Attualità
La tragedia di Giovanna Pedretti si poteva evitare?
La triste scomparsa della ristoratrice dimostra come chiunque possa essere schiacciato dai social, ed è il tragico risultato di una serie di meccanismi tossici, che vanno dalla Politica a TripAdvisor, passando da influencer che vanno contro gli influencer. Proveremo ad analizzarli nel dettaglio
La triste scomparsa della ristoratrice Giovanna Pedretti è il tragico risultato di una serie di meccanismi tossici, molto più stratificati e ramificati di quanto non appaia dalla maggior parte delle letture forniteci dai media mainstream. Proveremo a riassumerli.
TripAdvisor
TripAdvisor è un portale statunitense di prenotazione, recensione e contenuti relativi a tutto ciò che ha a che fare con i viaggi. Nell’economia del portale le recensioni degli utenti sono fondamentali, perché forniscono all’utente indicazioni “neutre” per scegliere dove alloggiare o dove mangiare. Il problema è che le recensioni “pure” rilasciate da utenti disinteressati sono relativamente poche, mentre la maggior parte delle recensioni sono “interessate”, cioè commissionate da proprietari di alberghi e ristoranti sia per farsi pubblicità positiva, sia per danneggiare concorrenti inondandoli di pubblicità negativa. Fra l’altro TripAdvisor propone un servizio a pagamento alle aziende iscritte per “nascondere” le recensioni negative, quindi ha tutto l’interesse economico a far sì che queste abbondino, poco importa se siano “vere” o “comprate”. TripAdvisor è il portale che ha fornito il modello di businness poi copiato da quasi tutti gli altri portali che vendono servizi e prodotti sul web, fra cui Google recensioni in cui è stato pubblicaot il presunto post omofobo e abilista a cui la signora Pedretti ha risposto su Facebook.
I quotidiani online e offline
Nel caso Pedretti i giornali che hanno dapprima incensato e poi messo alla gogna la ristoratrice non hanno verificato se la famosa recensione omofoba e abilista sia un fake o meno. Non l’hanno fatto per una serie di motivi:
A) Il ciclo di una notizia ai tempi dei social varia dai 3 ai 7 giorni, e per ottenere la risposta da Google se la recensione o meno fosse mai stata postata ci sarebbero volute settimane. Sia che la recensione fosse realmente esistita sia nel caso contrario, i risultati del fact checking sarebbero giunti quando ormai la vicenda non sarebbe interessata più a nessuno.
B) I giornalisti che producono le notizie sono pagati a pezzo, e il compenso per il singolo pezzo si aggira fra i 10 e i 20 euro lordi (quando va bene). Questo implica che se dovessero anche fare fact checking perderebbero troppo tempo a singolo articolo, e quindi non guadagnerebbero nulla, ergo è diventata una prassi consolidata il non controllare più alcuna fonte, ma basarsi unicamente sulle info che si trovano sul web, spesso scritte da altri giornalisti che hanno fatto il medesimo ragionamento. Questo genera un sistema perverso per cui larghissima parte delle notizie che leggiamo sono rimasticature di dicerie non verificate che circolano nel web.
C) Quando un argomento diventa trend topic (come appunto lo è stata la risposta della Pedretti alla presunta recensione) i direttori delle testate chiedono ai giornalisti di produrre il più velocemente pezzi per coprire il trend. Per farlo i giornalisti devono necessariamente distorcere, ingigantire, infiorettare i fatti per riempire lo spazio assegnatogli, poiché l’articolo deve uscire il più presto possibile per battere sul tempo la concorrenza e generare visualizzazioni, che servono a vendere spazi pubblicitari online.
Il Marketing dei valori
Da anni i brand – dalle multinazionali agli influencer, fino al bar sotto casa – per promuovere la loro attività utilizzano valori “politici” per contendersi i consumatori. Poiché esiste una forte competizione nel settore, le agenzie utilizzano storie inventate ad hoc per i clienti in cui il capo dell’azienda committente, un dipendente dell’azienda oppure un cliente fedele compiono atti inclusivi verso le minoranze oppure difendono membri delle minoranze da insulti sessisti, omofobi, abilisti. Molte di queste storie sono palesemente false, altre hanno una parte di verità e una di finzione, altre ancora sono vere ma ingigantite. Non sappiamo se la Pedretti volesse fare marketing o meno del proprio locale, né se la recensione esistesse o meno (la polizia lo sta accertando), né se fosse stata scritta così come riportata dal suo screenshot o no. Ciò che sappiamo è che la ristoratrice è finita nel generale discredito in cui è finito questo tipo di marketing, discredito che in Italia ha recentemente raggiunto il suo culmine con l’affaire Balocco che ha travolto la Ferragni.
La Politica
Appena la risposta della Pedretti è diventata virale sul web, i vari schieramenti politici hanno cominciato ad interessarsi a lei perché fra 6 mesi si vota per le elezioni europee, e quindi è iniziata la campagna elettorale. Per questo la sua risposta ha ricevuto una forte attenzione da parte dei media collegati ai grandi partiti, perché poteva essere utilizzata come “elettrice ideale” sia dai partiti di maggioranza che la potevano vendere come imprenditrice-lavoratrice attenti agli ultimi, sia dall’opposizione che la poteva idealizzare come imprenditrice sensibile alle istanze delle minoranze ignorate dall’attuale esecutivo. In entrambi i casi ai partiti e ai media a loro collegati poco interessava chi fosse Giovanna Pedretti e perché avesse pubblicato quello screenshot: l’unico interesse che avevano nei suoi riguardi era quello di utilizzarla come fonte di pubblicità per 3 giorni o una settimana per poi passare ad un altro “elettore ideale” e compiere la stessa operazione.
Selvaggia Lucarelli e partner: l’influencer contro gli influcencer
L’influencer Selvaggia Lucarelli si è recentemente specializzata nel debunking di raccolte fondi, campagne di marketing etico, diventate virali. Poco importa se tali campagne sono condotte da professioniste milionarie come Chiara Ferragni o da modeste ristoratrici come la Pedretti: il lavoro che svolge la Lucarelli è mettere in dubbio quello che i promotori delle campagna scrivono sui loro profili social e che i giornali molte volte riportano acriticamente. La Lucarelli svolge un lavoro di factchecking? No, perché sarebbe troppo lungo e non porterebbe abbastanza visualizzazioni al suo profilo e a quello dei media con cui collabora, si limita a porre dei dubbi sulle narrazioni ufficiali, lasciando che poi altri svolgano questo compito. Quello che fa nella pratica la Lucarelli quindi è fare l’influencer che mette in dubbio la moralità di altri influencer, aspiranti influencer e persino persone (come la Pedretti) che non volevano diventare influncer, ma sono finite nel sistema per sbaglio.
In estrema sintesi: la tragedia capitata alla ristoratrice Giovanna Pedretti è la somma di una serie di sistemi economici, culturali e politici disfunzionali, che hanno inghiottito e tritato una donna che non li conosceva e probabilmente nemmeno voleva finirci in mezzo, ma ci è capitata perché questi sistemi disfunzionali si nutrono di persone come lei.