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Rubrica, MEI. MUSICA IN GIALLO di Roberta Giallo. La ribellione poetica di Giulia Mutti

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Di Roberta Giallo

LA RIBELLIONE POETICA DI GIULIA MUTTI

 

Sono questi i tempi in cui molti inganni mediatici riescono maluccio.

Riescono maluccio perché siamo disincantati, tormentati dalle notizie, dall’idea che quello che i media ci raccontano sottenda sempre qualcosa che non viene detto, che sarebbe sicuramente molto più veritiero di ciò che viene detto.

 

Sappiamo che molte notizie sono costruite ad hoc. Sappiamo che la tv è finzione. Per carità, magari qualcuno crede ancora sia tutto vero e non vorrei certo nuocergli come si nuoce al bimbo a cui prematuramente si rivela che Babbo Natale non esiste.

Tuttavia, oggi scrivo per adulti e non per bambini, e scrivo per i più e non per le eccezioni, perciò credo o voglio sperare che tutti coloro che mi leggono sappiano da tempo che Babbo Natale non ci porta i regali, proprio così come abbiamo tutti capito che i reality show sono costruiti e pensati su tavoli giganteschi, per esempio, e che i programmi tv prevedono degli autori, che scrivono ciò che verrà detto/accadrà.

 

Dunque, credo che abbiamo perso, come pubblico, lo spirito del buon selvaggio, che prendeva tutto quello che gli veniva dato per vero, verissimo, senza avere dubbi o sospetti.

 

Siamo diventati diffidenti, prendiamo tutto con le pinze…   mi sbaglio?

Immagino che per la legge del contrappasso, qualcuno adesso penserà/commenterà: “è stato sempre così, anche ai nostri tempi era tutto finto e non ci credeva nessuno…!”

 

Non credo. Non erano quelli i tempi in cui l’informazione o la disinformazione, se preferite, entravano nelle nostre case, con la stessa irruenza di oggi, gonfiando numeri e successi.

E lo sappiamo che un po’ è anche colpa nostra, passiamo molto tempo stando con gli occhi puntati ai nostri smartphone/pc, ed è lì che piovono le notizie, gli avvisi, gli articoli, è lì che i crea la cosiddetta reattività/interazione…

Oppure vogliamo negarlo e  sostenere che la maggior parte di noi è ancora legata alla carta e legge solo quotidiani cartacei, come si faceva una volta? (sono ironica).

 

Uso spesso il plurale maiestatis per dare più forza alle mie parole, naturalmente non è detto la pensiate come me. Tuttavia mi prenderò la licenza di essere drastica: questo articolo è per i maggiori di dodici anni, non per i creduloni, piuttosto per quelli che intendono liberarsi della loro credulità, per evitare di essere presi in giro dalle “favole”.

 

E sia chiaro: non è delle vere e proprie favole che sto parlando.

Magari stessi parlando, per esempio, delle Fiabe di Andersen, o di una favola di Lewis Carrol, favole tra l’altro non esenti da una certa cattiveria e brutalità poetica: il livello sarebbe molto più alto in questo caso…

 

Questo non è più il mondo in cui le favole/fiabe erano tali, ovvero lavori  poetici, letterari, psicanalitici. Questo è il tempo delle sparate mediatiche, delle favolette di certi salotti TV, che di poetico e letterario hanno ben poco… forse, questo sì,  hanno qualcosa di psicanalitico, altrimenti come si potrebbe fare un po’ di audience, senza conoscere affatto un po’ di Psicologia delle masse?

 

L’artista di cui mi accingo a parlare oggi è un’artista che non ce l’ha con le favole di Andersen e Carrol, ma ce l’ha con un tipo di favola non-letteraria, e ce lo “spiega” con una canzone lucida e tagliente.  Matura, cosciente, ribelle, Giulia Mutti è la cantautrice che inneggia al disincanto e ci propone una ribellione etica ed estetica, che ci invita a riprenderci in  mano la nostra libertà, a costo di sbagliare, non compiacendo-cedendo al “modello va tutto bene”, o “modello mulino bianco”, perché, certo, “non saremo mai santi, ma  neanche peccatori così grandi…”

Tornando alla ribellione di Giulia, quello che trovo significativo e apprezzabile stilisticamente, è il fatto che in un momento di violenza reale e quotidiana, la cantautrice con il pezzo che intendeva portare a Sanremo, non inneggia ad una ribellione violenta in senso letterale (questa è la mia interpretazione, salvo smentite dell’artista); la sua è una ribellione violentemente poetica, ma assolutamente non violenta, per questo mi piace. E questa, sia chiaro, è la mia personale lettura.

 

E’ della poeticizzazione che siamo assetati, del linguaggio poetico, che è poi, a mio avviso, il discriminante che può fare di una canzone, una canzone duratura, dal momento che presuppone abilità, consapevolezza, tecnica, ispirazione, maturità, e persino delle regole, un metodo! (Vale come per prima l’utilizzo del plurale maiestatis).

 

Cito dalla canzone i versi che ho trovato aderenti a questa poetica del  del disincanto, che trovo molto vicina allo spirito dei giovani di questo tempo, senza però inflazionarsi, senza voler compiacere troppo, restando un pelo disturbante, e trovando vie espressive peculiari che rispecchiano anche l’immagine e l’attitudine dell’artista:

 

“Di favole non ne vogliamo più /Di amori da TV /Buonisti e paravento […]”

 

“Potremmo scrivere il nostro/Romanzo cattivo/Con bombe atomiche/Di inchiostro nel nostro giardino/Io e te una rapina/Senza la pistola/Può darsi pure che funziona […]”

 

“Non saremo mai dei santi/ Ma nemmeno peccatori così grandi[…]”

 

“Cosa ce ne facciamo del consenso[…]”

 

Questa Potrebbe essere davvero l’inno di una generazione che non accetta gli stereotipi e i luoghi comuni di un certo buonismo, e che si dice “cattiva”, tuttavia non inneggiando banalmente alla cattiveria e alla violenza vera e propria, piuttosto ad un’attitudine poetica e ribelle, che è poi sempre stata la nota dolente di chi si è ritrovato a far poesia, a tentare la via della poeticità, attraverso la ricerca di immagini, e di espressioni evocative.

 

Giulia è una cantautrice coraggiosa, perché trovo che ROMANZO CATTIVO sia una canzone altrettanto coraggiosa, che dice cose importanti e precise, forse anche scomode, con un appetibile vestito pop-rock, che ben le calza addosso.

 

Cito l’artista: “Romanzo cattivo è l’urlo di una generazione che non è più attratta dalle favole, che ha voglia di ribellione, di sentimenti non omologati, fuori dagli schemi e lontani dal “vissero tutti felici e contenti”. 

E’ la storia di un’emozione sfacciata, di un amore libero e di quella passione profonda che ci fa sentire onnipotenti, tanto da renderci disposti a tutto pur di viverla fino in fondo.

Senza paura delle conseguenze, senza paura di sbagliare. 

Perché tutti abbiamo il diritto di sbagliare, di vivere storie sbagliate, di dire cose sbagliate.

Ognuno, con una buona dose di coraggio, è in grado di scrivere il proprio romanzo cattivo, che sia con una penna stilografica o con bombe atomiche d’inchiostro. 

Per il video ci siamo  ispirati agli anni ’70, in cui il mondo perbenista degli anni precedenti veniva ribaltato dalle giovani generazioni, mettendo in atto una vera e propria rivoluzione che passò ovviamente anche attraverso la musica. In quel periodo  l’ideale di libertà venne portato all’ennesima potenza.”

 

Ringrazio sempre il cielo quando scopro qualcosa di bello, a differenza di chi non aspetta altro a volte, se non poter esclamare di fronte a qualcuno che non conosce, tra acidità e acredine: “e mo’ questa/questo chi è?”, “ma questo/questa che vuole?”

 

Io dico che la colpa è sempre più di chi non conosce, non di chi è, di chi “esiste” a nostra insaputa, e spesso ha anche un lungo e valido percorso alle spalle!

 

Tra “le cose buone” di Sanremo Giovani, e non perché non godesse già da prima di luce propria, io ho scoperto meglio e apprezzato profondamente la cantautrice Giulia Mutti, la sua poetica-provocatorietà, la sua voce pronta e sicura, la sua canzone: una canzone obiettivamente bella, e ora vi spiego perché.

 

Io credo che ognuno abbia i suoi gusti e lo trovo lecito, ma credo anche che quando ci si trova a dover giudicare una canzone e un artista (non la persona in sé, ma quella sul palco, che può vestire se stessa o mille altre…), e dico giudicare perché di fatto si continuano a fare gare e sfide;  allora, sarebbe bene capire su che basi si possa dire che “uno sia meglio dell’altro”, ovvero, se rifarci semplicemente ai gusti di chi giudica, o se “tenere a mente” un qualche criterio condivisibile che possa assicurarci un tipo di valutazione, se non assoluto, il più oggettivo possibile.

 

Ad esempio, i criteri ai quali io faccio riferimento sono: la credibilità dell’interprete rispetto al peso del testo, la coerenza-coesiva o la coesiva-coerenza tra testo e musica e poi tra musica e arrangiamento; la capacità/abilità tecnica a sostenere vocalmente la canzone e fisicamente/carismaticamente il palco, la sintonia tra l’immagine dell’artista e la sua forza intrinseca, la peculiarità del linguaggio utilizzato che rende personale e non uguale a mille/milioni di altri un pezzo, l’incidenza qualitativa e quantitativa di errori performativi di varia natura, se è anche la performance che stiamo giudicando…

(Mi aiutereste per il futuro, nel caso, a sviluppare meglio parametri condivisibili, fosse questo un meeting sulla valutazione  degli artisti ai concorsi?)…

 

E’ chiaro che questa summa di elementi è anch’essa una stilizzazione, eppure è il tentativo di una risposta, uno sforzo teso alla giustezza, non alla giustizia, che è argomento tostissimo e filosoficamente parecchio ingarbugliato…

 

Appena ho ascoltato e visto Giulia mi sono detta: finalmente qualcuno che su quel palco potrebbe accedervi con un bagaglio ricco di quegli elementi che fanno di un “artista” un professionista capace e godibile nella sua maturità. Giulia è un’artista pronta, perciò godibile. Si avverte una progettualità, una coerenza. Una coesione di intenti e di risultati.

 

Resta davvero un peccato, a mio avviso, che non sia planata direttamente sul palco dell’Ariston.

Forse l’essere ribelli per davvero a volte non paga… ma sono convinta che pagherà, e magari sta già pagando in altri modi, perché chi lavora per restare fa quasi-sempre un lavoro più faticoso, ma lungimirante. Io ti seguirò!

 

Per concludere seguono alcune parole di Giulia, che la descrivono meglio, e ce la raccontano nell’intimità di autrice delle sue canzoni: Scrivere è come urlare il mio punto di vista, trovare il mio equilibrio.  Capita spesso che io non mi senta a mio agio al 100% nel mondo, mentre quando canto le mie canzoni io mi sento me stessa senza filtri, sono esattamente dove vorrei essere. Mi sento forte e invincibile nonostante mi spogli di tutto per mettere a nudo le debolezze e le emozioni che canto. Questo è il potere che ha su di me la musica. 

 

Biografia 

Giulia Mutti, artista toscana di Pietrasanta classe 1993, è una musicista e cantautrice pop-rock che sta rapidamente consolidando la sua personalità musicale.

Dopo anni di “gavetta”fra studi di registrazioni e tour (anche come musicista per altri) nel 2017 firma con BMG come autrice e artista.

Nel 2018 è finalista a Sanremo Giovani, poco dopo esce con il 45 giri di “Almeno Tre”, il brano con cui si era presentata. 

Nel 2019 pubblica l’Ep “Le Favorite”, progetto acustico (pianoforte e archi) in cui riarrangia alcune canzoni del cantautorato femminile e un suo inedito. A luglio esce “L’estate con me ” continua pubblicando “Lontana”. 

Sempre lo stesso anno arriva in Semi-finale a Sanremo Giovani con il singolo “Romanzo Cattivo”.

Il 2020 accoglierà il suo primo album di inediti e il seguente tour nei club per presentarlo nella sua veste live. (Da aprile) 

 

 

Leggi QUI l’articolo originale sul sito del MEI – Meeting delle Etichette Indipendenti.

 

Roberta Giallo

 

Laureata in Scienze Filosofiche, Roberta Giallo è cantautrice, autrice, performer, pittrice etc. Si definisce un “ufo” o “un’aliena perennemente in viaggio”. Ha già scritto di musica per Vinile e All music Italia. Musica in Giallo è la sua prima rubrica musicale per MeiWeb e OaPlus.

 

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