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Rubrica. DENTRO LA CUCINA di Stefano Vegliani. Il Gin artigianale is the new Birra artigianale. E pare che anche la Regina Elisabetta non si neghi mai un bicchierino…

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Di Stefano Vegliani

Il Gin artigianale is the new Birra artigianale. Oramai siamo abituati alle micro birrerie; qualcuna è stata addirittura assorbita dai grandi gruppi, cercando ovviamente di mantenere la sua natura.

Adesso è il momento del Gin che per il quarto anno ha una sua manifestazione, a Milano, che si chiama White Spirits Festival.

“Siamo arrivati a circa 400 etichette italiane – racconta Andrea Giannone, uno degli organizzatori – e come nel mondo birra molti si sbizzarriscono con le loro ricette, perché il distillato lo permette. Ci sono Gin che hanno caratteristiche studiate per cocktail particolari”.

Il successo del Gin è strettamente legato alla cultura della miscelazione, il distillato agricolo con aggiunta di bacche di ginepro (il cui gusto deve essere predominante) è uno degli ingredienti principali dei cocktail più famosi del mondo. Oggi anche in Italia ci sono sempre più locali dove si può accompagnare il cibo a un buon cocktail invece che a un calice di vino. Insomma non solo aperitivo.

Inoltre due tra i bar più famosi di Londra hanno bar tender italiani: Ago Perrone al Connaugh bar (dove ha lavorato anche il fratello di Federica Pellegrini) e Alessandro Palazzi al Dukes: italians do it better anche se il Gin ha fama di essere il distillato preferito dagli inglesi, tanto che si dice che ancora oggi la Regina non si neghi un bicchierino rigorosamente liscio.

Le prime notizie su un distillato alcolico con bacche di ginepro arrivano proprio dall’Italia per opera dei monaci della Scuola Medica Salernitana (operativa già nel IX secolo) che disponevano di un ricco orto botanico, anche se ufficialmente il Gin moderno nasce in Olanda nel 1600.

Insomma se oggi il Gin è tornato ad essere prodotto in Italia (numeri infinitesimali rispetto alla produzione mondiale) c’è anche una ragione storica. Il movimento dei Gin artigianali è nato circa dieci anni fa: parliamo di produzioni che vanno da meno di mille a cinquemila bottiglie l’anno, nella maggior parte dei casi distillati prodotti da distillerie che lavorano conto terzi. La distribuzione geografica è equilibrata, si va dalla Valle d’Aosta fino alla Sicilia.

Domenico Dragone della Distilleria Calabrese

Alla fortuna di un Gin made in Italy contribuisce in modo importante la nostra biodiversità. Cosi in Calabria il Vecchio Magazzino Doganale, specializzato nella produzione di amari, si è buttato sul Gin usando esclusivamente prodotti del territorio. “Abbiamo una quantità di botaniche uniche al mondo e non potevamo non sfruttarle”, racconta Domenico Dragone, brand Manager, “nel nostro prodotto principale che si chiama Gil , abbiamo ben tredici erbe, quattro sono in distillazione, ginepro, angelica, assenzio e fiore di sambuco, le altre aggiunte successivamente: limone, arancio, pompelmo, bergamotto, origano, lavanda e aloe. La quinta essenza della Calabria. Poi abbiamo anche un prodotto particolare che si chiama Torbato Italiano dove prima della distillazione il ginepro viene a contatto con la Torba della Sila, secondo il procedimento con cui si fanno certi whisky di puro malto. Dedicato alla miscelazione, ma intrigante anche liscio”.

 

Da Sud a Nord si arriva in Brianza dove i fratelli Eugenio e Nicolò Belli hanno aperto con coraggio la loro distilleria: “Abbiamo cominciato come hobby casalingo con un piccolo alambicco facendo esperimenti per noi e per gli amici. Era scontato che gli amici apprezzassero, anche per cortesia, ma quando un assaggiatore estraneo ci ha fatto i complimenti si è accesa una lampadina! In due anni abbiamo aperto la nostra distilleria che lavora anche conto terzi e oggi abbiamo sei tipologie differenti”. Si va dal classico London Dry a quattro edizioni limitate che prendono nome dalle quattro stagioni utilizzando, appunto, botaniche stagionali. La capacità produttiva è arrivata a oltre dodicimila bottiglie, cinquemila a marchio Eugin, le altre per altre etichette, anche con produzioni minime, inferiori alle mille bottiglie.

A caccia di prodotti particolari, legati al territorio, ecco i ragazzi di Tom Time che hanno casa nel Parco Regionale di Montevecchia, in Brianza. Tom Time nasce da una costola dell’azienda vinicola La Costa e grazie anche alla produzione dell’agriturismo di famiglia usa botaniche che crescono attorno a Montevecchia. Oltre al Ginepro vengono la ricetta comprende Rosmarino, legno di Abete rosso, pigne di Cipresso e una pianta che si chiama Regina dei Prati.

Federico Leone, titolare del “VII Hill”

C’è infine chi ha trovato una dimensione internazionale, una prodizione importante, come il Seven Hills che viene distribuito anche in Gran Bretagna, India e Grecia. “Volevamo un classico London Dry che fosse prodotto con solo ingredienti italiani, proprio per ricordare gli anni doro del Gin prodotto qui”, racconta Federico Leone, Global Ambassador, “sulla bottiglia abbiamo la ricetta del Negroni Italiano perché anche Vermouth e Campari sono prodotti di casa nostra. Siamo arrivati a cinquantamila bottiglie che produciamo presso la Torino Distillati di Moncalieri: un impianto che può arrivare anche a diecimila bottiglie al giorno”.

C’è infine chi ha dato via libera alla fantasia non solo nella ricetta del suo Gin, ma anche nel packaging. È il caso di Engine, prodotto con ingredienti biologici in alta langa con aromi di salvia e limone. La passione per il mondo dei motori ha spinto Paolo Dalla Mora non solo a dare un nome che lo ricordasse, ma ha pensato di confezionale il suo distillato in una lattina che avesse le sembianze di una vecchia latta d’olio motore. Un’operazione non semplice perché per fare in modo che il Gin non si ossidasse è stata prodotta e brevettata una lattina apposta. Che così diventa unica al mondo.

 

 

Ricetta del Martini Cocktail di Alessandro Palazzi del Duke Bar di Londra:

 

Tutti gli ingredienti devono essere molto freddi, appena usciti dal frigo.

 

50ml di London dry gin

30ml di Vermouth

Buccia di limone

 

Usare il classico bicchiere da Martini Cocktail che vede essere molto freddo, appena uscito da frigo o riempito di ghiaccio che poi viene buttato

 

Sciacquare a lungo il bicchiere con il Vermouth che poi viene buttao

Versare il Gin

Spruzzare gli oli essenziali della buccia sul gin, passare la buccia sul bordo del bicchiere e infine metterla nel cocktail.

 

Se andate al Duke Bar Alessandro Palazzi viene direttamente al tavolo con il carrellino degli ingredienti a preparare il vostro Martini

 

Stefano Vegliani è stato per 29 anni la voce e il volto degli sport Olimpici per la redazione sportiva di Mediaset e Premium Sport. Ha inseguito Tomba su tutte le piste del mondo per due lustri, ha raccontato la carriera di Federica Pellegrini dalla prima medaglia olimpica nel 2004 allo strepitoso oro mondiale di Budapest. Ha puntato su Gregorio Paltrinieri quando in redazione lo guardavano con aria interrogativa, e non ha mai dimenticato l’iniziale passione per la Vela spiegando la Coppa America da Azzurra a Luna Rossa, e rincorrendo Soldini in giro per il mondo. Vegliani, giovane pensionato da settembre del 2017, ha “partecipato” come inviato a 16 Olimpiadi, l’ultima a Pyeongchang in Corea, impegnato con la squadra di Eurosport. Collabora a Il Foglio Sportivo e al sito www.oasport.it. Maratoneta sotto le quattro ore. Come molti e illustri inviati sportivi ha la passione per il buon cibo. Dopo aver inseguito Tomba assieme a Paolo Marchi collabora con Identità Golose dalla primissima edizione. Inizia oggi la sua collaborazione con il portale online di intrattenimento OaPlus, per il quale curerà ogni settimana una rubrica dedicata all’alta cucina.

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