Attualità
Barcellona, sei giorni di proteste dopo l’arresto del rapper Pablo Hasél
Sabato sera, per la quinta notte di fila, Barcellona si è infiammata per le proteste legate all’arresto di Pablo Hasél, rapper catalano catturato martedì con le accuse di vilipendio alla monarchia e incitazione al terrorismo. Hasél si era barricato dentro l’Università di Lleida, rifiutando di presentarsi spontaneamente in carcere.
Da martedì, in molte città catalane (ma anche a Madrid) migliaia di persone si sono unite per manifestare il proprio dissenso nei confronti di un arresto considerato ingiusto. Infatti il governo spagnolo già nel 2018 si era detto propenso ad attenuare le pene dei cosiddetti reati di opinione, giudicati molto duramente dalla giustizia spagnola. In particolare, il governo aveva promesso di rivedere le pene per i reati d’opinione “più controversi”.
Intanto, specialmente nelle notti di venerdì e sabato, nelle città la protesta è degenerata, ci sono stati numerosi saccheggi di negozi di lusso e moda e scontri con la polizia, che hanno portato 13 feriti (di cui due all’ospedale) e 35 arresti. I manifestanti avevano occupato due palazzi simbolo di Barcellona: il palazzo della Borsa e il Palau de la Mùsica. Il ministro dell’Interno della Catalogna, Miquel Sàmper, ha detto che una protesta legittima “per il diritto alla libertà di espressione” è degenerata in “atti di vandalismo e razzia nei negozi”; la maggior parte delle persone arrestate infatti ha precedenti per furto e molti si sono uniti con un pretesto «puramente criminale».
Ma l’arresto di Hasél è stata solo una miccia per un malcontento che esisteva, sopito, da sempre. Alex Cantón, un ragazzo di 24 anni che ha preso parte alle manifestazioni di Valencia, ha per esempio spiegato al quotidiano El Paìs, che ha raccolto diverse testimonianze di manifestanti, che “C’è molta rabbia e un accumulo di ingiustizia e problemi di cui soffriamo soprattutto noi giovani, ma che riguarda comunque l’intera società. Non abbiamo accesso al mercato del lavoro, abbiamo contratti precari, ma non penso che per un 50enne sia più facile”.
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