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Marco Carta: “Finita l’emergenza sanitaria mi sposo e poi voglio un figlio, addottato o con l’utero in affitto”

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Marco Carta: “Finita l’emergenza sanitaria mi sposo e poi voglio un figlio, addottato o con l’utero in affitto”

Marco Carta, vincitore di Amici e del Festival di Sanremo con la canzone “La Forza Mia”, si è raccontato a Vanity Fair e si è messo completamente a nudo come aveva fatto solo quando, nel salotto di Barbara D’Urso, aveva confessato di essere omosessuale. Nell’intervista l’artista sardo è molto chiaro su quello che sarà il suo futuro, soprattutto per quanto riguarda quello di coppia.

Fidanzato da 7 anni con Sirio Campedelli, Carta sta programmando infatti di convolare a nozze con l’amore della sua vita, non dopo avere sofferto per parecchio tempo a causa della paura di venire allo scoperto con la sua reale natura sessuale e non prima che l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia sia cessata del tutto:

“Mi piacerebbe molto sposarmi, e di certo lo farò. Prima, però, vorrei si esaurisse l’emergenza sanitaria. Vorrei ricordarmi il giorno delle mie nozze per tutta la vita, festeggiare con gli amici e una serenità che sia vera e totalizzante. E’ stato difficile nascondere la mia omosessualità quando sono diventato popolare e avrei voluto condividerla con i fan, ma non era semplice. Ora che ho fatto coming out sono più sereno e voglio organizzare la mia vita”.

Ma il matrimonio non sembra essere l’unico obbiettivo a cui mira Marco, da poco in onda nelle radio con il singolo “Mala Suerte”: all’orizzonte, per il cantante ed il compagno, c’è anche la volontà di diventare padre. In che modo deve ancora deciderlo, ma adozione o utero in affitto per lui non farà differenza, purchè sia l’amore la base della decisione e non lo sfruttamento:

“Io sono cresciuto senza un padre, e mia madre è morta che avevo dieci anni. Sono andato a vivere con i miei nonni, allora, e non mi è mai mancato l’amore. In istituto, ti danno da mangiare, ti danno da bere. Non ti danno amore. L’amore non si compra. Mi piacerebbe adottare e mi piacerebbe mettere al mondo un figlio con un utero in affitto, nome tremendo per questa pratica. Non la trovo disumana, se all’origine c’è l’atto consapevole e compassionevole di una donna, che decide di aiutare un amico, un familiare, un estraneo. Lo sfruttamento, quello e solo quello, è da condannare”.

E ancora, Carta, si lascia andare al sentimento che prova quando pensa all’impossibilità per una coppia gay di non potere fare figli in Italia:

“Trovo triste che in Italia una coppia omosessuale non possa avere un figlio. L’utero in affitto è una pratica molto lontana dallo spirito ecclesiastico che ha l’italiano, e lo capisco. Però, ci sono migliaia di bambini che crescono senza genitori, in orfanotrofi. Mi chiedo perché non dar loro due papà. Trovo uno spreco che delle creature così piccole siano lasciate marcire in posti senza amore”.

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Foto Stefano Colarieti /LaPresse