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Coronavirus, la protesta dei negozi di dischi: “Librerie aperte, e noi? Non siamo cultura di serie B”
La decisione del governo di riaprire librerie e cartolerie a partire da domani 14 aprile ha scatenato diverse polemiche, in primis da parte di un’altra categoria messa in ginocchio dall’emergenza Coronavirus, e cioè quella dei negozi di dischi.
I commercianti del settore, scottati dalla nuova decisione prevista nell’ultimo DPCM firmato dal premier Conte, non l’hanno proprio mandata giù e hanno minacciato azioni di protesta contro il governo. Fra questi, il titolare di Disco Club, negozio storico di vinili di Genova, aperto dal 1965. “È concorrenza sleale – ha dichiarato a Il Secolo XIX Giancarlo Balduzzi, titolare del negozio – le grandi librerie possono anche vendere dischi, di fatto spazzando via quel poco che avremmo potuto vendere in un periodo come questo. Tutti i negozi, di qualunque genere, stanno vivendo un momento difficilissimo, ma la scelta del governo rischia di mettere in ginocchio diverse attività”. Balduzzi ha scritto anche una lettera aperta alle istituzioni e ha l’obiettivo di coinvolgere, oltre alle attività genovesi del settore, altri negozi storici fra cui Disclan di Salerno, creando una rete per portare il problema sotto i riflettori. “Diciamolo chiaramente, senza ipocrisie: la mia non è una corsa al “voler aprire”, la situazione è ancora pericolosa e il contatto con il pubblico non sarebbe privo di timori, senza contare che si potrebbe andare solo nella libreria o nel negozio di dischi del proprio quartiere, e non penso ci saranno le folle per comprare – sottolinea Balduzzi – però se aprono attività che vendono quello che vendiamo noi, ci sentiamo presi in giro. È come se la musica venisse considerata cultura di serie B”.
Nella lettera (che si può trovare completa sulla pagina di Disco Club) Balduzzi scrive: “Questa disparità librerie-negozi di dischi è ormai un classico: il libraio non paga l’Iva (assolta alla fonte dall’editore e solo per il 4%), noi paghiamo il 22%; i librai hanno il reso totale della merce ordinata, noi dobbiamo piangere per poter rendere qualcosa; il libraio guadagna il 30% sul prezzo di copertina. Noi ricarichiamo il 30% su quanto lo abbiamo pagato (esempio: libro da 100€, il libraio paga 70€ e gli rimangono 30€, disco che noi paghiamo 70€, lo vendiamo a 91€, quindi guadagniamo 9€ in meno; questo senza tener conto delle varie scalette sconto di cui godono le librerie)”.
Anche Marco Massari, uno dei titolari dell’attività Ernyaldisko e organizzatore della Fiera del Disco a livello nazionale, si si è unito al coro di proteste: “Abbiamo scritto al presidente del Consiglio chiedendo di inserire anche i negozi di dischi nella riapertura delle attività il 14 aprile: ciò consentirebbe di evitare l’eventuale sovraffollamento nelle librerie, dando la possibilità ai clienti di comprare i libri di musica e i dischi nei negozi di dischi – dice Massari – e soprattutto per evitare che si definisca una cultura di serie A e una di serie B. Noi stiamo sopravvivendo solo grazie alla vendita online, con compratori solo esteri. Eppure il settore era in grandissima crescita: da qualche anno le vendite raddoppiavano, non considerare questi dati vuol dire non conoscere questo mercato”.
Intanto, per quanto riguarda le librerie e le cartolerie, in Lombardia resteranno chiuse contrariamente a quanto avverrà nel resto del Paese secondo quanto stabilito dal nuovo Dpcm annunciato dal Governo. Il commercio al dettaglio di libri e articoli di cartoleria, si legge nella nuova ordinanza firmata dal presidente della Regione Attilio Fontana, “è consentito esclusivamente negli ipermercati e nei supermercati”.
Resta da capire se anche le altre Regioni italiane seguiranno questa linea o se invece applicheranno le misure previste dal governo.