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I Pinguini Tattici Nucleari a San Siro sono lo specchio del tempo che corre

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Pinguini Tattici Nucleari San Siro

I Pinguini Tattici Nucleari annunciano un concerto allo stadio San Siro per l’estate 2023, andato sold out in dodici ore. Con un solo album alle spalle (a livello di mainstream) e due anni sulla cresta dell’onda il gruppo bergamasco è la dimostrazione lampante di un tempo che corre completamente impazzito con un ritmo talmente forsennato da non poter non aprire una riflessione

Il tempo nella musica italiana corre più veloce di quello mostrato in “Old, il quattordicesimo lungometraggio di M. Night Shyamalan. Nella pellicola infatti il cineasta racconta – per sintetizzare all’estremo – le vicende all’interno di un resort di lusso in cui le ore passano davvero in fretta, tanto da far crescere e invecchiare gli ospiti alla velocità della luce, facendogli attraversare tutte le fasi della vita in sole ventiquattro ore. Ecco, il senso del tempo creato dal regista sembra aver squarciato la quarta parete e aver inoculato un germe, di quelli irreversibili, sul corpo già da tempo inanimato del movimento musicale nostrano, stordito dal digitale, estenuato dalle migliaia di relase e dall’ansia di esserci, sempre e comunque, per rimanere fisso nelle playlist e non farsi odiare dal demone dell’algoritmo. In questo universo temporale shyamalaniano, nella giornata di lunedì 17 ottobre 2022 i Pinguini Tattici Nucleari, dopo qualche indizio sui social, hanno annunciato un concerto speciale allo Stadio San Siro di Milano, pianificato per il prossimo 11 luglio 2023. Una notizia che ha, come spesso capita, ha acceso l’entusiasmo dei fan, i quali hanno risposto acquistando già addirittura tutti i ticket disponibili in dodici ore. E via di sold out.

Una comunicazione arrivata, in realtà per puro caso, meno di ventiquattro ore dopo la grande sorpresa preparata dai Måneskin che, in occasione della prima puntata del ventennale di “Che tempo che fa“, hanno ufficializzato in diretta televisiva ben due date negli stadi italiani nel 2023, ovvero l’Olimpico di Roma e ovviamente il già citato monumento dello sport e dello spettacolo meneghino. Presentato così, appare chiaro il grande crash e la grande discrepanza dietro i due annunci: da una parte una delle band – se non la band – pop rock più influente del momento a livello planetario; dall’altro un gruppo itpop, esploso a livello mainstream in piena pandemia (esattamente dopo la fortunatissima “Ringo Starr” a Sanremo 2020) dotato di una fan base effettivamente gigante e conosciutissimo dalla massa grazie a dei singoli molto forti sia in streaming ma soprattutto in radio, vedasi ad esempio “Giovani wannabe“, uno dei pochi veri tormentoni estivi di questo 2022.

Ci troviamo dunque al cospetto di una band con alle spalle una gavetta assolutamente rispettabile (di fatto hanno percorso tutte le tappe), ma che si appresta ad affrontare la platea del Meazza con, ad oggi, un solo album (ne uscirà probabilmente un altro prima di San Siro che si sommerà agli altre tre pubblicati dal 2014 al 2017) riconosciuto dal grande pubblico , “Fuori dall’Hype” (2019), boostato proprio con la ristampa del successo festivaliero. Sia chiaro: il gruppo bergamasco di Riccardo Zanotti ci sa assolutamente fare, ricoprendo oggi un ruolo che ricorda tantissimo quello degli 883 per il tipo di target generazionale a cui si rivolge. Con un linguaggio giovanile e non stucchevole e un approccio alla canzone proprio da grande platea, i PTN si sono guadagnati con i fatti un posto in prima classe nel grande convoglio del mercato italiano, sfruttando proprio la potenza dei brani singoli, rilasciati con il contagocce sempre al momento giusto. E a questo proposito sembra veramente tosto non prevedere una loro presenza anche al Festival di Sanremo del 2023, il palcoscenico ideale per spingere a più non posso l’evento di luglio.

Tuttavia appare evidente come lo stadio, inteso come venue mitica, abbia completamente perso lo status symbol che l’ha sempre contraddistinto fino a pochi anni fa. Prima calcare il palcoscenico di una location così mastodontica rappresentava la certificazione reale del successo, la celebrazione di una storia, la consacrazione immortale e leggendaria del cantante o della band in questione. Non è infatti un caso che gli show all’interno dei vari San Siro, Olimpico o Artemio Franchi siano spesso concepiti come una grande festa, un grande abbraccio generale tra l’artista e il proprio pubblico, cresciuto nel corso del tempo e diventato così tanto numeroso da riempire a tutti gli effetti proprio uno spazio così ampio.

Il processo oggi, che piaccia o no, si è dimezzato. Anzi, si è completamente annullato. Lo stadio – e lo dimostrano in tempi recenti esempi lampanti come quello di Alessandra Amoroso oppure di altri show di cui si sprecano le maldicenze sull’effettiva vendita reale di biglietti – è diventato un viatico di comunicazione, un modo per attestare in modo più rilevante la propria presenza sulla scena e per ottenere tra le altre cose anche un ritorno di immagine importantissimo. Paradossale quindi che Giorgia ed Elisa (solo per fare due nomi), due monumenti del nostro tempo con alle spalle anni e anni di trionfo, entreranno (si spera) a San Siro con un proprio show molto tempo dopo colleghi con una storia e un’esperienza certamente inferiore e soggettivamente meno significativa.

Un tipo di strategia che si era già palesata negli anni pre-pandemici con un’altra struttura leggendaria, il Mediolanum Forum di Assago, prima luogo intoccabile e di culto il cui accesso era riservato soltanto ai big di fascia A (per intenderci i vari Ramazzotti, Antonacci, Elisa, Giorgia, Emma, Nannini, Zucchero, eccetera) e divenuto poi praticamente una tappa fissa e obbligata di una vastissima gamma di artisti di fascia media e di vario genere, dalla trap passando per l’itpop più puro.

Se l’andazzo dei palazzetti dovesse essere replicato – e visti gli annunci sembrerebbe proprio di sì – dovremo accettare l’idea di non pensare più allo stadio (perdonando il boomerismo assoluto)come un contenitore di storicità, valutandolo per quello che è: un mero abbellimento estetico e, cosa ancora peggiore, un “semplice” step (possibilmente dovuto, non è il caso dei Pinguini ma in futuro per altri sarà così) del percorso di qualsiasi artista.

La vera sfida però non è comprendere questa nuovo tipo di tendenza, perché le tendenze si devono analizzare e comprendere a prescindere da tutto, ma chiederci cosa succederà dopo: dove porterà tutta questa velocità, questo flusso temporale impazzito, questa frenesia di correre, correre e basta, spesso anche senza una ragione e senza una meta? Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro quando anche lo stadio diventerà la prassi, la normalità? A rigor di logica, toccherà alla Arene, alle Maxi Arene, ai vari Irama Campovolo 2024 o Carl Brave live Modena Park 2026. Poi ci sarà solo il metaverso, quello spazio virtuale così indefinito, così mellifluo, da essere in realtà la location perfetta per operazioni che, il più delle volte, rasentano il più duro e puro spirito onanistico. Ma qui, fortunatamente, i Pinguini c’entrano poco.

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