena i teatri riapriranno. Sandra è un pezzo di storia dello spettacolo italiano ma ha un umiltà rara e un livello di disponibilità e di ascolto attoriale nei confronti dei giovani che è davvero sbalorditivo. Si mette a servizio. E questo mi ha incantato.

 

Dario, abbiamo fatto una lunga e piacevole chiacchierata al telefono, e la sensazione è stata quella che mi capita di provare quando parlo con “un amico di vecchia data che non sento da un po’”, con cui, senza filtri, ci si racconta. Mi hai parlato di come è nata la canzone “Cartomante”: ci racconteresti qui il tuo rapporto con le carte e i tarocchi? Io  so già che è molto interessante.

 

Avevo 8 anni, stavo sistemando la libreria di mia madre e ad un certo punto mi è caduto addosso un vecchio libro di Tarocchi. Da lì è nato l’amore. Mi sono appassionato e ho iniziato a studiare. A distanza di 15 anni ho detto “ma perché non scriverci un brano”? E così è nato “Cartomante”. Era stato proposto per Sanremo Giovani, quando ci è arrivata la risposta negativa io e i miei collaboratori ( Luigi Lusini, Francesco Di Marco e Michele Villetti) eravamo piuttosto abbattuti. Così ho abbandonato “Cartomante” in un cassetto per un paio di anni e poi mi son detto “ Questo pezzo spacca e voglio farlo sentire comunque, me ne infischio”. Ed eccolo qua. Ps : Ormai per me sei una amica di vecchia data, quindi attendo la prossima telefonata con ansia.

 

Stai per caso lavorando ad un album? E’ tua intenzione?

 

In realtà i brani ci sarebbero. Ma l’album è una cosa molto preziosa, vorrebbe dire svelare tante creature a cui sono legato. Non vorrei bruciare una cartuccia che sento di poter tenere  nascosta ancora per un po’. Prima o poi arriverà, di questo sono certo.  Attendo il momento giusto.

 

Raccontaci un tuo momento di gloria. Di quella volta in cui ti sei sentito al settimo cielo…

 

Ad oggi, ho diversi momenti, per fortuna, in cui mi ricordo di aver toccato il cielo. A livello di adrenalina sicuramente c’è un episodio di XFACTOR a cui sono molto legato. Era la puntata dei Bootcamp e dovevamo scegliere un brano da cantare al Forum di Assago, davanti a 3, 4 mila persone? Non ricordo bene. Io volli cantare a tutti i costi “La canzone dell’amore perduto” di Fabrizio De Andrè, perché era il brano che mia madre mi cantava da piccolo per farmi addormentare e volevo farle questo regalo.  Ho dovuto insistere per farmi dare l’ok per cantarla. Avrebbero preferito che un ragazzo di 19 anni cantasse un brano più Young più fresco. Alla fine la cantai. Finito il brano tutto il pubblico del Forum si alzò in piedi, quell’applauso mi sembrò infinito e passai diretto alla puntata successiva. Ancora oggi se riascolto quella canzone sorrido e mi emoziono.

 

Quante volte ti sei dovuto scontrare con pregiudizi e disincentivi ad essere un artista e un uomo libero, nell’azione e nel pensiero? Pensi di esserne uscito illeso?

 

Provengo da una realtà molto piccola. Sono originario di un piccolo paese della provincia di Viterbo e da adolescente ho dovuto ingoiare diversi rospi prima di farmi rispettare e di far mettere da parte i pregiudizi che c’erano su di me. Ma, sono sicuro che, nella vita, se siamo trasparenti, mostrandoci per quello che siamo senza filtri o paura del giudizio altrui, possiamo ottenere il rispetto degli altri e di noi stessi. Molte volte siamo proprio noi a dipingerci nel modo in cui non vorremmo che gli altri ci vedessero.

 

È un momento inedito e delicato questo, un momento difficile per tutti. Sei più ottimista o più preoccupato? O sei oscillante?

 

Sono più ottimista. Io solitamente sono molto pessimista ma in questa situazione mi sembra sbagliato esserlo. E’ un problema che tocca tutti, nazioni ricche, nazioni povere, uomini di tutti i ceti sociali, qualsiasi attività lavorativa; non voglio pensare che si faranno gli interessi solo di alcuni. Penso che il mondo intero collaborerà unito per superare tutto a vantaggio di tutta l’umanità. Perché è una guerra che non si combatte tra uomini, questa volta.

 

Cos’è che secondo te non ha funzionato e non funziona ancora nel mondo dello spettacolo, se lo inquadriamo da un punto di vista lavorativo/professionale, previdenziale? Hai delle proposte per il futuro imminente, di cui al al momento si stenta ad avere una visione, o per lo meno un piano di ripartenza per quanto riguarda il nostro settore?

 

In questo periodo di LockDown la gente si è tuffata nell’arte per chiedere aiuto. Nei libri, nelle serie tv, nei film, nella musica, nelle trasmissioni sul teatro o sulla letteratura. Se vedessimo il tutto in modo più razionale ci renderemmo conto di quanto bene porta questo lavoro. E’ talmente bello per chi lo fa e per chi lo riceve che ci dimentichiamo che è comunque un lavoro. Che ci sono milioni di persone dietro che si fanno in 4 per fare in modo che tu possa vedere quella serie comodamente sul divano la sera dopo il lavoro, per fare in modo che tu possa sentire tutta la musica che vuoi o per fare in modo che tu possa passare una serata divertente o emozionante a teatro. L’arte non è dovuta. Ci sono nazioni che non hanno la nostra fortuna, dove molte manifestazioni artistiche sono vietate. Chi collabora a tutto ciò, deve essere rappresentato e tutelato. L’Italia, purtroppo, negli ultimi anni ha assistito ad una crisi culturale ed economica spaventosa. E quando le cose si mettono male, si tende a pensare che “la cultura” sia qualcosa di superfluo, che può essere un attimo accantonata, una cosa di nicchia. Si sbaglia enormemente. Fin quando non comprenderemo che un paese povero culturalmente è un paese POVERO in generale, non potremo mai aspettarci di  vedere migliorie.

 

E visti gli sforzi che in questo momento sta anche compiendo il Mei Meeting degli Indipendenti, per far sì che la pluralità delle voci di tutti quanti noi artisti non si disperda, ma si unisca compatta anche per poter domandare e pretendere in modo legittimo risorse, attenzione e spazi, a chi può disporne e organizzarle al meglio, per tutti, io auguro a Dario un futuro radioso, e auguro a voi buon ascolto e buona visione del videoclip di “Cartomante”.

 

 

Leggi QUI l’articolo originale sul sito del MEI – Meeting delle Etichette Indipendenti. 

 

Roberta Giallo

 

Laureata in Scienze Filosofiche, Roberta Giallo è cantautrice, autrice, performer, pittrice etc. Si definisce un “ufo” o “un’aliena perennemente in viaggio”. Ha già scritto di musica per Vinile e All music Italia. Musica in Giallo è la sua prima rubrica musicale per MeiWeb e OaPlus.

 

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