Musica
Paky: il ragazzo prodigio di Rozzano
La drill in Italia non è certo un fenomeno di massa. Ma ha un suo pubblico costante ad appassionato, che ha trovato in Paky la sua nuova icona.
Paky è un driller classe 1999 cresciuto a Rozzano ma originario di Napoli. Nonostante il materiale disponibile al momento sia una manciata di singoli, la sua ascesa in termini di visibilità e interesse è stata esponenziale, ricordando quella di un altro driller lombardo: Massimo Pericolo. In entrambi i casi la novità non è nel sound o nei testi, ma in un elemento che sfugge all’analisi razionale, colpendo direttamente l’emotività: la genuinità e l’urgenza del messaggio. La Rozzano di Paky è profonda periferia violenta, ignorante, deviante eppure viva e pulsante nella sua disperazione.
La prima prova professionale di Paky è ancora molto acerba: Trap abbastanza standard, echi di sound napoletano (soprattutto nel flow) mal integrati con il resto. Le barre sono molto elementari e attaccate agli stereotipi trap, mentre l’estetica video già preannuncia il prossimo futuro: la Rozzano sottoproletaria viene mostrata senza filtri.
La seconda prova è un freestyle prodotto per Hipop Tender. I suoni si incupiscono pescando dalla drill più grezza ed elementare (niente sperimentalismi alla FSK per intenderci). Il risultato è discreto, sicuramente migliore di quello della prima prova (risalente ad appena 5 mesi prima)
Il salto avviene con la celeberrima “Rozzi”. Base elementare ed orecchiabile, il flow di Paky marca l’ascendenza napoletana resa ancora più disturbante dall’incupimento forzato della voce, che ricordiamo è quella di un ragazzo di appena 20 anni. Le barre raccontano in presa diretta la vita e i passatempi del sottoproletariato giovanile di Rozzano, i cui abitanti vengono chiamati gergalmente Rozzi, da cui il titolo. Il brano macina views fino ad andare oltre i 10 milioni su youtube e a fare sfraceli sulle piattaforme di streaming. Valutare il pezzo con criteri come bellezza, qualità base, ecc non ha senso: il pubblico è attirato dalla capacità di Paky di rendere accessibile senza edulcorazioni o estetismi inutili un ambiente volutamente ignorato da tutti.
Il brano successivo è a nostro avviso il sunto di tutto ciò che Paky esprime. Barre dirette ed elementari, brase drill pura, voce artificialmente incupita, ascendenza partenopea marcata. Il feat con Shiva non stupisca: li accomuna la giovanissima età, e li rende complementari il rappresentare due parti di Milano diverse eppure contigue… quella sottoproletaria orgliosamente sospesa fra lavoretti in nero e arta d’arrangiarsi, e quella di calsse media senza alcuna prospettiva futura.
Qui l’influenza della drill e della trap campana si fa predominante. L’ambiente narrato è para camorristico, viene enfatizzato il lato armi-omertà. La base di Kermit è come sempre funzionale, anche se il producer tende un pò troppo a ripetersi, fornendo a Paky un prodotto non proprio memorabile.
Che altro aggiungere? Paky è un esordiente molto interessante, capace di registrare in presa diretta Rozzano e i suoi abitanti e farne la metafora di un’Italia dedita alla sopravvivenza spicciola in assenza di futuro. I suoi limiti sono sicuramente dovuti alla giovane età: le barre sono talvolta troppo scontate, le basi di Kermit tendono alla monotonia, il marcare eccessivamente l’origine napoletana è un espediente artificioso che alla lunga lascia perplessi. In qualunque caso, è un ragazzo che vale assolutamente la pena seguire.
VOTO: 7/10
AGGETTIVO: GENUINO
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