Mei/Indipendenti
Mei, Rubrica. FRAMMENTI DI UN DISCORSO MUSICALE. E’ il media che fa la musica brutta, oggi
Di Giordano Sangiorgi
Attualmente fare musica è veramente alla portata di tutti, basta poco più di un pc per poter comporre e creare musica originale. Questo è sicuramente un vantaggio e sta portando alla luce realtà musicali eccezionali che sono di grande qualità. Di contro, secondo il mio modesto parere, la musica che i mass media fanno emergere è spesso di basso livello compositivo; naturalmente la qualità delle produzioni è sempre più impeccabile ma l’originalità sta andando sempre più scemando in favore di brani preconfezionati basati su clichè standardizzati che puntano a catturare l’ascoltatore in pochi secondi ma che diventano quasi subito noiosi. Penso dunque che chi fa musica originale dovrebbe osare di più e proporre quello che veramente ha in mente senza lasciarsi condizionare dalle leggi del mercato discografico.
Ma perche’ succede cosi?
Perche’ oramai e’ il media che fa la musica e non il contrario.
Che senso ha infatti fare belle musiche e belle composizioni con begli arrangiamenti di ottoni, faiti, chitarre elettriche, percussioni, giri dibasso in sotto fondo pazzeschi, quando tutto questa bellezza non ti arriva dall’Iphone mentre senti il brano e scrolli per passare all’altro pezzo? Che senso ha farlo se tutta questa bellezza non ti arriva perche’ oramai l’algoritmo ti dice che il massimo di attenzione sui social dove si ascolta musica per oltre i 2/3 e piu’ e’ sui due minuti e quindi le canzono su Spotify non possono durare piu’ di due minuti massimo senno’ si passa ad altro e quindi niente introduzioni, niente soli, niente finaloni in musica ad libitum come un tempo.
E così scompare tutto, fino alle chitarre, che oramai le principali aziende di chitarre elettriche stanno fallendo, con canzoni che spesso partono dalla voce per iniziare subito e finire prima appiattendo così tutto con i testi sempre piu’ facili e piu’ semplici perche’ nelle inesistenti casse di uno smartphone non coglieresti certo le differenze se i testi fossero troppo semplici, aulici e complessi che così invece diventano di una sconcertantte banalita’ quotidiana.
Basta guardare la musica di oggi come ha detto Amadeus: nessuno parla di crisi, di pandemia, di problemi, tutti solo e soltanto di amore e piccoli problemi quotidiani, tranne rarissimi casi. Anche perche’ Spotify ne vuole a pacchi, almeno una al giorno, per riempire il suo palinsesto e fare cambiare con un’altra canzone almeno ogni minuto e mezzo, la durata media di ascolto di un brano, affinche ‘ il giovane utente non cambi piattaforma. Ne vuole a pacchi tutte uguali e le paga pure poco.
E’ così che il media fa la musica (brutta). Non il contrario. E’ questa l’epoca. Mentre artisti molto bravi (di oggi) come Ghali e Mahmood, Gazzelle e Fulminacci, solo per citarne alcuni, rischiano di rimanere schiacciati dalle leggi dell’algoritmo e altri altrettanto bravi di altissima qualita’ come Diodato e Brunori rischiano di scomparire entro breve perche’ a un livello molto piu’ alto di questo becero sottomercato musicale e le storiche e vecchie rock band stanno piano piano scomparendo rimanendo solo nei cuori di quelli della Generazione Indie degli Anni 80/90.
Quindi: per il primo consiglio, ascoltare solo brani attuali che superino almeno i 4 minuti e mezzo e anche oltre. Almeno. Sarete obbligati a riascoltare suoni che tutti pensavamo oramai perduti.
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Crediti foto: Shutterstock