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Sanremo History, “Le cinque indimenticabili”. Se gli ultimi diventeranno i primi, ecco i cinque geni incompresi al Festival

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Vasco Rossi Sanremo 1983

Le classifiche di tutto il top, e il flop, visto e ascoltato nella storia del Festival di Sanremo

Dalle canzoni più ironiche alle più criticate, da quelle ‘a luci rosse’ a quelle passate inosservate, dalle meteore alle alternative, ma anche dai look peggiori visti all’Ariston alle scenografie più suggestive, fino alle ‘penne’ migliori del Festival, ai cantanti plurititolati e a quelli plurivincenti. Una classifica al giorno, fino al 4 febbraio, per accompagnarvi al prossimo Festival di Sanremo all’insegna del sorriso e del ricordo, facendovi tornare alla mente brani indimenticabili e altri dimenticabilissimi. Quest’oggi è il turno delle canzoni (e dei cantanti) incompresi, di veri e proprio prodigi in musica usciti con le ossa rotte dalla kermesse dei fiori. Ma che poi si sono presi, e con gli interessi, una rivincita nei lustri a seguire.

LE INCOMPRESE

  1. Vita spericolata, 1983 – Vasco Rossi

Beati gli ultimi…E’ proprio il caso di dirlo se si parla di Vasco Rossi, che in quel Festival di Sanremo del 1983 si piazzò addirittura 25esimo, lasciandosi alle spalle il solo Pupo e i suoi “Cieli azzurri”. Un flop incredibile anche solo a dirlo, se misurato a 40 anni quasi di distanza con i milioni di dischi venduti e le decine e decine di stadi riempiti.  E dire che non è neppure il primo degli autogol sanremesi del ‘Blasco’, che l’anno prima riuscì addirittura a far peggio, finendo ultimo con la sua “Vado al massimo”. Quando si dice il genio incompreso…

 

  1. Donne, 1985 – Zucchero

Se andò male a Vasco con la sua “Vita spericolata”, andò male, anzi malissimo, pure a Zucchero ‘Sugar’ Fornaciari. L’italico bluesman portò al Festival ‘nientepopòdimeno’ che “Donne”, scritta per lui dalla penna illuminata di Alberto Salerno, e si accomodò al secondo posto…ma partendo dalla coda della classifica. Dietro di lui l’irricordabile Garbo con “Cose veloci”. Fortuna che fu poi veloce, almeno per Zucchero, la salita al successo. Scalatore

 

  1. Ancora, 1981 – De Crescenzo

Nella classifica delle più blasfemiche decisioni di pubblico e giurie sanremesi un posto d’onore, anzi di disonore, lo merita senza ombra di dubbio la scelta di bistrattare “Ancora”, uno dei brani più belli dell’intera storia della musica italiana. Scorrendo gli almanacchi, il brano decrescenziano per eccellenza lo si trova sperso nel gruppone dei non classificati di quel 1981, addirittura oltre il decimo posto in classifica. E prima di lui, per esempio 4°, arrivò Baldan Bembo con “Tu cosa fai stasera”, buona per una serata all’insegna del ‘”chi la ricorda alzi la mano”. Maltrattato

 

  1. Lei Verrà, 1986 – Mango

Nella galleria degli errori, o degli orrori se preferite, del 1986, entra di diritto il 14esimo posto assegnato a Mango in quella che, assieme a “Oro”, resterà tra le tre canzoni simbolo della carriera della straordinaria voce lucana. Prima di lui arriveranno anche Orietta Berti con “Futuro”, Nino D’Angelo con “Vai”, Fred Bongusto con “Cantare”, non proprio tre pezzi indimenticabili. Ma quell’anno i voti da terno al lotto massacrano anche perle come “Rien ne va plus” di Ruggeri (17esimo) e “Via Margutta” di Barbarossa (18esimo), solo per citarne un paio. Caporetto

 

  1. Almeno Tu nell’Universo, 1989 – Mia Martini

Nona. E’ questo il trattamento destinato ad “Almeno tu nell’universo”, inarrivabile brano di Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio, che poi si è fortunatamente ripreso nei decenni ciò che quell’anno gli fu tolto. Incompresa pure al Festival, Mimì. Davanti a lei si piazza pure Francesco Salvi e il suo improbabile “Esatto”, ma anche “Vasco”, orrore a 45 giri targato Jovanotti.

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