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Kingdom come deliverance 2 spacca il web

Kingdom come deliverance 2 spacca il web. Il gioco di Warhorse dimostra la voglia del pubblico di scappare dal 2025 senza voltarsi indietro. Un pubblico finora ignorato dalle grandi produzioni dell’industria culturale, ma che ha i numeri e la capacità di spesa per diventare un target che in futuro cinema, musica e grosse case videoludiche si contenderanno.

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Kingdom come deliverance 2 spacca il web. Il gioco di Warhorse dimostra la voglia del pubblico di scappare dal 2025 senza voltarsi indietro. Un pubblico finora ignorato dalle grandi produzioni dell'industria culturale, ma che ha i numeri e la capacità di spesa per diventare un target che in futuro cinema, musica e grosse case videoludiche si contenderanno.
Crediti foto kingdomcomerpg Instagram

In un mercato dei prodotti d’intrattenimento dominato dalle megaproduzioni, il caso di Kingdome come deliverance 2 (d’ora in poi KCD2) rappresenta un’anomalia estremamente interessante. Il gioco sviluppato dai Warhorse studios con un budget di appena 40 milioni di dollari (praticamente un low budget per i videogiochi contemporanei), è riuscito a vendere 2 milioni di copie in una settimana e a suscitare interesse perfino nella stampa non specializzata. Vediamo che succede.

Dio li fa e poi li ammorba

KCD2 è un gioco di ruolo che si propone di simulare, in maniera più fedele possibile, la vita di un uomo del basso medioevo. Ambientato nel centro europa del XV° secolo, più nello specifico nella Boemia alle prese con la guerra civile per problemi di successione dinastica, KCD2 ci fa impersonare un giovane fabbro diventato soldato per vendicare il massacro della sua famiglia. Fin dalle prime ore di gioco è evidente l’estrema cura con cui è stato rappresentato il medioevo boemo: dai vestiti ai volti, passando per le architetture e le armi, ogni cosa è stata creata per immergere il giocatore in un mondo lontano ed opposto a quello contemporaneo. Guerra, amore, difficoltà nel reperire il cibo salubre, violenza diffusa, dispute teologiche, tutto ciò che abbiamo letto nei saggi dei grandi studiosi del medioevo ci viene riproposto fedelmente, mentre noi partecipiamo ed eventi infinitamente più grandi di noi.

L’orgoglio del fattore

Chi non è appassionato di GDR o persino di videogiochi potrebbe giustamente chiedersi perché KCD2 ha fatto il botto. Che fascino può esercitare su un pubblico di massa l’occuparsi di cibare, vestire e far lavare un soldato medievale? L’interessante è proprio questo: il fascino del gioco sta nel suo essere inattuale. Proprio mentre in Occidente siamo letteralmente sommersi da contenuti sui veri o presunti problemi del giorno, bombardati di prodotti culturali che pretendono di essere innovativi e la cui influenza non dura più di una settimana, KCD2 ci costringe a fare i conti con dispute teologiche millenarie, malattie che hanno ammorbato l’umanità fino all’altro ieri (ad esempio la tenia, volgarmente conosciuta come il verme solitario), l’onnipresenza dei lupi e dei briganti che è stato l’incubo dei nostri avi fino al 1800. Ma questa è solo la superficie.

Il woke nel trogolo

Andando più in profondità KCD2 tocca problemi contemporanei trattandoli in maniera inaspettata. Le polemiche che ne hanno aumentato l’hype a dismisura prima dell’uscita  riguardano infatti il suo inserirsi (in maniera involontaria) nel calderone delle cultural wars statunitensi. Cosa significa? Come in ogni GDR che si rispetti, in KCD2 il nostro personaggio può scegliere chi e come amare, quindi se essere etero o bisessuale (l’omosessualità pura in realtà non è contemplata, anche se ci sono personaggi secondari che hanno questo orientamento). Questo ha innescato pesanti polemiche da parte dei blog, degli influencer e dai vblog statunitensi, con qualche pallida eco nelle controparti europee. Polemiche puramente strumentali, dato che KCD2 contestualizza la bisessualità e l’omosessualità all’interno della società basso medievale europea, e quindi si può sì scegliere di avere rapporti con uomini, ma questi devono rimanere ben nascosti, pena pesanti punizioni corporali o persino il pericolo di morte. Insomma nulla a che vedere con la celebrazione dei diritti e dell’orgoglio LGBTQI+ contemporaneo, ma nemmeno il tentativo di eliminare la sessualità non etero inventandosi un medioevo cristianissimo dove queste cose “non esistevano”.

Quanto è bello non essere nel 2025

Se l’essere inserito a forza nelle cultural wars d’oltreoceano ha dato una grossa spinta iniziale a KCD2, a decretarne il successo è stato il passaparola dei giocatori. Questo passaparola si basa su alcune caratteristiche che vale la pena di rimarcare: fedeltà storica, amore per i dettagli, lentezza dell’esperienza, accuratezza nella ricostruzione delle psicologie medievali. Tutti fattori che i prodotti culturali contemporanei ignorano, puntando su contenuti immediati, di rapidissimo consumo, pensati per inserirsi nella polemica del giorno. KCD2 dimostra quindi che esiste un vasto pubblico interessato ad un tipo di prodotto culturale che il mercato non fornisce, e non parliamo solo di quello videoludico, ma anche di quello musicale e cinematografico. Un mercato che è disposto a passar sopra a tanti difetti dettati dal low budget, pur di avere un’esperienza totalizzante che lo porti lontano dall’Occidente del 2025.

Tenetevi i razzi su Marte, noi c’abbiamo il cavallo

Il successo di KCD2 quindi è interessante non per il prodotto in sé, ma perché dimostra l’esistenza di un’ampia fascia di consumatori pronti a spendere dai 50 agli 8o euro pur di avere il prodotto che vogliono. Una fascia trasversale per età e collocazione sociale, unita dal desiderio di uscire per qualche ora dal mondo contemporaneo. Un target per ora non sfruttato, ma che potrebbe essere oggetto di nuove indagini e nuovi prodotti ad hoc nel prossimo futuro, per chi sappia interpretarne i desideri e i bisogni.
Del resto un mondo che discute di quando si colonizzerà Marte, perché non dovrebbe essere intrigato da un mondo in cui la distanza fra due universi radicalmente diversi era data dai km percorsi a  cavallo in una settimana?

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