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Rimbaud & Verlaine. Uniti in vita e separati in morte

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Una questione “poetica” avvolge il mondo intellettuale nella Francia del Covid, una questione irrisolta che viene promossa in un periodo in cui la poesia sembra anni luce lontana dalla realtà, ed invece pone un quesito tanto attuale quanto “maledettamente” colto: riunire due amanti, tra i più celebri della letteratura di sempre a Parigi, al Panthéon: Arthur Rimbaud (morto a Marsiglia proprio il 10 novembre di 129 anni fa) e Paul Verlaine.

I due poeti furono amanti per alcuni anni, protagonisti sul finire dell’ 800 di una storia di forte passione e profondo tormento, fatta di versi poetici, assenzio, fumo, ma anche di pistole, scandali e libertinismo. Rimbaud aveva 17 anni mentre Verlaine, più grande, era addirittura sposato.

Il cantautore Roberto Vecchioni li racconta così nella sua canzone “Arthur Rimbaud“: “La miseria di una stanza a Londra/Le fumerie di Soho/Ribaltare le parole/invertire il senso/Fino allo sputo/Cercando un’altra poesia/E Verlaine che gli sparava e gli gridava/Non lasciarmi, no, non lasciarmi, vita mia (…) Ho visto tutto e cosa so/Ho rinunciato, ho detto no/Ricordo a malapena quale nome ho/Arthur Rimbaud…

La Petizione, che mira a riunire le tombe dei due “poeti maledetti” nel cimitero di Parigi dove riposano i grandi della letteratura francese, è stata lanciata dall’editore di una biografia di Rimbaud, dal giornalista e saggista Frédéric Martel e dallo scrittore Nicolas Idier, ed è stata firmata e condivisa da alcuni intellettuali e personaggi rilevanti come i nove ex ministri della Cultura (tra i quali Jack Lang, Frédéric Mitterrand e Aurélie Filippetti), la responsabile in carica, Roselyne Bachelot, la stilista Agnès b., l’ex sindaco Bertrand Delanoë, gli scrittori Daniel Mendelsohn e Annie Ernaux e il filosofo Edgar Morin.

Nella petizione si precisa che “Rimbaud è sepolto nella sua città natale di Charleville-Mézières (Ardenne), che odiava, e nella tomba di famiglia, accanto al cognato, suo nemico e usurpatore. Verlaine, invece, riposa nel cimitero di Batignolles a Parigi, anche lui nella tomba di famiglia, vicino alla tangenziale sotto orribili fiori di plastica. È così che la Francia onora i suoi più grandi poeti?”

Ma la proposta non è condivisa da tutti, come spiega lo scrittore italiano Erri de Luca: “Odiavano quel posto“. Ma non è il luogo il vero oggetto della discussione, quanto il legame tra i due poeti. La pronipote Jacqueline Teissier-Rimbaud minimizza affermando che se i due poeti entrassero insieme al Panthéon «tutti li penserebbero subito ‘omosessuali’, ma non è vero. La loro relazione rappresenta solo qualche anno della loro giovinezza».

Anche il presidente dell’ associazione Les Amis de Rimbaud ricorda che «Rimbaud aveva rotto con Verlaine, non evocava volentieri quegli anni e voleva un’altra vita, cosa che ha ottenuto partendo per l’Africa dove ha vissuto con una giovane donna».

E così Frédéric Martel cerca di risolvere:«Potremmo trasferirli nello stesso momento ma non insieme, non come se fossero rimasti una coppiaPerò Rimbaud e Verlaine meritano quel riconoscimento, e alla Francia farebbe bene. Proprio perché erano bohème».

Ci sarebbe da chiedersi: come può una storia d’amore, di più di 100 anni fa, fare paura ancora oggi? Perché le etichette risultano ancora così scomode e rilevanti? Cosa c’è di male in quei sentimenti? Cosa si nasconde dietro a tale reticenza e quali sono le speranze celate dietro ad una condivisibile richiesta? E se fosse proprio in virtù di quell’amore tormentato degli anni giovanili che i due hanno spinto la propria arte verso livelli così eccelsi e se fosse proprio quello che hanno vissuto e provato insieme ad aver ispirato i loro versi e ad aver smosso la loro creatività. E se il loro esempio avesse un messaggio nonostante tutto importante da consegnare alla società contemporanea?

E’ certo che un tale confronto sull’arte, sulla storia di due personaggi emblematici, due amanti della poesia, due rivoluzionari della letteratura, in un momento come questo, può solo far bene e ridà alla cultura quel minimo di dignità e centralità, che sembrava, ahimè, perduta.

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