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Sanremo History, “Le cinque indimenticabili”. Sanremo “international”, ecco la classifica dei big stranieri che affiancarono gli italiani in gara

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Ray Charles

Le classifiche di tutto il top, e il flop, visto e ascoltato nella storia del Festival di Sanremo

Dalle canzoni più ironiche alle più criticate, da quelle ‘a luci rosse’ a quelle passate inosservate, dalle meteore alle alternative, ma anche dai look peggiori visti all’Ariston alle scenografie più suggestive, fino alle ‘penne’ migliori del Festival, ai cantanti plurititolati e a quelli plurivincenti. Una classifica al giorno, fino al 4 febbraio, per accompagnarvi al prossimo Festival di Sanremo all’insegna del sorriso e del ricordo, facendovi tornare alla mente brani indimenticabili e altri dimenticabilissimi. Quest’oggi è il turno dei grandi della musica internazionale che hanno impreziosito la storia del Festival cantando i brani degli artisti in gara.

ARTISTI STRANIERI CANTANO BRANI IN GARA

1) Ray Charles, 1990 –   Good Love Gone Bad (“Gli Amori” di Toto Cutugno)

Una voce straordinaria per un brano splendido, il più bello della carriera infinita di Toto Cutugno, tra brani scritti per altri interpreti e canzoni da lui scritte e cantate. Ray Charles l’arricchisce con un’interpretazione unica e inimitabile, raccogliendo l’ovazione autentica dell’Ariston. Una gemma irripetibile e irripetuta.

2) Dee Dee Bridgewater, 1990 – Angel of the Night (“Uomini soli” dei Pooh)

Una voce superlativa per uno dei più bei brani presentati negli anni in cui il Festival di Sanremo era di una qualità straordinaria. Potente e raffinata al tempo stesso, Dee Dee Bridgewater omaggia non solo i Pooh ma la musica italiana, tutta con un’interpretazione da conservare negli annali. Scarsina la qualità del video, ma con quella voce l’immagine diventa davvero del tutto superflua.

3) Grace Jones, 1991 – Still Life (“Spalle al muro” di Renato Zero)

Il graffio e il marchio di Grace sulla poesia di Mariella Nava. Dà un’interpretazione tutta sua ad un brano che sembrava soltanto di, e soltanto per, Renato Zero.

4) Leo Sayer, 1990 – The Moth and the Flame (“Tu…sì” di Mango)

Quando si è grandi, si può ‘toccare’ qualsiasi cosa. Pure Mango. Ne dà chiara dimostrazione Leo Sayer, che rende sua questa “Tu…sì” cavalcando il brano senza bisogno di stravolgere l’arrangiamento.

5) Miriam Makeba, 1990 – Give me a reason (“Bisognerebbe non pensare che a te” di Caterina Caselli)

Superlativa, rende capolavoro un brano non brutto, ma neppure indimenticabile. Timbro inimitabile, anche quando sperimentato in una ritmica e un sound lontanissimo dal suo. Chapeau.

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