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Interviste

Indie-Gesta Talks Jazz – INTERVIEW WITH Emmet Cohen: Past & Future Stride Together

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“Staying creative is trying to think the heart and feel with the brain”- Essere creativi è pensare col cuore e sentire col cervello,

Emmet Cohen

Consacrato dalla critica internazionale, a 29 anni Emmet Cohen vince l’ “American Pianists Awards 2019”, il premio più ambito da tutti i pianisti jazz americani. Nessuna sorpresa quindi che il suo nuovo album “Future Stride”, pubblicato a Gennaio per la prestigiosa Mack Avenue Records, sia una delle migliori uscite del 2021. Cohen parte dai ruggenti anni 20 a grandi falcate fino ai giorni nostri, coniugando in un secolo moderna creatività, intrattenimento e la “lezione dei Maestri”. Sonorità affascinanti, tanto sofisticate nell’architettura degli arrangiamenti quanto impressionanti da scoprire. Cohen, newyorkese ora 31enne, è un compositore brillante, lungimirante, un pianista talentuosissimo, umile e con uno spiccato sense of humor: sarà evidente a chiunque leggerà quest’intervista. E’ una domenica mattina di metà ottobre a Bologna, non piove e anzi la giornata è calda. Stasera Emmet e i suoi due colleghi americani (anch’essi molto acclamati dalla critica) Yasushi Nakamura al contrabbasso e Kyle Poole alla batteria, suoneranno al Camera Jazz Club di Bologna, un luogo storico sotto la tutela dell’Unesco, all’interno delle mura di Palazzo Isolani. Una gemma per gli aficionados della buona musica in pieno centro storico. Incontro qui Emmet, molto amichevole e di grande ispirazione, per una chiacchierata sulla vita, i grandi album e molti altri concerti da fare!(ENGLISH VERSION BELOW)

 

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Emmet, quando alcuni pianisti tuoi grandi fan, -tra cui il “Premio Mutti” del Bologna Jazz Festival, Giovanni Ghizzani,- hanno saputo che ti avrei intervistato, una delle prime curiosità a gran voce sulla tua “routine” di pratica pianistica: quante ore studi al giorno, il repertorio scelto e soprattutto, come studi…

Beh, è una domanda complicata, soprattutto in questo periodo! In questi giorni sono on the road a tempo pieno, quindi sono costretto a trascorrere meno tempo col mio strumento, lo studio diventa più una “pratica mentale”. Ascolto molta musica, molti pianisti che amo e grandi maestri. Sai, magari ne ascolto uno per un mese e mi fisso su quello, poi mi sposto su un altro artista ma in generale amo i Maestri come Willie “the Lion” Smith e il grande James P Johnson (pianisti virtuosi maestri del genere “ragtime” e “stride”, famosi per il loro tipo di accompagnamento con la mano sinistra, negli anni ’20 e ’30, che poi Fats Waller proseguì e culminò con Art Tatum, ndA). Infatti studio molto stride piano e imparo gli arrangiamenti dai Grandi. Questa settimana ad esempio lavoreremo su Horace Silver: prendiamo un arrangiamento per quintetto e lo trasformiamo in uno per pianoforte, oppure prendiamo un arrangiamento per big band e lo trasponiamo in uno per piano o piano solo o piano trio (trio con pianoforte). Provo a fare piccoli progetti così, un progetto alla volta.

E come riesci a coniugare la grande “Era del Jazz” passato con un nuovo sound e stile, una nuova wave, come abbiamo l’occasione di sentire nei tuoi album, Future Stride su tutti, recentemente pubblicato?

Sai, penso che si debbano prendere le cose che si amano e usarle: prendo la musica da tutte le età del jazz, dagli anni ’20, ’30, ’40, ’50, ’60, ’70 e oltre e provo a incorporarle nella mia musica naturalmente, con amore. Posso dire che provo a pensare col mio cuore ma a sentire col cervello. Non c’è un modo specifico, si tratta di essere creativi e provare a prendere quello che ami e metterlo insieme in modi interessanti e provare qualsiasi cosa, provare a sentire se funziona o no.

Qual è/quali sono i tuoi album preferiti in assoluto? A proposito, ho visto il tuo meraviglioso tributo a Dizzy Gillespie sui social pochi giorni fa…

Guarda, ho diversi di album che amo! Recentemente ho molto ascoltato“Solo Monk” [Columbia Records, 1965. L’album è composto interamente dall’opera di Monk per solo piano e fu recensito come L’Album di solo piano per eccellenza: “Il mistero e l’accattivante bellezza delle minimali parti di piano di Monk sono il focus di Solo Monk”, venne scritto su All Music, ndA]. Quest’album è molto bello, oppure un altro meraviglioso è “Duke Ellington live at Newport” [Columbia Rec., un album dal vivo di Ellington e la sua band del concerto nel 1956 al Newport Jazz Festival, un concerto che risollevò la sua carriera all’epoca “stagnante”. Il famoso impresario jazz George Wein descrive il concerto del ’56 come “la performance più gloriosa della carriera di Ellington, tutto quello che il jazz rappresentava e poteva essere”. L’album è incluso nella grande Antologia dei “1001 album che devi sentire prima di morire” che lo classifica come uno dei più famosi della storia jazz, ndA].

 

 

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Ascolto anche “Ahmad Jamal at the Pershing” con Israel Crosby al contrabbasso e Vernel Fournier alla batteria [Argo Records, 1958, è l’album jazz del pianista Ahmad Jamal registrato nel gennaio ’58 alla lounge del Pershing Hotel di Chicago durante una serata in 43 tracce, di cui 8 sono state scelte per l’album, ndA) .

Poi c’è Cedar Walton, “Easter Rebellion” [l’album fu registrato nel 1975 e divenne la prima uscita dell’etichetta Dutch Timeless Label. All Music lo ha recensito con 4, 1/2 stelle definendolo una gemma rara, in cui tutti i musicisti, veterani del jazz, sembrano aver suonato particolarmente ispirati. La prestigiosa “Penguin Guide to Jazz” lo descrive come uno dei migliori album del pianista. Fu l’album di debutto di Walton con la sua band di giganti del jazz Easter Rebellion a New York: Walton al piano, George Coleman al sax tenore, Sam Jones al basso e Billy Higgins alla batteria suonano 4 brani originali della band e uno di John Coltrane, ndA]. Il leggendario Miles Davis “Live at the Blackhawk” è uno dei primi in cui mi sono imbattuto per immergermi negli anni ’60 e qualsiasi cosa di Art Blakey. Insomma c’è così tanta musica, ho passato questi dieci anni ad imparare e ascoltare cose diverse. Questi sono i miei preferiti.

  

Tutti noi conosciamo il tuo immenso talento e creatività che portano anche ad una forte comunicativa, sia sul palco che nelle tracce dei tuoi album ma c’è qualcosa della tua vita quotidiana, passioni oltre la musica, che i tuoi fan non immaginano? Ad esempio musica e cibo condividono la creatività… forse sei un grande chef ?

(Ride) Decisamente non sono un grande chef ma amo la grande cucina! Sono un appassionato di scacchi e amo praticare Yoga, molto seriamente (infatti la sua instagram bio recita “Yogi”). Amo anche sciare, quando in inverno sono in viaggio per suonare cerco sempre di farlo! Sì, queste sono alcune delle mie attività preferite oltre la musica, poi mi piace uscire con gli amici, viaggiare, vedere il mondo, amo leggere, ecco alcune delle my favorite things.

 

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Oltre ai concerti negli States nei club, teatri e festival più prestigiosi, proprio in questo mese di ottobre stai compiendo un mega tour per l’Europa col tuo trio: com’è iniziato questo progetto e come si è formato il trio?

Ho formato il mio trio più di dieci anni fa e molti musicisti si sono alternati, da quando ero al liceo e poi in college o i primi anni in cui ho iniziato a suonare a New York. Adesso sono in tour con Yasushi Nakamura al contrabbasso e Kyle Poole alla batteria ma è in continua evoluzione, ognuno di noi suona in diverse formazioni e diversi club a N.Y.C e questo è il focus della band: amiamo la musica e contribuiamo in egual misura a questo sound , provando a portare dentro alla formazione qualcosa di fresco e unico. Vedo che il pubblico sta davvero apprezzando il nostro approccio innovativo alla musica, lo percepisco specialmente ora in tour in Europa, dove ho già fatto un paio di tour in passato e ora mi sto godendo ogni attimo di questo viaggio, soprattutto in questi giorni in Italia! “Sono stato in Italia dieci volte, è il mio preferito paese!” (dice in italiano)

In questi giorni hai suonato a Cagliari per Jazz in Sardegna, al Jazzclub a Ferrara, suonerai a Catania e Palermo e ora sei a Bologna per due serate, al “Camera Jazz Club”: come hai incontrato Piero Odorici, il grande sassofonista e fondatore del Jazz Club? [si vedano le scorse interviste ad Odorici durante Umbria Jazz]

L’anno scorso ho fatto un concerto qui a Bologna e Martha Walton, vedova di Cedar Walton, mi disse: “Devi assolutamente conoscere Piero, è un mio buon amico ed è stato un caro amico di Cedar” (nella scorsa intervista a Piero si parla anche del loro incontro e collaborazione per l’album “Cedar Walton presents: Piero Odorici and Cedar Walton Trio”, Savant Rec., 2012, ndA). Ci siamo incontrati e siamo diventati amici all’istante! Abbiamo suonato qualcosa insieme e non vedo l’ora di suonare nel suo club per la prima volta, ci sarà da divertirsi, Piero è un nostro grande amico e secondo me si unirà a suonare qualcosa con la band!

Ricordiamo anche che in Italia hai registrato Infinity , il tuo secondo album uscito nel 2013, col contrabbassista Giuseppe Venezia e il batterista napoletano Elio Coppola che include una traccia d’eccezione per la musica napoletana, “Nun è peccat” di Peppino di Capri. Com’è stata l’unione del jazz americano e della musica napoletana ?

Sì, che bei ricordi. Ho avuto l’occasione di suonare con loro a Capri, durante il Festival “Jazz in Capri” ed Elio ha invitato Peppino di Capri a raggiungerci per suonare con la band. Abbiamo suonato insieme uno dei suoi pezzi, “Nun è peccat” (lo pronuncia con un ottimo accento napoletano, ndA). Era la prima volta per me in Italia e mi hanno insegnato anche un pò di “neapolitano”. Comunque, ho suonato quel pezzo e Peppino ha amato il mio riarrangiamento, poi siamo diventati amici, abbiamo suonato insieme qualche volta e quei concerti sono stati davvero ben accolti. Devo dire che è fantastica una collaborazione jazz con Peppino di Capri! Quell’esperienza mi ha avvicinato alla cultura italiana, alle persone, ho imparato molto nell’unire le due culture, quella americana e quella italiana, le sonorità diverse. Porto sempre con me quel tipo di esperienza, specialmente ogni volta che torno in Italia ed è uno dei miei pezzi preferiti da suonare.

Appuntamento stasera alle 22 con l’Emmet Cohen Trio @ Camera Jazz Club, Bologna !

Qui l’intervista a Piero Odoricihttps://www.oaplus.it/musica/interviste/indie-gesta-talks-jazz-intervista-a-piero-odorici-ii-parte/

“Indie-Gesta Talks Jazz – INTERVIEW WITH Emmet Cohen: Past & Future Stride Together ENGLISH VERSION:

Staying creative is trying to think with the heart and feel with the brain.

 

Consecrated by international critics in 2019, at 29, Emmet Cohen won the American Pianists Awards, the most coveted prize for American jazz pianists. No surprise that his new album Future Stride, Mack Avenue Records, released in January, is one of the best of 2021. Cohen starts from the roaring ’20s, striding to nowadays to combine modern creativity, entertaining and a Master’s lesson. Charming sounds, as sophisticated in the architectural arrangements as impressive to discover.Cohen, 31 now, is a brilliant and far-sighted composer, ultra-talented pianist and yet humble, with a strong sense of humor: that will be clear to anyone reading this interview! 

It’s a mid-October Sunday morning in Bologna, “rain it’s not falling”, indeed it’s a sunny warm day. Tonight and tomorrow night Emmet and his two colleagues (they too acclaimed by critics) Yasushi Nakamura on bass and  Kyle Poole on drums will be playing at the Camera Jazz Club in Bologna, a historical place under protection as a UNESCO heritage site, within the walls of Palazzo Isolani. A gem for good music aficionados in the very city downtown.I met with Emmet here, super friendly and inspiring Artist for a talk about life, great albums and a lot of gigs to do!

When some pianists, big fans of you, got to know that I was going to interview you, one of the first questions was about your “practice routine”: how many hours you study, what you study and, most of all, HOW you study…?

Well, that’s a complicated question now! These days I’m on the road full time, so I get to spend less time with my instrument and studying becomes more a “mental practice”. I listen to a lot of music, a lot of pianists I love, a lot of jazz masters. You know, maybe I’m being listening to one person for a month and being super into them, and then move on to the next person but I love Masters as Willie “the Lion” Smith (ragtime piano came the more sophisticated and virtuosic “stride” style  “The Lion” Smith – with its locomotive, two-step, left-hand accompaniment – in the 20s and 30s, which in turn led to Fats Waller and ultimately culminated with Art Tatum, ndA) and James P Johnson, and I study a lot of stride piano. I learn arrangements from the Greats, we’ll be working on something by Horace Silver this week, we take a quintet arrangement and we put into piano, we take a big band arrangement we put into piano or solo piano arrangement we put into a piano trio. I try to do little projects like that, one project at the time.   

How do you combine “the Great past Jazz Era” to a new sound, a new “wave” and style, as we have the chance to listen in your albums, like Future Stride, recently published?

I think, you know, you have to take things you love and use them. So I take music from all of the areas of jazz, from 20’s, 30’s, 40’s, 50’s, 60’s, 70’s and beyond and I try incorporate them in a natural way, one out of love, I try to think with my heart and feel with my brain. It’s not about any specific way, just about staying creative and trying to take things that you love and put them together in interesting ways and you try whatever, you try if something set it up works or that really don’t work and then you take it from there.

What are your favorites album of all the times? By the way, I saw your wonderful tribute to Dizzy Gillespie on socials…

Oh, I have so many! Recently I have been listening to “Solo Monk”….wow, that’s a beautiful one! (Columbia Records, 1965. The album is composed entirely of solo piano work by Monk and was reviewed as The solo piano: “The mystery and haunting angular beauty of Thelonious Monk’s unadorned keyboard sides are the focus of Solo Monk”, L. Planer, All Music, A/N.) Thelonious Monk plays solo, that’s very nice, or “Duke Ellington live at Newport” [Columbia Records, a 1956 live jazz album by Duke Ellington and his band of their 1956 concert at the Newport Jazz Festival, a concert which revitalized Ellington’s flagging career. Jazz promoter George Wein describes the 1956 concert as “the greatest performance of [Ellington’s] career… It stood for everything that jazz had been and could be.” It is included in the book 1001 Albums You Must Hear Before You Die, which ranks it “one of the most famous… in jazz history”]

Or “Ahmad Jamal at the Pershing” with Israel Crosby (bass) and Vernel Fournier (drums) (1958, Argo Records At the Pershing: But Not for Me is a 1958 jazz album by pianist Ahmad Jamal. According to the album jacket, the tapes were made on January 16, 1958, at the Pershing Lounge of Chicago’s Pershing Hotel and each set played that night was recorded, a total of 43 tracks, of which 8 were selected by Jamal for the album A/N)

Cedar Walton, Eastern Rebellion (is an album led by pianist Cedar Walton which was recorded in late 1975 and became the first release on the Dutch Timeless label, AllMusic awarded the album 4½ stars noting “The veteran musicians all sound quite inspired on this advanced straightahead set” and calling it “A gem”. The Penguin Guide to Jazz described it as “one of the pianist’s finest albums”

The overlooked pianist/composer Cedar Walton(1934-2013) recorded this marvellous debut album with his band Eastern Rebellion in New York City on December 10, 1975. With Walton(piano) were the giants  George Coleman(tenor sax); Sam Jones(bass) & Billy Higgins(drums) playing four band originals and one John Coltrane tune. Highlights include Walton’s 10-minute ‘Bolivia’ & ‘Mode For Joe’ plus a wonderful version of John Coltrane’s ‘Naima’.

Miles Davis’ Live at the Blackhawk one of the first ones that I got it to, you know, you get into the 60’s and anything of Art Blakey, yeah, there’s so much music up there, I’ve spent ten years learning and listening to different things. Those are some of my favorites.

In his autobiography, Miles writes, “That spring of 1961—April I think it was—I decided to drive out to California, for a gig in San Francisco at the Blackhawk. I had been playing at the Village Vanguard when I was in New York, but the music was starting to bore me because I didn’t like what Hank Mobley was playing […] This was about the time I started playing real short solos and then leaving the bandstand. […] So I decided that I would drive to California, just to cool myself out; go through Chicago and St. Louis and then out to California before the band got there.” Columbia had installed sound equipment at the Blackhawk; it was also the first time that Miles had recorded in public for release.

We all know your huge talent, creativity whom lead to a big communication, both on stage and in your tracks,  but there’s something of your daily life, passions besides music, that your fans don’t know? Music and food share creativity….maybe you’re a great chef?

I’m definitely not a great chef but I enjoy great food! I’m super into chess and I love to do Yoga, very serious about that (his bio on Instagram says “Yogi”). I love to ski, sometimes in winter when I’m on the road it’s something that I really want to do! So those are a couple of my favorite activities besides music but I like hanging out with friends, I like to travel, see the world, I love to read, so those are some of my favorite things.

Besides the US gigs in the most esteemed jazz clubs, venues and theaters you’re having a super tour around Europe: how did your Trio and this project start?

I started my trio over ten years ago with very many different people coming and out of it, when I was in high school, when I was in college, when I was first years in New York. At the moment I’m on tour with Yasushi Nakamura on bass and  Kyle Poole on drums and it develops, we’ve played in different formats, in different clubs around New York City, total different bands together and this is the core interaction of the band: we all love the music, we all contribute equally to this sound and trying to bring something unique and fresh, and I think that people are really appreciating our fresh take on the music, especially around Europe which is really getting started with a couple of tours here but we’re loving and enjoying every moment of it, especially in Italy! “Sono stato in Italia dieci volte è il mio preferito paese!” Oh, my Italian is rough!

You’re playing in Italy too, Cagliari, Ferrara, Catania, Palermo, Bologna for two gigs, October 17th and 18th in Camera Jazz Club: how did you meet Piero Odorici, the great italian saxophonist and Club founder ?

I played a gig in Bologna last year and Marta Walton, the widow of Cedar Walton she said “You have to meet Piero, he’s a good friend of mine, he was good friend of Cedar’s. We met and we instantly became friends and we’ve done some playing between now and then  and I’m looking forward to playing at his club for the first time, Camera Jazz Club, that should be a great time, Piero is a great friend of us now and I’m sure he’ll be sitting in with the band!

We love to mention that in Italy you also recorded your second album, Infinity, with Giuseppe Venezia ed Elio Coppola, and a track of exception for neapolitan music, Nun è peccat. How was that experience? How is playing jazz with italian musicians? 

Yeah, I got a chance to play with that band in Capri, Jazz in Capri was a Festival there and Elio invited Peppino di Capri to come here with the band and Peppino di Capri was there and we play one of his songs and they taught me “neapolitano” when I came to Italy for the first time, that is called Nun è peccat. I played it and Peppino loved the arrangement and we became friends, and we played together, we did a couple of concerts together and it was really well received, really beautiful, kindalike jazz collaboration with Peppino di Capri! 

That brought me really closer to the culture of the italian people, I learned so much by being in that situation and by bringing together the two cultures, the two musics, was very inspiring, I carry that with me especially every time I come to Italy, and is one of my favorite pieces of music to play.

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