Interviste
MEI, Rubrica. CORRISPONDENZE DA LONDRA. Intervista ai Modena City Rambles: in arrivo il loro Tour Europeo Riaccolti 2020
Di Arianna Caracciolo
LA MUSICA AI TEMPI DELLA BREXIT: CORRISPONDENZE DA LONDRA DI ARIANNA CARACCIOLO. “INTERVISTA AI MODENA CITY RAMBLERS TOUR EUROPEO RIACCOLTI 2020”
I Modena City Ramblers nascono nel 1991 come gruppo combat-folk formato da un gruppo di amici intenzionati a suonare musica irlandese, senza alcuna pretesa. Ed è proprio nel ‘91 in occasione di un concerto al Wienna di Modena, che decidono il nome Modena City Ramblers, in quanto sapevano che in Irlanda ogni città ha i suoi City Ramblers e gli sembrava carino che anche Modena non fosse da meno.
Franco “Franchino” D’Aniello (musicista e flautista) e Massimo “Ice” Ghiacci (musicista e bassista) sono due dei membri storici dei MCR (rispettivamente dal ‘91 e ‘92), gruppo punk-folk che rappresenta, come citato da Paolo Verri nel libro Combat-Folk “uno stile di vita e di pensiero, che li mette al fianco del loro pubblico, di cui non sono idoli ma amici fraterni.”
Partiamo dall’album Materiale resistente (1995), e dalla storia di Bella ciao, compilation prodotta da Giovanni Lindo Ferretti dei C.S.I. insieme a gruppi del calibro di Africa Unite, Mau Mau, Gang e Skiantos, per il 50º anniversario della Liberazione.
Bella ciao rappresenta il patrimonio universale di tutti i partigiani che combatterono nella Resistenza. Un canto di ribellione popolare contro il nazi-fascismo che diventò un inno internazionale, cantato, tradotto e poi diffuso in tutto il mondo. La cantavano tutti perché in realtà rappresenta un patrimonio di tutti, così come il 25 aprile è la festa dell’unità di tutti gli antifascisti, non solo dei comunisti, è una festa per tutti.
Un brano che hanno reinterpretato varie volte, la prima delle quali è presente nell’EP Combat folk, prima esperienza in studio dei Modena City Ramblers nel 1993. Ancora oggi è una canzone molto diffusa tra i movimenti di Resistenza in tutto il mondo, dove è stata portata da militanti italiani. Ad esempio è cantata, in lingua spagnola, da molte comunità zapatiste in Chiapas. A Cuba è cantata nei campeggi dei Pionieri, mettendo la parola “guerrillero” al posto della parola “partigiano”. È conosciuta e tradotta anche in cinese e nel 2019 viene fatta una canzone inglese, Do it now, con un nuovo testo sulle note di Bella ciao per i cambiamenti climatici. Sempre nel 2019 è diventata una delle canzoni simbolo delle piazze italiane del Movimento delle sardine.
Franco D’Aniello. Bella ciao è la canzone che forse ci ha dato più onori oltre ai nostri meriti perché la canzone in sé parla di un concetto di amore per la libertà e quindi quel disco era fatto per l’estero, per far conoscere Bella Ciao anche fuori dai nostri confini e ci piace molto ricordarlo.
Facciamo ora un salto nel buio, nel 2007 con la scomparsa accidentale di Luca “Gabibbo” Giacometti, genovese, grande musicista e insostituibile amico, in grado di suonare mandolino, banjo, mandobanjo, bouzouki irlandese, chitarra, ed è stato anche cantante. Come mantenete vivo il ricordo del Gabi?
Massimo Ghiacci. Attorno al 25 aprile per la festa di Liberazione, pubblicheremo un disco Appunti Partigiani che è un disco per noi molto importante, di 15 anni fa. Era un disco uscito di catalogo, praticamente introvabile nei negozi e abbiamo curato una nuova edizione, nel senso che lo ripubblichiamo. L’ho riascoltato in questi giorni, questo disco è uno di quelli registrati con Luca, che noi chiamavamo affettuosamente Gabi. È stato un modo di ritrovarlo dopo anni, purtroppo la sua scomparsa risale a 12 anni fa tra l’altro era un grande amante di Londra e ha vissuto in Inghilterra e quindi di sicuro per noi la sua eredità e il suo ricordo sta anche in quelle note che lui ha suonato e ce lo fanno sentire meno lontano.
Nel 2005 Appunti Partigiani infatti vede la luce, in coincidenza con il 66° anniversario della Liberazione d’Italia. Questa produzione seguita direttamente dai Ramblers, vede la partecipazione, di Francesco Guccini, Moni Ovadia, Piero Pelù, Goran Bregovic e la sua Wedding and Funeral Band nonché il britannico Billy Bragg, tutti a interpretare brani legati al tema della Resistenza. Un anno prima, arriva nei negozi Viva la vida, muera la muerte! prodotto da Max Casacci dei Subsonica che diventerà disco d’oro, mentre la canzone Ebano vince il prestigioso premio “Amnesty – Voci per la libertà”, come esempio di brano impegnato nell’ambito delle tematiche dei diritti umani.
Parlando di impegno e tematiche sociali, quali sono le iniziative e campagne di solidarietà di cui non si sa nulla?
Massimo Ghiacci. Noi non usiamo le buone azioni per metterci sotto i riflettori e come piccola band di provincia, viviamo una realtà completamente diversa dalle grandi rock star. Da questo punto di vista, al di là di quello che ognuno di noi può fare nel sociale, è più che altro un vivere esperienze con chi nel sociale ci lavora, come volontario, come appartenente a quelle che una volta si chiamavano organizzazioni non governative. Abbiamo fatto tante esperienze, dai campi profughi del Saharawi, un popolo che vive nel deserto dell’Algeria totalmente grazie al sostegno internazionale e all’aiuto di tante associazioni europee, di cui molte italiane.
Parliamo dell’ultimo progetto e impegno sociale?
Massimo Ghiacci. L’ultimo progetto in cui noi non siamo coinvolti direttamente ma che Francesco (“Fry” Moneti), il nostro violinista ha seguito in primis, è legato a una chitarra particolare, “Mare di Mezzo” che è stata realizzata con legni recuperati dai relitti dei barconi approdati a Lampedusa, nel mediterraneo. E’ un progetto musicale di sensibilizzazione dell’opinione pubblica nei confronti dei movimenti migratori nel Mediterraneo. Questa chitarra suona i canti di chi voce non ha, in mano a musicisti che ne sostengono la visione, attualmente non ha alcun tipo di aiuto sociale concreto, ma dal punto di vista artistico e simbolico ha un grande valore. In un momento in cui in Italia tira un vento davvero brutto, dove un personaggio politico come Salvini ha saputo cavalcare e anche in qualche maniera alimentare, un vento di istinti e di ego che parlano al basso ventre e alla peggiore identità italiana, razzismo misto a odio, sentimenti anche di paura nei confronti di chi arriva da altre parti rischiando anche la vita, e viene dipinto come un invasore o un pericoloso criminale. E’ una realtà che c’è in tutto il mondo e che non può essere cambiata ma dev’essere compresa e in qualche maniera interpretata dal punto di vista della convivenza civile. L’elemento significativo non è il punto di vista quantitativo, non c’è alcun tipo di invasione da parte loro. Noi non ci riconosciamo in questo tipo di visione e di pensiero. Franco può aggiungere tantissime altre esperienze di questo tipo.
Franco D’Aniello. Noi abbiamo una grande fortuna credo, oltre a quella di poter vivere decorosamente suonando, quindi con la passione della musica che non è da tutti, abbiamo anche la fortuna di conoscere un sacco di persone, come prima diceva Massimo. Quando vieni a Londra, ad esempio e conosci gente che abita qui e ti racconta delle storie, magari non tutte ma qualcuna finisce in qualche canzone, quindi noi facciamo da megafono a queste storie. Quest’estate in Sicilia, in un giorno di caldo terribile e di pausa tra un concerto e l’altro, siamo andati a trovare i ragazzi che con la barca di Mediterranea vanno a salvare i naufraghi. Loro erano contentissimi, in realtà non abbiamo fatto niente di che se non andarli a trovare e dare il nostro piccolo contributo. Questa è la cosa che facciamo con maggiore gioia, senza enfasi, perché vedi la gente negli occhi quando lavora e fa queste cose. Noi ci riteniamo invece fortunati a poter vivere il mondo che abbiamo in un certo senso scelto, abbiamo potuto scegliere che mestiere fare quindi il nostro piccolo aiuto credo sia anche questo.
Massimo Ghiacci. Più che un aiuto per noi è un dare e prendere testimonianza di tante realtà, di sicuro non c’è mai stato da parte nostra l’interesse di glorificarsi e in qualche maniera sfruttare le cose che possiamo aver fatto. In realtà per noi sono tutte esperienze che abbiamo sempre fatto fisicamente, come esperienze personali e al di là della band. Molte di queste non ha neanche troppo senso sbandierarle perché abbiamo di cambiato la vita degli Indios nel Sud America o la situazione del Chapas, piuttosto che in Bosnia, però sono tante realtà che abbiamo conosciuto e che in qualche maniera ci hanno cambiato come persone e magari ritornano anche poi nella musica. Ecco, a volte abbiamo rubato storie e ispirazione di tante realtà che abbiamo avuto la fortuna di conoscere. Mi è venuto in mente il Chapas, sicuramente come turisti non saremmo riusciti ad arrivare dove siamo arrivati, nelle comunità degli zapatisti dove comunque il normale turista non riuscirebbe ad arrivare. Però più che aver portato un aiuto a loro, forse abbiamo avuto qualcosa in cambio da loro, in umanità, in prospettive, in visione del mondo. E saperti anche riequilibrare, molto spesso quando tu vivi la tua vita in occidente a volte inizi a perdere il senso delle cose, il senso ultimo della vita, che nessuno potrà sapere quale sia in assoluto.
Durante gli anni caldi, nel 2009 uscite con Onda Libera, 11° album della carriera e a un mese della vostra pubblicazione nasce l’Associazione Libera, creata da Don Luigi Ciotti. Così nasce il particolare tour supportato da grandi nomi e ospiti, Onda Libera in Terra Libera, che vi vede esibirvi presso i beni confiscati ai mafiosi su cui operava l’associazione di cooperative, tra le quali Libera.
Franco D’Aniello. E’ stata un tour molto carico di emozioni, concentrato in 15 giorni dove ogni giorno eravamo in un posto diverso, in una terra confiscata diversa, in un negozio confiscato diverso e abbiamo conosciuto tante storie e ci siamo resi conto di cosa vuol dire la lotta alla mafia, o meglio la resistenza alla mafia. Questi ragazzi che lavorano e aiutano Libera e tutte le associazioni associate a Libera, rappresentano probabilmente la nuova Resistenza.
Leggi QUI l’articolo originale sul sito ufficiale del MEI, Meeting delle Etichette Indipendenti.
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