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Ezio Bosso, il dolore di Alba Parietti e Grazia Verasani

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EZIO BOSSO

La morte di Ezio Bosso, avvenuta ieri a soli 48 anni, ha lasciato tanto dolore e commozione nel mondo della musica e della cultura italiana. L’artista di origine torinese, infatti, è stato molto amato non solo per il amore per la sua materia, ma anche e soprattutto per il coraggio con cui ha affrontato senza nascondersi la grave malattia neurodegenerativa che lo ha portato alla morte.

Nelle ore immediatamente successive al diffondersi della notizia, in tanti hanno voluto dimostrare il proprio cordoglio postando tramite social ricordi e momenti che li hanno legati alla figura di Ezio Bosso. Dalle più alte cariche dello Stato e della politica, fino ai tantissimi colleghi musicisti che con lui hanno condiviso il palco – come ad esempio la storica band degli Statuto, di cui Bosso è stato il bassista –  o da lui sono stati semplicemente ispirati.

Ma sono stati molti anche i vip della televisione e dello spettacolo che hanno voluto postare un ricordo del musicista. Fra le più commosse, Alba Parietti che con Bosso ha avuto un rapporto molto speciale: a lui ha dedicato due post sul proprio canale Instagram. Una foto di lui e una che li ritrae assieme, accompagnata dai versi di una poesia di Emily Dickinson, “Se dovessi morire”.

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Anche la scrittrice bolognese Grazia Verasani ha voluto ricordare l’amico scomparso con un toccante post tramite Instagram:

“Mi dicevi sempre che non ti perdevi nessuno dei miei post, che ero così imbranata in generale ma sapevo scrivere, adesso che mi sento persa ho bisogno di credere che leggerai anche questo post. Non è mica il piangere, sai, è il non sapere proprio se avrò la forza di fingere che ci sei, che continuerai a prendermi in giro, che passeremo ancora tutti i Natali e gli ultimi dell’anno e i compleanni, che mi dirai certe cose guardandomi serio, per farle rimanere oltre te. Pensa un po’, avevo silenziato il telefono senza neanche accorgermene, e di colpo un mare di messaggi incomprensibili, non è lo shock, non solo quello, e so che rideresti di tutti questi necrologi, delle scritte in sovrimpressione dove sbagliano il tuo nome, l’ammirazione sincera e quella postuma, rideresti, dov’erano mentre cercavi una casa per la tua orchestra? Chi prenderà in consegna la tua missione disperata? Solo tre giorni fa avevi gli occhi stanchi, in partenza, non litigavamo più neanche di politica, hai detto la parola rassegnazione e io: ti prego, ti preferisco aggressivo, come quando ce l’hai con me, tu e il tuo succo di mirtillo sul tavolino, il mio disinfettante agli agrumi, il pacchetto delle Winston, andremo al bar quando riapriranno, no, hai detto, perché? Dell’amore non parlo. Ho pianto la prima volta che ho ascoltato Rain, e adesso grido. Dovrebbe bastarmi averti salutato due giorni fa? Non basta niente, perderti è inimmaginabile. Voglio vedere le tue mani dirigere spartiti a memoria seduto a un tavolino. Questa è la foto che ci hanno scattato solo quattro mesi fa. Non muore niente. A parte una parte di me”.

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