Sanremo
Sanremo 2020. Rita Pavone e le sue quattro volte al Festival: tanta energia, ovazioni ma scarso successo
Ripercorriamo la storia delle quattro volte al Festival dei fiori di ‘pel di carota’
Rita Pavone e il Festival di Sanremo, un feeling che non è mai scattato. Sono quattro le partecipazioni al Festival dei fiori di ‘pel di carota’, soprannome che le venne affibbiato per via della capigliatura rossa e che divenne anche una canzone.
Nonostante i grandi successi in carriera, tutte le volte che Rita Pavone si presentò in gara lo fece in un periodo non fortunatissimo della carriera, e anche il Festival non l’aiutò a riprendersi.
La prima volta è datata 1969, e la canzone è “Zucchero”, che si classifica però solamente al 13esimo posto in coppia con i Dik Dik. Il brano scritto (anche) da Mogol, insomma, non trova una sua consacrazione nell’anno che vede trionfare la “Zingara” di Iva Zanicchi e Bobby Solo, e il periodo che segue è ben poco fortunato, almeno quanto quello successivo, quando Rita abbandona la Ricordi e passa alla Rca, e riprova la scalata al Festival.
Il brano è “Ahi Ahi ragazzo” di Migliacci, ma il risultato è peggiore anche di quello dell’edizione precedente, con la Pavone che in coppia con Valeria Mongardini non sarà neppure finalista.
Stop di due anni e, nel 1972, alla ventiduesima edizione del Festival, Rita si ripresenta con un brano raffinato, “Amici mai”, che anche questa volta però non riesce a trovare spazio tra le finaliste nell’anno che vedrà trionfare Nicola di Bari con “I giorni dell’arcobaleno”.
Questa volta, però, il dopo-Sanremo sarà più fortunato, perché in estate ‘pel di carota’ sfonda nel mercato francese con la traduzione di “La suggestione”, brano firmato Claudio Baglioni che Oltre Alpe sarà “Bonjour la France” e scalerà le classifiche fino al 2° posto, regalandole anche un’esibizione all’Olympia di Parigi dove Rita canterà anche, sempre in versione francese, “Montagne verdi” di Marcella Bella e “Questo piccolo grande amore” di Claudio Baglioni.
E siamo ai giorni nostri. La bellezza di quasi 50 anni dopo la Pavone torna all’Ariston e lo fa non tanto per rilanciarsi quanto per chiudere il cerchio di una carriera che resta splendida, splendida almeno quanto l’esibizione a tutto rock di un’artista per la quale il tempo sembra davvero essersi fermato. Energia da vendere, Rita tiene il palco tutte le cinque serate come neppure un ragazzino nel pieno dei suoi anni, anche se non è supportata da un brano (“Niente (Resilienza ’76)”) scritto dal figlio Giorgio che appare troppo debole per ottenere un piazzamento superiore al 15esimo posto.
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