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Linea Gotica: il disco manifesto dei C.S.I.

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LINEA GOTICA | LA RECENSIONE

Linea Gotica è un disco di chitarre elettrificate, perché questo è il suono del nostro tempo, per quanto detestabile possa essere questo suono e questo tempo”.

Sembrano parole figlie dei nostri anni zero, controversi, contraddittori, difficili, ossimorici. A pronunciarle, invece, è stato un ex operatore psichiatrico venuto al mondo nella prima decade di un settembre, quando il novecento si apprestava a cominciare la sua seconda metà, in un paesino di novecento anime dell’Emilia – Romagna: al nome di Giovanni Lindo Ferretti i più attribuiscono la paternità del punk tricolore, e “Linea Gotica” usciva il 9 gennaio del 1996.

Dalle ceneri dei gloriosi CCCP – Fedeli alla Linea e dalle ultime schegge disintegrate del Muro di Berlino nasce il Consorzio Suonatori Indipendenti (C.S.I.), ed a distanza di due anni da “Ko de mondo”, Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli, Giorgio Canali e Ginevra Di Marco danno vita a “Linea Gotica” (PolyGram), considerato da critici e appassionati fra le pietre miliari della discografia italiana, ma anche del ricordo della Resistenza, della divulgazione della storia, della reminiscenza e della presa di coscienza, bisognerebbe forse aggiungere: “anno bisesto, anno funesto”, recita la tradizione, e anche Manuel Agnelli lo onorò con una solenne bestemmia illo tempore, ma di certo, anche solo per averci fatto dono di questo disco, dobbiamo molto a quel ’96 prolungato in febbraio.

“Bruciano i libri, possibili percorsi, le mappe, le memorie, l’aiuto degli altri, s’alzano gli occhi al cielo, s’alzano i roghi in cupe vampe”, canta la sublime voce di Ferretti, la cui intensità difficilmente viene contenuta a dovere da altri aggettivi, con riferimento al rogo della Biblioteca Nazionale di Sarajevo negli anni della guerra civile in Jugoslavia, e sembra di essere lì, tra i bagliori di quella notte di fine estate del ’92, ad impersonare il bruciore lacerante della carta il cui inchiostro imprimeva sicuro i sei secoli di storia inceneriti dai cannoni dei nazionalisti serbi, a bruciare la carne innocente dei bibliotecari che salvavano, invano, la storia.

Ci si sente parte della piccola patria che in “Linea Gotica” sa scegliersi la parte, fra gli orrori dell’occupazione nazifascista in Italia, nell’Alba presa in duemila e persa in duecento, nel cielo padano plumbeo, denso, incantato, incredulo, a prender coscienza del fatto che oggi come allora la disperazione impone dei doveri, l’afflizione la lucidità, l’abbattimento la razionalità, la spersonalizzazione la padronanza, la perdita di sé l’essere padrone di sé stessi. E quale fervente religioso, almeno una volta nell’esistenza, non ha pensato che il proprio dio parrebbe amare ogni ingiustizia in faccia al sole? (“Millenni”), o chi non ha mai pensato di morire nell’angoscia tediosa di una domenica greve e fosca, nella fattispecie quella pasoliniana di “Oggi è domenica, domani si muore”, ripresa qui da Ferretti nella splendida “Irata”, chi non ha mai pensato quanto all’uomo manchino qualità proprie di un animale come il cavallo, sviscerata passione di Giovanni Lindo, e che sia proprio la mancanza di talune di esse a renderlo inumano? (docile, tranquillo, temerario, ardito … da “Io e Tancredi”, nome di uno dei cavalli prediletti del nostro, scomparso da tempo, a cui Ferretti attribuisce addirittura il merito di un agire benedetto, tanto da evitargli l’autodistruzione).

Parole comandate che stanno conficcate in gola e possono strozzare meglio sputarle, […] nessuno può permettersi rimpianti, nessuno può permettersi rimpianti, mai: è forse in questi due versi di “Sogni e sintomi” che, in omaggio alla brevitas catulliana, può tentarsi l’impresa augustea di racchiudere il senso di questo disco e dell’immensità del pensiero di Giovanni Lindo Ferretti tutto, che ci ha donato l’arte della sincerità, della maturazione, del ricordo, del cambiamento, del sentimento del focolare appartenente ad un montanaro dell’appennino fino alla monumentalità di quello che ha attraversato la complessità di glorie e declini della storia mondiale, la contraddizione solo apparente nella quale solo i più stolti non ravvedono crescita e consapevolezza. “Linea Gotica”, pertanto, è un lascito dal valore inestimabile e concreto, un’elargizione di quelle bellezze che, parafrasando Dostoevskij, sarebbero atte a salvare il mondo.

VOTO: 10/10

AGGETTIVO: Monumentale

TRACKLIST

  1. Cupe vampe

2. Sogni e sintomi

3. E ti vengo a cercare (F. Battiato)

4. Esco

5. Blu

6. Linea Gotica

7. Millenni

8. L’ora delle tentazioni

9. Io e Tancredi

10. Irata

ALBUM: LINEA GOTICA

ARTISTA: C.S.I.

ANNO: 1996

ETICHETTA: POLYGRAM

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