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Musica

Maneggiare (la vita) con cura – anche il silenzio è musica

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Leggo un post pubblicato poche ore fa da Maurizio Carucci, frontman degli Ex-Otago, una delle mie band “indie” (e non solo) preferite, in cui confida di aver pensato più volte di chiudere con la Musica. Maurizio si è trasferito da anni da Genova all’Alta Val Borbera, tra Liguria e Piemonte, dove con la compagna ha creato un posto idilliaco, alla riscoperta delle radici bioetiche, per dar vita a gemme enogastronomiche, alla Cascina Barbàn, che come recita il logo è “Vino, Cibo, Comunità”. E noi tutti sappiamo quanto questo trittico passi attraverso la Musica, e ne esca sempre da lei rinforzato.

 

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Per “mollare” la musica probabilmente un musicista deve sentire di essere stato mollato dalla Vita. Perché Musica e Vita sono la stessa cosa, equivalenti alla pericolosa fusione di Eros e Thanatos.                         Amore, Morte, Musica, Vita, metteteli nell’ordine che preferite, fatene un chiasmo, un’equazione, o una lista della spesa che si dimentica sempre attaccata al frigo.                                                                                             Per tornare a ciò che spinge Un Musicista, -che ha avuto più volte conferma e riconoscimento anche esterno di come quello fosse, prima che “il suo mestiere” il suo essere-, a mollare la Madre Musica, credo che la risposta sia in amore, morte, musica, vita. Nel suo post, che forse è prima di tutto una lettera a se stesso, cita la scomparsa di un suo collega amico musicista. Questo basta. La scomparsa di un amico rimette tutto in discussione. Fino ad oggi la Vita ci ha spesso messo a dura prova, tutti noi. Qualcuno si salva con la Musica, altri con l’Amore, c’è poi chi ha l’immensa fortuna di farsi benedire da entrambi. Non cito la Religione perché quella “giusta” contiene già tutto. Però poi arriva la Sottrazione. “Non riesco a trovare la luce e la via dentro al progetto. Lascio e mi dedico solo alla terra…Un’ epoca vacillante. Un tempo muto…” dice Maurizio. Credo, forse, di capire cosa intende. Arriva un momento in cui nessuna nota, non solo non riesce a lenire il dolore, il silenzio, la sottrazione ma neanche riesce a “coprire”, proteggere. E non è “il velo di Maya” che vorremmo ma un attimo di respiro. Non tutte le note vanno bene, John Cage lo sapeva e quelli che sembravano interminabili 4 minuti e 33 secondi di niente in realtà erano una pausa necessaria per riprendere il proprio posto nel mondo. Amore Vita Musica Morte vanno maneggiate con estrema cura ed estremo rispetto. E’ vero, esiste il Kintsugi, l’arte di valorizzare le ferite, riempiendo le crepe d’oro. E sì, c’è una crepa in ogni cosa, ed è lì che entra la luce, diceva Leonard Cohen. E’ tutto vero, profondamente poetico and so relatable, direbbero gli anglofoni. Ma spesso non basta. E non sai neanche tu quale potrebbe essere il prossimo mantra a cui aggrapparti. Maurizio, non ci conosciamo, ho assistito a più di un vostro concerto, vi ho incrociato anche al Biografilm Festival di Bologna, quando collaboravo col team Guerrilla. Quello che so di te sono poche semplici cose: sei di Genova, anzi di più, Marassi, erediti una cultura cantautorale immensa e tu e il tuo gruppo avete fatto tra le più belle canzoni degli ultimi 10 anni, romantiche e sincere, oltre che una meravigliosa versione di “Amore che vieni, Amore che vai”, pubblicata su YouTube da voi il giorno del mio compleanno (non sapete che regalo per me).

Conosco il tuo timbro di voce che mi risuona in testa mentre leggo le parole del tuo post. Dopo il vuoto c’è sempre un primo nuovo respiro e lo sentirai quando l’aria sarà diversa. Ad un certo punto, quando quell’inciso non gira bene bisogna fermarsi. “Non suonare quello che c’è, suona quello che non c’è” diceva Miles Davis. Dovesse anche essere solo una un’aria di nuova vita fischiettata dalla Val Borbera. Chi ti apprezza non si aspetta altro che tu sia felice.

 

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