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Indie-gesta Talks Jazz: Emilia-Romagna, Terra del Jazz-ERJ Orchestra

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1958. Esattamente 10 anni prima che Piazza Maggiore diventasse “Isola pedonale”, attraversano il cuore di Bologna un tripudio di Vespe, Lancia Appia, seicento e maggiolini. Il riscoperto amore per i motori è così forte che il Moto Club Bologna organizza la prima edizione della corsa motociclistica in salita Bologna-San Luca. E’ anche l’anno in cui apre la prima Galleria d’Arte Moderna di Bologna alla Villa delle Rose. A due passi da Piazza Maggiore, in Via degli Orefici (che celebriamo da dieci anni come “Strada delle stelle del Jazz”), c’è uno dei locali più ambiti per i musicisti jazz in città, il “Modernissimo”. 

E’ il 25 marzo e freschi del concerto di Kid Ory e della Creole Jazz Band al Teatro Antoniano organizzato dai leggendari manager Cicci Foresti e Alberto Alberti,  Pupi Avati e il suo manager Cicci organizzano nella stessa sede il primo Festival del Jazz Emiliano, con il partocinio del Cardinal Lercaro. “Vinca il migliore!” si sente urlare dal pubblico galvanizzato da un’esperienza totalmente inedita. Su un immaginario ring si sfidano la Panigal Jazz Band (ex “Magistratus”), il Quintetto di Amedeo Tommasi, la Doctor Chick Dixieland Orchestra (ex “Criminal”) e la New Emily Jazz Band. Pupi Avati, tra gli accaniti musicisti sfidanti, trasformerà vent’anni dopo nella serie tv “Jazz Band” quelle giornate memorabili di sfide tra universitari a colpi di ottoni ed ance, affamati di vita e musica. Alcune di queste formazioni sarebbero poi convogliate nella mitica Doctor Dixie Jazz Band, fondata da Nardo Giardina e Checco Coniglio, la band più longeva del mondo e ancora in attività e in cui ha militato anche Lucio Dalla.

Courtesy of Checco Coniglio, Bologna Jazz Festival Honorary President

L’anno successivo Alberto e Cicci puntano alle stars internazionali: il Festival si sposta al Palasport (e le successive edizioni nei teatri più belli della città), diventando per 16 anni il “Festival Internazionale del Jazz”.  La kermesse si era fatta sempre più globale, ospitando nomi del calibro di Chet Baker, accompagnato al pianoforte dal “nostro” Amedeo Tommasi, Charles Mingus, Gato Barbieri, Miles Davis,  Dexter Gordon, Bill Evans, Oscar Peterson, Lee Konitz, Thelonious Monk, Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald, Dizzy Gillespie, Duke Ellington, Gerry Mulligan, Benny Goodman, Cedar Walton e molti altri, legandoli così indissolubilmente con un affetto, spesso proprio da loro ricordato in interviste e saggi, alla nostra città.  L’eredità del Festival è poi passata al Bologna Jazz Festival, con questo nome dal 2006. Tra l’altro il Festival inizia domani fino a metà Novembre.


Dicevamo, Emilia-Romagna, terra di Arte, Cibo, Motori e…Jazz. Mancava un’Orchestra che riunisse gli artisti della regione che hanno fatto e continuano a fare la Storia del Jazz, in nome di quella transculturalità che ha permesso loro di poter viaggiare e intrecciare la nostra cultura con quella di ogni parte del globo. In nome del Jazz. Dodici (e più) elementi che fondono immenso know-how, stili e creatività per diventare ERJ ORCHESTRA, Emilia Romagna Jazz Orchestra, spesso integrata da talentuosi giovani emergenti.  Big Band? Impossibile riproporla ai giorni nostri, si diceva… E invece si ha lo stesso numero di elementi della band di Duke Ellington al Cotton Club di Harlem!

Parlo del progetto ERJ con uno dei protagonisti e Direttore Artistico, Piero Odorici, che ho intervistato poco tempo fa in occasione di Umbria Jazz Weekend.

“L’Orchestra parte ufficialmente con la vincita del Bando regionale della “Legge Musica”, racconta Odorici, “ma c’è da dire che io e l’amico trombonista e arrangiatore Roberto Rossi (membro delle più importanti Orchestre sinfoniche italiane e musicista insegnante riconosciuto) ci pensavamo da tempo.”

E con l’Orchestra avete già inciso un disco….

Sì, un anno fa abbiamo registrato “Cedar Blues” con arrangiamenti originali e alcuni pezzi di Walton, a cui è dedicato l’intero album, riarrangiati soprattutto da Roberto.

[FOCUS: Il pianista Pianist Cedar Walton, originario di Dallas, Texas, e newyorkese d’adozione, ha collaborato con i Jazz Messengers di Art Blakey, sostituendo il posto di Bobby Timmons al pianoforte. Walton è stato una personalità fondamentale nell’evoluzione del pianismo hard-bop, possedendo uno stile che univa una tecnica virtuosistica ad un esuberante senso dello swing. E’ stato anche tra i musicisti più innovativi e lungimiranti nel jazz, e quando il genere ha attraversato i suoi periodi di “svolta elettrica” (per citare Davis) e fusion, Walton ha accolto e abbracciato le nuove sonorità.  Ha suonato in tour con Abbey Lincoln, Lee Morgan e di Hank Mobley, George Coleman, Bob Berg, Clifford Jordan e Ralph Moore. Nel 2008 si è unito al sassofonista Vincent Herring ( di cui abbiamo parlato nell‘intervista a Rob Bargad) e due anni dopo al trombonista Steve Turre, con il quale ha registrato “The Bouncer”, ndA]

Stasera salirà sul palco con voi al Camera Jazz Club il grande trombettista americano Jim Rotondi, per un concerto che si preannuncia molto speciale. Le guest stars non sono mancate nei vostri live, c’è qualche featuring che vuoi ricordare ?

C’è stata Dena DeRose, il pianista Eric Reed con il contrabbassista Dezron Douglas. L’idea è stata quella di creare un’orchestra di 12 elementi, tutti della nostra regione, tranne Barend Middelhoff (sax tenore olandese, molto noto anche a livello internazionale, che vive dal 2003 a Bologna dove insegna al Conservatorio) e dare spazio anche ai più giovani, come Francesco Milone e Dario Rossi.

Com’è stata l’accoglienza del pubblico verso la band? Penso ci sia stata anche sorpresa nel vedere una formazione ben più numerosa del solito, come “ai vecchi tempi”….

La nostra versione di “big band” è stata molto ben recepita. L’Orchestra di per sè è diventata una rarità. Anni fa in giro per Italia c’erano molte orchestre, di ogni genere. 

Ormai sono leggendari i racconti delle Orchestre di Gorni Kramer o Henghel Gualdi… Nella tua esperienza cosa cambia tra suonare in formazioni come quintetto e sestetto e suonare in un’orchestra come l’ERJ?

E’ vero! Ho visto qualcuna di quelle orchestre storiche da bambino! Sai, suonare in orchestra è proprio un altro concetto. Devi suonare in una sezione, ad esempio il ruolo di “prima tromba” oggi non esiste quasi più. Nelle orchestre di una volta, con molti più musicisti, c’era un musicista che era solo prima tromba, non faceva soli ma era impegnato esclusivamente in quella parte. Poi può capitare di trovare trombettisti che si adattino se hanno le note acute e fanno sia i soli che la lead trumpet. Era importantissima nella band.  Oggi i riarrangiamenti si fanno tenendo conto di quest’aspetto.

[CURIOSITA’: Le caratteristiche più importanti del suonare la parte di lead trumpet/prima tromba sono: avere forte swing, suonare con un suono corposo, spesso, forte e guidare stilisticamente la sezione delle trombe e la band. E’ essenziale studiare il fraseggio, l’articolazione e le sfumature stilistiche dei Maestri. Tra i più grandi: Conrad Gozzo- per Frank Sinatra, Woody Herman, LA Studio; Snooky Young per Count Basie Thad Jones; Maynard Ferguson per Stan Kenton Wallace Jones per Duke Ellington ,ndA]

Cosa ci dobbiamo aspettare da ERJ Orchestra”Special Guest Jim Rotondi” @ Camera Jazz Club?
Chiaramente Jim sarà tromba solista, ed è davvero un talento eccezionale. Suoneremo molti pezzi dal disco “Cedar’s Blues” e ci divertiremo molto!
FORMAZIONE:
Jim Rotondi tromba solista
Piero Odorici, Barend Middelhoff, Canio Coscia, Francesco Milone (sassofoni) Stefano Serafini, Ivan Elefante (trombe) Giancarlo Giannini, Bob Killios (tromboni) Emiliano Pintori (pianoforte) Marco Bovi (chitarra) Paolo Benedettini (contrabbasso) Dario Rossi (batteria)

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Appuntamento anche a domani, Giovedì 28 Ottobre con Jim Rotondi Quartet @ Camera Jazz Music Club, in concomitanza all’inizio di Bologna Jazz Festival !

Per le interviste a Piero Odorici: clicca qui