Interviste
Rubrica, INDIE-GESTA di Angelica Sisera. Intervista ad Aldo Betto
Proseguiamo i nostri talk, con cantautori e chitarristi, questa volta con Aldo Betto, veneto di nascita, bolognese d’adozione ma vero cittadino del mondo.
Chitarrista, docente, compositore, ha fatto 5 tour negli States e stretto collaborazioni internazionali. Da qualche anno ha fondato il trio “Savana Funk” con Blake C.S. Franchetto, bassista londinese di origini ghanesi e residente a Bologna e Youssef Ait Bouazza, batterista berbero.
Il trio, intriso di Africa, funk, e blues (“il blues inteso come visione, come musica minimale e viscerale” sottolinea Betto) sta riscuotendo grande successo, non solo per l’immensa bravura e creatività dei suoi componenti ma anche per le sonorità travolgenti, ricercate e apprezzabili da tutti al tempo stesso.
L’estate scorsa i Savana Funk hanno suonato con Jovanotti al mega evento da lui organizzato, il Jova Beach Party, con loro c’era anche Nicola Peruch, il tastierista di Zucchero, Elisa, Mina, Celentano e tanti altri.
Non c’è da meravigliarsi che Jovanotti si sia innamorato di loro e abbia creato una collaborazione ripetuta durante l’estate.
INTERVISTA
Aldo, ci siamo conosciuti qualche anno fa in un’enoteca, e non è un luogo inusuale, soprattutto per i musicisti! Infatti il buon vino e il cibo fanno parte della convivialità che accomuna gli artisti.
Come molti di noi anche tu ti sei ritrovato, in questo periodo di distanziamento, a “creare in cucina”, e mi hai detto che ti sei proprio “riscoperto chef”.
In effetti il minimo comune denominatore di musica e cucina è proprio la creatività.
Che musica ascolti mentre stai cucinando? Ti piace abbinare il cibo con una particolare musica?
Certo, in queste settimane ho cucinato parecchio!
Ho addirittura fritto in casa: dopo anni ho fatto molte fritture di pesce, me la sono proprio goduta la cucina, aprendo anche delle ottime bottiglie che erano lì, che mi aspettavano. Mentre cucinavo ho ascoltato tanta musica acustica, che mi sembrava si sposasse meglio con questo momento, tra l’altro non c’era quasi mai rumore fuori dalle finestre.
Ho ascoltato Dylan, l’album “Sea Change” di Beck (disco del 2002 del cantautore tra i principali esponenti dell’indie-rock statunitense, in particolare quello denominato “lo-fi”, ndA) e tutto quel versante della musica americana folk. Ho ascoltato anche tanti dischi nuovi, musica afro, poi è da poco scomparso Tony Allen (batterista e direttore musicale che collaborò con il gruppo Africa 70 dal 1979 al 1989 insieme a Fela Kuti, Allen è stato un musicista dalle innumerevoli e importanti collaborazioni, tra cui quelle con Charlotte Gainsburg e gli Air e una vasta discografia, ndA) e per un giorno e mezzo ho ascoltato solo musica sua.
Recentemente ho anche iniziato a creare delle mie playlist che scelgo in base all’umore: ne ho una sui songwriter, una sul blues, blues acustico, una di musica elettronica, di jazz, ho notato poi che le mie playlist su Spotify sono molto seguite!
A proposito di convivialità e di musica americana, hai sempre viaggiato molto e so che hai vissuto un pò di tempo negli States: c’è stato un incontro a tavola memorabile o un aneddoto particolare, fuori dal palco?
Effettivamente la tavola è un posto fantastico, dopo un concerto o al termine di una giornata di registrazioni. E’ proprio lì che viene fuori l’altro lato del musicista: noi ci conosciamo, ci “annusiamo” attraverso la musica la maggior parte delle volte però poi a tavola emergono le vere “storie”, non è un caso che molti musicisti siano grandissimi raccontastorie!
Di aneddoti ne avrei tanti ma uno di quelli più pazzeschi è quando sono andato a suonare a casa dell’Agente 007 Pierce Brosnan alle Hawaii.
E questo accadde perché sua moglie sentì suonare me e il mio gruppo ad un addio al nubilato, in mezzo a tutte queste ragazze nude in riva al mare, durante appunto un party hawaiano.
Lei si avvicina dicendoci “Ragazzi, sto organizzando una festa in casa per venerdì, verreste a suonare?” “Io le risposi che per noi andava bene ma doveva parlare col nostro manager”.
Subito dopo siamo stati informati dalle sue amiche lì al party che lei era la moglie di Pierce Brosnan! La festa a casa di Pierce Brosnan ovviamente è stata magnifica, ci siamo trovati seduti tutti attorno a mangiare insieme e a un certo punto è arrivato anche Graham Nash (cantautore, compositore e fotografo leggendario che ha fondato gruppi cult con David Gilmour, David Crosby, Stephen Stills e Neil Young, ndA). Noi abbiamo suonato durante la festa e siamo rimasti fino all’alba a mangiare bere e fumare tutti insieme, quella sì che fu una tavolata incredibile!
E’ difficile dire a quale genere appartieni come chitarrista e compositore, perché da sempre fai molta ricerca e ne hai sperimentati tantissimi, sia come solista che ad esempio con i Savana Funk, il tuo trio che ha riscosso grande successo con Blake Franchetto al basso elettrico e Youssef Ait Bouazza alla batteria.
Si può dire che sei “fusion”, spazi dal funk al soul, blues, rock, afro. Come sappiamo però, per godersi la musica non ha forse neanche senso ingabbiarla in etichette troppo rigide.
Quali sono le tue chitarre preferite? E quelle più particolari che hai suonato?
Immagino che dalle tue esperienze statunitensi e alle Hawaii tu abbia riportato sonorità e strumenti peculiari…
Sì, di generi ne ho frequentati diversi, sono un musicista curioso, se mi dovessi autodefinire direi che sono un “bluesman”, a me piace il blues e non solo nell’estetica delle 12 battute ma per me è una vera e propria filosofia concepire la musica con un certo minimalismo, e se vogliamo onestà. Per questo sono attratto dal blues ed è sempre la lente attraverso la quale guardo tutto il resto della musica.
Poi in questi anni ho approfondito molto la musica africana, mi entusiasma, è un continente che ha una vivacità culturale e musicale immensa e ancora dopo anni mi sembra di aver appena iniziato a scoprirla, è stata la principale fonte d’ispirazione.
Tutti i viaggi che ho avuto la fortuna di fare da musicista mi hanno ispirato e quello negli Stati Uniti è stato molto importante, quindi sì, mi definirei un bluesman.
Se parliamo di chitarre, da tanti anni suono la Fender Stratocaster, ho barattato la mia con quella di un amico perché l’aveva customizzata in un modo che mi piaceva tanto.
Mi piace la Strato, la 335 è favolosa, la Gibson 335, sono un amante delle Martin, chitarre acustiche, e ne ho un paio. Non ho tantissimi strumenti ma quelli sono i miei preferiti.
Amo il suono della SG, che è una chitarra molto particolare, la chitarra dei Doors, degli AC/DC, di tutto il primo periodo di Santana, anche la Telecaster mi affascina, tutte le chitarre possono avere dei punti forti, dipende da chi e come le suona.
[NdA: Riagganciandomi alla citazione di Aldo riguardo alla famosa SG mi viene in mente un aneddoto raccontato da Robby Krieger, chitarrista dei The Doors: «Prima di suonare delle elettriche, non ne sapevo nulla. Ma poi ho visto Chuck Berry (uno degli iniziatori del rock and roll e insignito dalla rivista “Rolling Stones” al 7° posto tra “i 100 migliori chitarristi”) e ho dovuto prendermene una. Andai in un banco dei pegni e tutto ciò che potei permettermi fu una Gibson SG Standard usata. Mi costò 180 dollari. È la chitarra che ho usato coi Doors». Dopo anni Krieger venne derubato di quella mitica SG e la sostituì con una del ’67 su cui è basata la Gibson Robby Krieger SG Reissue, con una modifica al manico, che è una copia di quello della SG Junior del ’61 di un amico: il sodalizio di Krieger con la Gibson è leggendario]
Sì, di strumenti stravaganti ne ho suonati tantissimi, alcuni anche molto antichi ma forse quello più bizzarro è una chitarra di alabastro a Pitigliano, in Toscana. Era fatta da un grande scultore: lavoratissima e perfettamente funzionante, e molto pesante! Anche il prezzo era abbastanza importante!
Tornando alle playlist create da te anche nelle settimane di “riposo forzato” a casa, tra nuovi ascolti e ricette, ne ho trovata una in particolare su Spotify che hai chiamato “Italia, mondo” in cui mi sembra tu riscopra le sonorità e la poetica italiana ma con uno sguardo cosmopolita…
Sì, ho selezionato solo musica italiana, scritta e suonata da artisti provenienti dal nostro Paese. E’ divisa per stili, c’è lo strumentale, un po’ di world music, groove, acustica, una foto di gruppo meno stereotipata di quanto si possa immaginare: la musica italiana guarda al mondo, ne assorbe ritmi, timbri, armonie e li rielabora.
Attraverso questa playlist vorrei far conoscere quanta ricchezza musicale c’è nel nostro paese. Infatti la sto facendo girare anche tra gli addetti ai lavori e lo streaming, in questo momento in cui non stiamo facendo dei live, è importante.
Concludiamo questa prima tappa di un possibile viaggio musicale con Aldo, bluesman, menzionando anche la sua seguitissima playlist 100% blues: “This Is Blues!”
A presto, con la musica di Aldo Betto e i Savana Funk!
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Crediti Foto: Michele Lugaresi / Maikid