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Tame Impala: “The Slow Rush”, il miracolo di Kevin Parker

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Conver "The slow rush"

A cinque anni di distanza dal’exploit di “Currents“, i Tame Impala tornano sulle scene con un disco a metà strada tra l’elettronica e la psichedelia anni 70, un compromesso più che vincente.

I compromessi nella musica, così come nelle arti e nella vita in generale, possono essere terribilmente pericolosi. Spesso infatti per cercare di accontentare una fetta di pubblico particolarmente ampia si finisce per confezionare un prodotto finale deludente, poco a fuoco, spaesato, senza capo né coda. Fortunatamente esistono le eccezioni, come dimostra “The slow rush“, il quarto disco dei Tame Impala pubblicato il 14 febbraio 2020 per Modular Recordings, Island Records Australia e Interscope Records.

Una nuova fatica discografica arrivata dopo il boom clamoroso di “Currents, album che ha di fatto consacrato la One Man Band di Kevin Parker a livello mondiale, complice anche una spiccata matrice elettronica che ha catalizzato l’attenzione dei giganti del mainstream mondiale come Kanye West, Rihanna, Lady Gaga e Mark Ronson. Per cercare di replicare il successo del lavoro precedente l’artista australiano ha prodotto interamente e in solitudine dodici tracce che schiacciano l’occhio non solo ai tappeti elettronici recenti, ma anche alla psichedelìa tipicamente anni 70 dei primi due capitoli, “Innerspeaker” (2010) e “Lonerism” (2012).

Tra riecheggi soul, funk, disco 70 e riferimenti spiccati ad Air, Daft Punk, Diana Ross e Supertrump, Parker affronta in un flusso sonoro efficace e continuo una riflessione sullo scorrere del tempo, concentrandosi non solo sul passato (“Lost in yesterday“, “Tomorrow’s dust“) ma anche sulle preoccupazioni di un futuro traballante (“Is it true“) e sulla necessità di vivere il presente con più ottimismo nonostante i tanti, a volte troppi, intoppi di vita. Spazio anche all’introspezione più intima in “Posthumous Forgiveness“, toccante episodio in cui l’artista mette nero su bianco il rapporto complicato con il padre (“Quando ho avuto Mick jagger al telefono, ti ho pensato quando abbiamo parlato“) e al pop nostalgico di “Borderline“, uno dei brani più orecchiabili dell’intera produzione.

L’ossimoro di “The slow rush“, letteralmente la “lenta fretta“, si palesa incredibilmente anche nell’ascolto: accessibile nell’inaccessibile, con programmazioni quadrate ornate di code strumentali più complessi e volatine in falsetto, moderno nel vintage, lacerante nella sua scorrevolezza. Un miracolo musicale.

VOTO: 9/10

AGGETTIVO:  MIRACOLOSO

TRACKLIST:

1. One More Year
2. Instant Delivery
3. Borderline
4. Posthumous Forgiveness
5. Breathe Deeper
6. Tomorrow’s Dust
7. On Track
8. Lost In Yesterday
9. Is It True
10. It Might Be Time
11. Glimmer
12. One More Hour

ARTISTA: TAME IMPALA

ALBUM: THE SLOW RUSH

ANNO: 2020

ETICHETTA: MODULAR RECORDING/ISLAND RECORDS/INTERSCOPE

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