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Paralimpiadi 2024: la competizione è inclusione

Paralimpiadi 2024: la competizione è inclusione. Grazie agli atleti paralimpici e agli influencer la disabilità non è più un limite. Messe in soffitta le narrazioni pietistiche e compassionevoli in voga fino a pochi anni fa, le paralimpiadi parigine segnano un netto cambio di sguardo del pubblico sulla disabilità, che non più vista come un limite dell’individuo, ma come un limite della società nell’includerlo e garantirgli di fare ciò che fanno tutti, compreso competere e vincere.

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Paralimpiadi 2024: la competizione è inclusione. Grazie agli atleti paralimpici e agli influencer la disabilità non è più un limite. Messe in soffitta le narrazioni pietistiche e compassionevoli in voga fino a pochi anni fa, le paralimpiadi parigine segnano un netto cambio di sguardo del pubblico sulla disabilità, che non più vista come un limite dell'individuo, ma come un limite della società nell'includerlo e garantirgli di fare ciò che fanno tutti, compreso competere e vincere.
Crediti foto bebe_vio Instagram

Si sono da poco concluse le paralimpiadi 2024 con un risultato molto positivo per l’Italia, arrivata sesta con 71 medaglie (24 ori,15 argenti e 32 bronzi). Il punto centrale di questa edizione però non è la quantità delle medaglie vinte, ma dell’instaurarsi di un nuovo modo di narrare e percepire gli sportivi paralimpici, che sono passati da atleti raccontati con un malcelato senso di compassione ad atleti di cui si mette in risalto la qualità agonistica e la voglia di vincere. Una narrazione diversa e persino opposta a quella riservata agli atleti olimpici, che invece in quest’edizione hanno rivendicato il diritto alle proprie fragilità, a gioire anche se non saliti sul podio, alla rinuncia alla competizione per la medaglia in favore del vincere contro i propri limiti fisici e psicologici. Proviamo a vedere cos’ha portato a questo diverso modo di narrare le paralimpiadi.

Bebe Vio e il diritto di tutti alla competizione

Quest’edizione delle paralimpiadi si era aperta con una richiesta da parte della fiorettista Bebe Vio: quella di capire che l‘atleta paralimpico scende in campo per vincere, non per partecipare. Questa puntualizzazione nell’intenzione della celebre fiorettista era rivolta in particolare alla stampa sportiva e al modo in cui aveva narrato le precedenti paralimpiadi, in cui era palpabile il senso di compassione per gli atleti con disabilità, presentati come sportivi di serie B che vorrebbero ma non possono essere come i loro colleghi olimpionici, e quindi si concede loro il “contentino” di costruirgli una competizione ad hoc perché possano sentirsi anche loro accettati come atleti. Contro questa narrazione infantilizzante e umiliante, Bebe Vio ha chiesto un netto cambio di tono, che incredibilmente (per chi conosce il conservatorismo della stampa italiana) c’è stato.

Non solo Bebe Vio, il lavoro fatto dagli influencer sulla narrazione della disabilità

Il successo dell’appello di Bebe Vio però è solo la punta dell’iceberg di un lungo lavoro di sensibilizzazione sul tema della disabilità svolto sui social. Influencer come Marina Cuollo, Simone Riflesso, Chiara Bordi, Sofia Righetti e molti altri hanno, ognuno con il proprio stile, creato un modo diverso di guardare e narrare la disabilità, e per farlo hanno mostrato la loro quotidianità su Instagram e TikTok. L’interessante di questa nuova narrazione è il fornire al pubblico un’angolazione fresca ed inedita su attività quotidiane e routinarie, dal salire in ascensore, al recarsi dal medico fino ad avere a che fare con la burocrazia, mostrando come queste attività banali siano spesso difficoltose per un  disabile non per i problemi oggettivi dati dalla sua condizione, ma per l’ignoranza, la stupidità e la negligenza delle cosidette persone “normali”.

Non esiste l’impossibile per le persone con disabilità

I temi toccati da questi influencer e content creators sono i più disparati: cosa significano inclusione, sessualità, leggi, pregiudizi culturali, viaggi, cibo. Poco importa quale sia il tema toccato, il punto di partenza di questi influencer è l’idea che non esista in sé qualcosa di impossibile per la persona con disabilità, ma che sia l’ambiente sociale, sia materialmente che culturalmente, a rendere impossibile qualcosa alla persona con disabilità. Facciamo un esempio banale: una persona che si muove in sedia a rotelle può benissimo uscire di casa e decidere di andare al mare, non è il muoversi in sedia a rotelle ad impedirglielo; ciò che le impedisce di farlo in tranquillità sono le mille difficoltà create dall’ambiente: dall’autobus senza rampa, passando per gli stabilimenti balneari non attrezzati, fino ad arrivare agli sguardi di disapprovazione dei “normali” che si ritengono offesi a vedere in spiaggia un corpo in costume da bagno non conforme ai canoni estetici maggioritari.

Il successo della nuova narrazione presso i “normali”

Questo enorme lavoro di sensibilizzazione avrebbe avuto poco successo, se non si fosse inserito in un contesto sociale molto più sensibile al tema dell’inclusione del diverso rispetto al passato. Nonostante a livello legislativo e finanziario, negli ultimi anni, ci sono stati ben pochi passi avanti sul tema della disabilità, a cambiare in maniera radicale è stata l’idea di inclusione: se fino a poco tempo fa era sufficiente fare partecipare la persona con disabilità agli eventi come contentino per non farla sembrare esclusa, oggi si fa largo l’idea che includere la persona con disabilità significhi creare le condizioni materiali e culturali perché si goda appieno l’evento, l’esperienza, la festa, ecc senza essere aiutata nel farlo e senza quindi essere oggetto di compassione da parte dei “normali”.

Le paralimpiadi non sono il punto di partenza, ma l’istituzionalizzazione

Ecco dunque che la richiesta di Bebe Vio di guardare agli atleti paralimpici come atleti che vogliono competere e vincere e non come meri partecipanti felici di poter fare anche loro cose da “normali”, giunge a coronare un lungo lavoro di sensibilizzazione svolto sui social e che ha avuto successo. Un successo per certi versi inaspettato e che ha incontrato alcune sacche di resistenza fra il pubblico più conservatore, ma che ha visto per una volta il mondo della stampa adeguarsi al mutamento di sensibilità senza inutili polemiche e rimpianti di quando era il giornalista a creare nuovi modi di scrivere e descrivere i fenomeni sociali.

Il futuro

Probabilmente in futuro si vedrà un’estendersi e un radicarsi sempre più in profondità del nuovo modo di percepire e narrare la disabilità che abbiamo descritto. Per valutare la portata dell’evoluzione del fenomeno la prossima edizione delle paralimpiadi sarà un appuntamento determinante. A preoccupare piuttosto è se questo cambio di prospettiva del pubblico avrà un impatto sulle leggi e soprattuto sulle risorse pubbliche investite per creare una società più inclusiva, dato che il cambio di narrazione è sicuramente un fattore positivo e incoraggiante, ma senza un adeguato supporto finanziario il tutto rimane confinato ai media e ai social, lasciando le difficoltà quotidiane delle persone con disabilità drammaticamente uguali al passato.

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