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Musica Internazionale, Recensioni. “Ghosteen” è la superba lectio magistralis sul dolore di Nick Cave
Quando si è chiamati all’avvicinamento e alla tentata decodificazione dell’opera di un mostro sacro come Nick Cave, si subisce come una sorta di apnea figurata: la sensazione è quella che, in un primo momento, la lingua madre ancora non possegga tutte le possibilità narrative necessarie ed esaustive per dare forma alla sostanza, contorni alle linee, sfumature ai colori.
E allora si va alla ricerca della fenomenologia delle parole, dell’essenza del pensiero, e quello imperante, in quest’ultimo capolavoro di Nick Cave & The Bad Seeds dal nome “Ghosteen” (Bad Seeds Ltd), è quello della dispersione. “Le canzoni del primo album sono i bambini. Le canzoni del secondo album sono i genitori”, scrive Cave a proposito di quest’ultimo magistrale lavoro, incarnando quella diade che non lascia scampo e che se fosse un’effigie sarebbe una selva oscura dantesca, ribaltante però l’allegoria del peccato trasferendone i connotati verso l’epopea del viaggio interiore, formato da undici gironi che, alla fine, in un modo o nell’altro saranno sovrastati dalla luce del loro personale paradiso.
https://youtu.be/2Xhr7j1zukY
C’è la morte in quest’opera monumentale di Cave, quella del figlio Arthur, che appena quindicenne lasciava il mondo, quattro anni fa; c’è la resistenza, quella di un padre e di una madre, Susie; c’è la vita quindi, in sostanza. “Oh the train is coming, and I’m standing here to see and it’s bringing my baby right back to me, well there are some things that are hard to explain”, recita la splendida e struggente “Bright Horses”, e “Peace will come, a peace will come, a peace will come in time”, si ascolta in “Spinning Song”: disarmante è la lucidità del pensiero e del messaggio di questo disco stupefacente, che fa pensare alla concretizzazione del concetto di meraviglia cartesiano, ossia la reazione primigenia di fronte agli accadimenti inaspettati della vita.
L’akmè più alta della sublimazione dell’elaborazione si ha nella toccante “Waiting for you”, in cui Cave non necessita che di un pianoforte per urlare il dolore con la consueta classe, l’intramontabile eleganza e la perfetta misura che lo contraddistingue, per la serie “Sii perfetto quando cadi”, (“È la fine la più importante”), direbbero i nostrani Afterhours, mentre Canali farebbe notare la telegenia dello schianto (“Precipito”): “Your body is an anchor, never asked to be free, just want to stay in the business of making you happy, well I’m just waiting for you, waiting for you, waiting for you”.
Diretto come un pugno in faccia nell’essenzialità degli strumenti, ridotti all’osso, che privilegiano le melodie, potenti nella loro linearità. “Di poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto dentro un secolo. […] Il poeta dovrebbe esser sacro”: lo diceva Alberto Pincherle, in arte Moravia, più di quarant’anni fa, e come non annoverare Nick Cave nella rosa dei poeti a noi contemporanei, egli che come pochi ha personificato il concetto di regeneratio, letteralmente la “rinascita alla vita dello spirito attraverso la liberazione della colpa” e quindi attraverso la sua musica, un incandescente fuoco abbagliante in perenne evoluzione, che compie con “Ghosteen” l’ultimo superiore innalzamento, mirabile purificazione.
VOTO: 10/10
AGGETTIVO: VISCERALE
TRACKLIST
Disco 1
The Spinning Song
Bright Horses
Waiting for You
Night Raid
Sun Forest
Galleon Ship
Ghosteen Speaks
Leviathan
Disco 2
Ghosteen
Fireflies
Hollywood
ALBUM: GHOSTEEN
ARTISTA: NICK CAVE
ANNO: 2019
ETICHETTA: BAD AND SEEDS LTD
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