LGBT
Orville Peck lotta e vince con gli stereotipi in “Pony”
Nell’esordio discografico il cantante canadese mutua l’iconografia del cowboy e con un sound tagliato con l’accetta. Buona la prima.
La genialità sta tutta nel giocare con gli stereotipi musicali ed estetici e, contemporaneamente, rivoluzionarli. Un compito difficilissimo ma efficace quello portato avanti da Orville Peck, artista canadese che ha pubblicato il 22 marzo del 2019 per Sub Pop Records “Pony“, la sua prima produzione discografica ad ampio respiro.
L’obiettivo? Avvicinare la musica country al pop, ribaltando l’iconografia del cowboy proponendone una versione squisitamente queer, quindi con cappello ma con una maschera in latex dotata di lunghe frange che arrivano fino al petto. Tutto fuorché Trash. “Pony” è un disco, comunque, country a tutti gli effetti, di impronta indie. La voce caldissima e duttile dell’artista rapisce l’ascoltatore già dall’iniziale “Dead of night“, passaggio che unisce un approccio vocale quasi retrò al twang della chitarra impreziosito da un inciso calibrato e iconico.
Se alcuni frammenti ricordano le tonalità da contralto di Lana Del Rey (come la strofa di “Winds Change” e l’intera “Queen of the Rodeo”), in altri riemergono echi di Chris Isaak, Morissey e Timber Timbre; tra gli episodi più interessanti impossibile non citare l’incalzante “Buffalo run” e le più vintage “Kansans (Remembers me now)” e “Roses Are falling“.
Trasportando visivamente il suono di Peck, si potrebbe riproiettare in una delle pellicole di Joel ed Ethan Coen, di quell’America di tanti anni fa così nostalgica, così velata, così beffarda. Davvero interessante.
VOTO: 8/10
AGGETTIVO: CORAGGIOSO
TRACKLIST:
1. Dead of Night
2. Winds Change
3. Turn to Hate
4. Buffalo Run
5. Queen of the Rodeo
6. Kansas (Remembers Me Now)
7. Old River
8. Big Sky
9. Roses Are Falling
10. Take You Back (The Iron Hoof Cattle Call)
11. Hope to Die
12. Nothing Fades Like the Light
ARTISTA: ORVILLE PECK
ALBUM: PONY
ANNO: 2019
ETICHETTA: SUB POP RECORDS
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