Sanremo 2023
Sanremo 2023, le pagelle della Finale: Il trionfo di Mengoni, la consacrazione di Lazza
Non poteva non finire così. Marco Mengoni vince Sanremo 2023 e conquista anche la votazione più alta nelle pagelle di OA Plus. Ma com’è stato il Festival degli altri 27 partecipanti? Il nostro bilancio
Le pagelle della finale di Sanremo 2023. La settantatreesima del Festival di Sanremo è ufficialmente terminata con la vittoria (annunciata) di Marco Mengoni, arrivata a dieci anni di distanza da “L’essenziale“. Un trionfo meritatissimo per un artista che è riuscito nell’impresa di restare aggrappato al primo posto della classifica per tutta la durata della kermesse
Ma come si sono comportati i ventotto artisti in questa rassegna? Scopriamo le nostre pagelle della Finale, tenendo conto di tutte le cinque serate e tracciando quindi un piccolo bilancio della loro esperienza.
PAGELLE DELLA FINALE DI SANREMO 2023
ELODIE, Due 7½
Alla fine della fiera lo possiamo dire. Elodie ha fatto un po’ una Rkomata. Pur avendo infatti sicuramente altri brani nelle mani in grado di puntare al podio la nostra ha preferito andare per la sempre fiorente via delle radio. Una scommessa già vinta. “Due” infatti, oltre a essere un pezzo di ottima presa che sta dominando airplay e piattaforme streaming, ha permesso all’artista di sfoggiare un altro lato della sua personalità super intrattenente e carismatica. Ē un cerchio che si chiude dopo tre anni da “Andromeda“, il primo tassello che ha portato Elodie a diventare l’unica vera diva italiana degli anni Zero. Roba non da poco.
COLLA ZIO, Non mi va 7
Divertiti, e tutto sarà più semplice. Goditela, e tutto ti sembrerà più leggero. I Colla Zio sono una delle tre scommesse vinte di Amadeus provenienti da Sanremo Giovani. Una delle poche, se non l’unica, presa a bene di questa edizione. Sempre educatissimi, spontanei e genuini, il collettivo ha riportato all’Ariston un tipo di sound che prende spunto dalla lezione dei Neri per Caso e dei Ragazzi Italiani rimodulata ai tempi d’oggi. Sono molto più colti rispetto a quello che sembra e si sono già ritagliati una fetta di spazio in Italia assolutamente latitante. Bella per loro (mah sì, spariamo un’espressione da boomer che non fa mai male).
MARA SATTEI, Duemilaminuti 8+
Si tratta del brano che è cresciuto di più in in questa rassegna, malgrado il posizionamento nella classifica finale (inaccettabile). Aveva un obiettivo Sara, detta Mara: espandersi, allargare il proprio bacino d’ascolto. Si è ritrovata con in mano un pezzo donatogli da Damiano David, che con l’Universo Mattei (non quello degli idrocarburi, ma quello di Mara e ha Sup) condivide un certo modo sincopato di declamare le parole. Il risultato è vincente, complice un bridge tensivo e un ritornello aperto, tradizionale ma estremamente raffinato. Missione compiuta.
TANANAI, Tango 7
Lo abbiamo ripetuto fino allo sfinimento. Tra tutti i 28 artisti in gara Tananai è quello che ha studiato la situazione nel modo più accurato possibile. L’anno scorso termina ultimo con performance vocalmente disastrose e, giocando con il suo carattere, guadagna consensi e ottiene un successo stratosferico. Un anno dopo approda in riviera intonatissimo, con un pezzo di matrice tradizionale che crasha invece con un testo pregno di urban e di gergo giovanile. Per la serata delle cover pesca la carta gigiona reclutando Biagio e cantando “Vorrei cantare come Biagio”. In aggiunta di tutto confeziona un video capolavoro con un occhio sulla situazione in Ucraina, per poi esprimere pubblicamente che tutto il pezzo è stato scritto pensando al conflitto. Editorialmente impeccabile, e la canzone suona anche bene. Nulla da dire.
COLAPESCE DIMARTINO, Splash 8½
Non era assolutamente facile ripetersi dopo quanto fatto due anni fa con “Musica leggerissima“. Eppure Antonio e Lorenzo ci sono riusciti confezionando un episodio diverso ma con alcune similitudini: dai rimandi alla musica vintage italica al senso di malinconia passando per la doppia lettura. Quello “Splash” finale infatti può significare due cose. E noi, che siamo nichilisti, optiamo per l’ipotesi peggiore. “Ma io lavoro per non stare con te” rimane il claim di questa edizione. Coerenti e maledettamente profondi. Peccato solo per la cover, un buco nell’acqua clamoroso.
GIORGIA, Parole dette male 7-
Non è assolutamente semplice valutare quanto fatto da Giorgia in questa edizione. Da un lato rimane l’amaro in bocca per non aver sentito un brano clamoroso, per intenderci di quelli da standing ovation destinati a rimanere negli annali. Dall’altro invece la scelta di proporre un pezzo dall’architettura così stretta e arzigogolata, con la perfetta consapevolezza di non poter fare risultato, appare molto coraggiosa e fa ben sperare in vista del prossimo album. “Parole dette male” resta una meraviglia per gli amanti della black music e delle finezze tecniche. Per gli altri potrebbe dissolversi con il passare del tempo. Vedremo come andrà. Ad ogni modo, nell’ultimo atto se la gode fino in fondo, cambiando la melodia nella seconda strofa e realizzando la performance migliore.
MODÀ, Lasciami 5
A volte quando si giudica qualcosa lontano dal nostro gusto ci si lascia prendere troppo la mano. Tralasciando dunque l’ironia che può esserci dietro un gruppo che, volente o nolente, ha scritto pagine importanti del pop italiano decente, occorre precisare quanto sia stato un peccato non poter comprendere il testo scritto da Kekko. Un argomento così importante e soprattutto discusso come la depressione, meritava più risalto. Qualcosa dal punto di vista musicale è andato storto. In pochi (come vedremo più avanti con Levante) hanno capito il reale senso del brano. Un vero peccato.
ULTIMO, Alba 7–
Lui dice di no. Ma noi lo sappiamo che ci ha provato anche questa volta a vincere. Ultimo si conferma fortissimo e amatissimo da un certo tipo di pubblico più giovane, in quanto abilissimo a trasmettere delle emozioni semplici ma in grado di entrare nelle viscere dei teenager. “Alba” è un brano ad effetto, un crescendo di emozioni che porta il cantante ad una grande esplosione di espressività vocale. Appare un po’ simile ad altri passaggi del nostro, non nella melodia ma nelle intenzioni, motivo per cui non ha raggiunto l’obiettivo prefissato, ovvero la vittoria finale.
LAZZA, Cenere 9
Un debutto da veterano per Lazza che, anche alla prima avventura festivaliera, riesce a fare sfracelli in termini di ascolti. Il suo pezzo è infatti è in vetta alle piattaforme, apprezzato da un pubblico ampio per via del beat – spaziale – di Dardust e per un ritornello che, alla fine, acchiappa anche i più scettici. Il rapper milanese verrà ricordato per essere stato l’espressione fisica della contemporaneità. Il vero pezzo, forse l’unico, che suona 2023 è proprio questo. Non ce la fa per un soffio. Ma da adesso in poi la sua carriera, già avviatissima, prenderà definitivamente il volo anche da un punto di vista generalista.
MARCO MENGONI, Due vite 10
Una vittoria annunciata. Marco Mengoni è stato l’unico artista del cast a proporre l’unica canzone davvero Nazional popolare. “Due vite“, al contrario di tutti gli altri (anche quelli ottimi) è un brano che unisce. Unisce generazioni differenti, classi sociali differenti, persone differenti, facendo esattamente quello che una canzone degna del nome di Sanremo dovrebbe fare. Un Festival clamoroso quello condotto da Marco, sempre in cima alla classifica dal giorno uno, tenendo botta il giovedì, vincendo la serata delle cover fino al trionfo meritatissimo. E adesso è arrivato il momento di pensare al prossimo impegno. Liverpool è vicina, e noi adesso avremo un rappresentante fortissimo, credibile, già conosciuto e apprezzatissimo dal popolo eurovisivo. Comincia una nuova avventura
ROSA CHEMICAL, Made in Italy 8
Amadeus ci ha visto bene. Notandolo già la scorsa edizione insieme a Tananai, Rosa Chemical ha affrontato il suo esordio sanremese con tutta la garra possibile, trasmettendo dei messaggi importantissimi e mai banali in un contesto come quello dell’Ariston. Tra le immagini più significative spiccano il plug anale sbandierato insieme a Rose Villain davanti a 11 milioni di persone e soprattutto il limone di oggi (non programmato con Fedez). Due gesti forti, simbolo della libertà sessuale, elemento cardine della sua poetica. Quando la provocazione non è fine a se stessa è tutto più bello.
I CUGINI DI CAMPAGNA, Lettera 22 6
Operazione insieme alla Rappresentante Di Lista perfettamente riuscita, grazie anche a un ritornello nostalgico ed acchiapperello che si insinua nella testa per non uscire più. Ma la vera domanda è: cosa nei sarà adesso dei Cugini? Chi curerà le loro prossime canzoni? Sarebbe bellissimo creare un ponte generazionale con degli artisti più giovani che, per un motivo o per un altro, condividono con loro le stesse intenzioni e lo stesso mood. Ma capiterà? Speriamo di sì perché, potenzialmente, nel mercato di oggi c’è tanto spazio anche per loro.
MADAME, Il bene nel male 9½
Dark, misteriosa, fascinosa, tormentata. Madame ha avuto in questo Festival il brano più cinematografico. Un pezzo con testo e sottotesto, interpretato come solo i cantanti davvero istrionici sanno fare e con una presenza scenica da cineteca. Gli artisti, quelli veri, prima scrivono i pezzi per loro, per soddisfare la loro arte, poi per gli altri. Questo è uno di quei casi. Ed è proprio quando delle sensazioni così tanto personali approdano anche all’ascoltatore portandolo ad immedesimarsi che avviene quel famoso “click” citato dal cineasta Nicholas Winding Refn. La creatura più bella del panorama musicale italiano è proprio lei.
ARIETE, Mare di guai 6½
Festival a due facce quello di Ariete, troppe volte imbeccata in alcuni problemi d’intonazione e sbavature varie. Era comunque ora di tagliare la testa al toro e di uscire dalla propria comfort zone. Quanto accaduto deve spingere l’artista ad accettare sfide sempre più delicate ed ambiziose che la portino ad evadere proprio da quel mood lo-fi con cui è sbocciata. Ha tutte le capacità possibili per farlo, compreso un timbro molto particolare che si presta a molteplici sperimentazioni anche da un punto di vista produttivo. “Mare di guai” è l’inizio di un percorso che, siamo sicuri, la porterà lontano.
MR. RAIN, Supereroi 4
Vogliamo essere spietati. Di solito il ruolo di outsider al Festival lo recita una canzone molto scanzonata ma intelligente, quella per intenderci che ti fa divertire ma anche riflettere. Insomma, il pop d’autore. Davvero curioso che in questa edizione abbia preso il timone di concorrente guastafeste Mr. Rain, in quanto dotato di uno dei brani più innocui e accondiscendenti di tutto il cast. Si è esibito sempre presto, anche nella serata delle cover dove non c’erano i bambini. Non lo troviamo giusto. Episodi come “Supereroi” inoltre, così come vengono confezionati, riportano Sanremo indietro di dieci anni, in barba alla modernità e alla contemporaneità tanto sbandierata negli ultimi periodi. L’obiezione è: ha scelto il pubblico. Sì, certo. Ma il pubblico, oltre Barabba, scelse anche Marco Carta, per dire.
PAOLA & CHIARA, Furore 8-
Non potevano fare meglio di così le sorelle Iezzi, brave a proporre un pezzo che sembra essere stato ripescato proprio dai loro anni migliori e rimodulato adattandosi al mood del 2023. Speriamo sia solo l’inizio di un nuovo e proficuo percorso. Il margine, oltre il contesto CAMP, c’è ed è arrivato il momento di capitalizzarlo al massimo delle possibilità. Tormentone.
LEVANTE, Vivo 5
Una delle grandi delusioni di questo Festival è lei. Ci si aspettava di più da Levante che, involontariamente, è caduta nella stessa trappola dei Modà. La sua canzone ha un significato stupendo trattando della riscoperta del proprio corpo e del proprio piacere dopo una gravidanza e la depressione post partum. Il problema è che il concetto non supera il muro della canzone che, con la fruizione superficiale tipica del Festival, si perde in alcuni versi criptici (“Vivo il digitale” su tutti) distraendo l’ascoltatore non permettendogli di comprendere al 100% il senso delle parole. Bravissima invece nella serata delle cover con una versione di “Vivere” – collegata al suo inedito – davvero struggente.
LDA, Se poi domani 4
Ha fatto di meglio in passato. Viene risucchiato dalla voragine della tradizione che annulla completamente tutte le sue migliori peculiarità, ben sciorinate invece nel duetto con Alex Britti. Il più classico degli Autogol (tipico degli Ex Amici, tra l’altro).
COMA_COSE, L’addio 6
Noi nella bolla dei Coma_Cose non ci siamo entrati nel 2021, figuriamoci nel 2023. Rimane un progetto molto interessante e soprattutto ben fatto. Consigliamo l’ascolto del loro ultimo album “Un meraviglioso modo di salvarsi” per individuare almeno due pezzi-bomba che avrebbero certamente lasciato di più il segno rispetto a “L’addio“, godibile ma non indimenticabile.
OLLY, Polvere 5
Questo è un errore di Amadeus. Il brano di Olly è evanescenza pura. Lo ascolti, lo canticchi e bum, te lo sei dimenticato. Ancora troppo acerbo per un contesto del genere malgrado la bella intuizione del falsetto nel bridge. Bene invece il singolo, perché di fatto è un singolo, “La notte vola” con Lorella Cuccarini. Un modo intelligente di affrontare il revival.
ARTICOLO 31, Un bel viaggio 5
Una menata di cui non sentivamo il bisogno. Bello il significato. Ma tutti i concetti espressi nel brano sono stati già declamati da Ax in altri episodi. All’ascolto dunque non arriva davvero niente di nuovo, compreso il ritornello alla 883, ormai linfa dei Pinguini Tattici Nucleari. Dagli Articolo ci si aspettava più sporcizia, più maleducazione, più sudiciume. L’album però siamo sicuri non ci deluderà.
WILL, Stupido 4
Altro artista non pronto per questo palco che forse ha dimostrato ad Ama che sì, addirittura sei artisti provenienti da Sanremo Giovani sono davvero troppi. Ma attenzione perché il ragazzo – citando il saggio – si farà. Nel duetto con Zarrillo ha fatto già vedere qualcosa. Non era il momento di vederlo all’Ariston, ma questo non significa che sia nella strada sbagliata. Tempo al tempo.
LEO GASSMAN, Terzo cuore 5-
Testo ottimo, esibizione di rincorsa. Un Sanremo leggermente incolore per Leo, troppo schiacciato negli equilibri di un pezzo solo all’apparenza semplice ma intriso di riferimenti personali ostici da veicolare. Il tiro radiofonico c’è. Vediamo se resiste da stanotte in poi.
gIANMARIA, Mostro 7½
Ha un suo mondo, ha un suo stile, ha un suo modo di cantare, ha un sound cucito con preziosa accuratezza da Antonio Filippelli. Gianmaria ha fatto un Sanremo a dir poco perfetto, dimostrandosi coerente con il suo percorso e alzando l’asticella nel momento giusto, ovvero nella serata dei duetti grazie a una “Quello che non c’è” da brividi.
ANNA OXA, Sali (Canto dell’anima) 8
Il suo atteggiamento nei confronti dei media è quello che è. Ma questo però non deve portarci ad essere poco oggettivi. Anna Oxa, dal 2006 con quella meraviglia chiamata “Processo a me stessa“, ha dato il via a un percorso bellissimo, fatto di misticismo, spiritualità e melodie avviluppanti. “Sali” non è nient’altro la summa di un’artista immensa, unica e indipendente. Non troveremo mai più nessuno in grado di raccontare l’immateriale con così tanta dirompenza.
SHARI, Egoista 7
Non porta nient’altro che la sua personalità, proponendo un brano nelle sue corde, senza cadere in tentazioni piacione o in altre facilonerie. Un debutto con i fiocchi per un un’artista che da ora in avanti sarà ancora più in ascesa. Un plauso a Salmo per averla scoperta e per averla affiancata in un debutto televisivo affrontato nel migliore dei modi.
GIANLUCA GRIGNANI, Quando ti manca il fiato 9
Indubbiamente il personaggio di questo Sanremo 2023. Le sue performance sono state tutte borderline e di non facile decodifica fino a questa sera, dove invece è stato sghembo ma impeccabile. Ma Gianluca, al contrario di altri, ha un elemento in più che non ha nessuno: è un rocker vero. E un rocker vero lo accetti così com’è, con tutti i pregi e i difetti del caso. La canzone è di una bellezza stordente, così come l’orchestrazione di un Melozzi che a questo giro si è davvero superato.
SETHU, Cause perse 6+
Anche lui se la gioca bene. Il pop punk italiano (Fedez sarà contentissimo) sta diventando una vera realtà e forse presto prenderà il posto alla trap riprendendosi la leadership già conquistata all’inizio degli anni 2000. Sarà Sethu a comandare il flusso di questa nuova wave? Lo scopriremo presto, intanto canticchiamo il motivetto di questa canzoncina tanto semplice quanto orecchiabile.
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Crediti Foto: LaPresse