Interni/Politica
Sanremo 2020, LGBT. Monica Cirinnà per Tiziano Ferro e Anna Maria Bernini per Achille Lauro: gli endorsement della politica alla libertà sessuale
Il Festival LGBT di Amadeus ha entusiasmato sinistra e destra, ma se la senatrice del Pd porta il nome della legge sulle Unioni Civili, la sua controparte di Forza Italia ha dissentito con il suo partito per l’appoggio ai diritti gay.
Achille Lauro, invaso dalle critiche per i suoi outfit Gucci contro la mascolinità tossica sfoggiati a Sanremo, ha ricevuto sostegno dalla senatrice di Forza Italia Anna Maria Bernini. Tiziano Ferro, sul palco dell’Ariston in qualità di ospite fisso (da poco sposatosi in America con il suo compagno di una vita Victor Allen) ha invece incassato gli elogi della senatrice del Partito Democratico Monica Cirinnà. E si tratta di quella Cirinnà che ha dato il suo nome alla storica legge sulle Unioni Civili approvata dal Parlamento italiano nel maggio 2016.
La legge Cirinnà
Monica Cirinnà, fu promotrice e prima firmataria della legge sulle Unioni civili, termine con cui si indica l’istituto giuridico di diritto pubblico comportante il riconoscimento giuridico della coppia formata da persone dello stesso sesso, finalizzato a stabilirne diritti e doveri reciproci. Svolta storica per un Paese come l’Italia, visto che per la prima volta si riuscì ad estendere alle coppie omosessuali gran parte dei diritti e dei doveri previsti per il matrimonio, incidendo sullo stato civile della persona. La sua approvazione per per gli outfit di Lauro e per il discorso di Tiziano Ferro sul diritto di essere felici e sull’orgoglio di essere così come Dio ci ha creato è stata tutto fuorché incoerente.
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Bernini e le sue posizioni gay friendly
A far più scalpore è senza dubbio la Bernini, che viene da un partito il cui elettorato si è sempre mostrato conservatore, cattolico e per la famiglia tradizionale; basta pensare che i suoi alleati sono Fratelli di Italia di Giorgia Meloni e La Lega di Matteo Salvini. Tuttavia la Bernini non si è mai mostrata omofoba, ma questo sarà sfuggito ad alcuni dei suoi elettori, che protendono per la famiglia tradizionale e non approvano i ‘ragazzi in gonnella’ (e nemmeno ‘le donne con i pantaloni’) nonostante le lotte per l’uguaglianza, le ricerche scientifiche, il benessere economico raggiunto nell’ultimo secolo (che purtroppo non corrisponde ad un ‘benessere culturale’). Sulla sua pagina social, la senatrice forzista difende Lauro da ogni attacco e dice: “Me ne frego della tutina glitterata, tra il merito e il bigottismo della nostra società io so chiaramente da che parte stare! Viva Achille Lauro, Viva l’arte, Viva la libertà!”
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Bernini e la legge Cirinnà
L’iter del”ddl Cirinnà” ha visto Anna Maria Bernini all’inizio favorevole. La senatrice si era espressa in pubblico a favore della proposta di legge, anche per quanto riguarda la stepchild adoption, e aveva votato per l’approvazione del testo, in aperto dissenso dal proprio gruppo parlamentare. Durante la decisiva seduta del 9 febbraio, dichiarò che il disegno di legge fosse “un primo abbozzo di risposta […] per contenere un gap europeo ed un vuoto normativo”, e per di più affermò che “avrebbe voluto vedere aggiornato l’articolo 29 della Costituzione, regolante l’istituto del matrimonio, in quanto avrebbe fatto fare anche un vero, e non solo promesso, balzo in avanti all’intera società italiana, modernizzando un Paese che troppo spesso si specchia nel passato”. Nel momento in cui il governo pose il voto di fiducia sul ddl, il 25 febbraio, però la senatrice si pronunciò contraria all’imposizione della fiducia “su una norma come questa, che tocca in profondità diritti sensibilissimi”, esprimendo inoltre il proprio dissenso per l’omissione dell’obbligo di fedeltà e per lo stralcio dell’articolo sulla stepchild adoption.
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