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Il body shaming è il nuovo problema di Hollywood?
Il body shaming è il nuovo problema di Hollywood? Dalla Brown alla Gomez, gli attacchi online ai corpi della star si fanno più frequenti. Le star si lamentano ormai di essere vittime di vero e proprio cyberbullismo, mentre gran parte del pubblico e della stampa sostiene che la critica al corpo di un personaggio pubblico cade sotto il diritto alla libertà di parola, diritto che le star e le loro fanbase vorrebbero limitare.

Ormai non passa giorno in cui una qualche star di Hollywood non si lamenti di essere vittima di bodyshaming. Le ultime in ordine di tempo a protestare per i commenti negativi sul proprio corpo sono state Millie Bobby Brown a Selena Gomez, che hanno perfino sostenuto di essere vittime di cyberbullismo da parte di alcuni fan e di alcune testate giornalistiche. La Gomez e la Brown sono due casi molti diversi, che dimostrano quanto il body shaming sia ormai un termine ombrello, che mischia pratiche e discorsi molto diversi fra loro. Vediamo che succede.
Cos’è il body shaming
E’ difficile circoscrivere esattamente il termine body shaming. La definizione più comune è il colpire un qualsiasi aspetto fisico di una persona in quanto non conforme ai canoni estetici maggioritari in una data cultura. Il body shaming teoricamente contrasta con il diritto alla libertà di parola perché colpisce aspetti del fisico non modificabili (comprese malattie e conformazioni genetiche), trasformando così il diritto al dire la propria in una forma di violenza gratuita sul prossimo.
I social amplificano a dismisura la tendenza al body shaming verso le star, poiché fra l’oggetto del commento e chi lo scrive c’è una distanza siderale sia in termini di spazio, sia in termini di classe sociale e status, dando così l’illusione di poter dire ciò che si vuole dato che l’oggetto del commento è troppo distante per essere toccato dall’offesa. Le proteste delle star dimostrano che questa distanza loro non la sentono, e qui entra in gioco la questione cyberbullismo.
L’empatia non si prova per le dee
Millie Bobby Brown sostiene che quello verso di lei sia vero e proprio cyberbullismo. Un’accusa molto grave, poiché il cyberbullismo è un attacco protratto nel tempo da parte di gruppi organizzati di persone che prendono di mira un individuo isolato e più debole. Immaginare che l’ex star miliardaria di Stranger Things sia una ragazza sola ed emarginata è complesso, anche se è comprensibile lei possa percepirsi così. Il problema è che né la stampa né i leoni e le leonesse da tastiera gerarchicamente stanno sopra di lei, anzi, per reddito e status stanno molto al di sotto. Può dunque esserci una forma di cyberbullismo fatto da una massa di poveri, brutti ed invidiosi nei confronti di una star?
Questo è un problema nuovo, che gli specialisti nelle forme di violenza online non hanno ancora preso in considerazione poiché le loro riflessioni vertono intorno alle vittime anonime ed emarginate. Le star di Hollywood non rientrano evidentemente in questa categoria, secondo loro.
Il diavolo si nasconde nei dettagli
Fra l’altro i casi della Brown e della Gomez non potrebbero essere più diversi. La Brown è stata ferocemente criticata perché si è truccata in modo da mostrasi anagraficamente più grande, facendo quindi una precisa scelta di immagine pubblica e di marketing. Selena Gomez, invece, viene bersagliata per ingrassare e dimagrire troppo rapidamente, sali scendi di peso dovuti al lupus che l’affligge, una malattia cronica che lei può solo contenere e che inficia pesantemente la sua intera esistenza.
I casi quindi sono diametralmente opposti: la Brown viene massacrata per una sua scelta consapevole, la Gomez per una malattia cronica con cui è costretta a convivere. Il fatto che i casi siano stati trattati assieme dalla stampa e dagli influencer, come fossero la medesima cosa, dimostra quanto il termine body shaming ormai sia così onnicomprensivo da mischiare fenomeni molto diversi fra loro.
E allora non si può più dir nulla?
Fra i sostenitori della libertà di parola, domina l’idea che criticare il corpo delle celebrità sia un diritto inalienabile di ogni persona libera. Fa parte di quella libertà (tipicamente occidentale) di criticare i “potenti” senza subire censure e ritorsioni. Secondo quest’idea le star non potrebbero accusare i loro detrattori di body shaming, dato che non sono delle persone qualunque ma delle privilegiate che macinano soldi con la loro immagine pubblica, che essendo appunto pubblica dev’essere oggetto di libera critica.
Quest’idea presuppone che la star, quando appare in pubblico. sia un personaggio, e non una persona, e quindi le critiche e lei rivolte sarebbero al ruolo pubblico che interpreta, non alla sua persona. Un’idea che si adatta bene al caso della Brown, e che invece risula inapplicabile alla Gomez.
La mediazione impossibile
Come risulta evidente dal nostro discorso una mediazione fra le varie posizioni è impossibile. Non solo perché fra chi sostiene la libertà di critica e chi invece vede ogni commento negativo come un attacco ingiustificato alla persona non ci può essere dialogo, ma soprattutto perché tutti hanno bisogno di questo meccanismo tossico, per motivi differenti: i quotidiani e le riviste online perché gli attacchi feroci alle star macinano views, le star perché gli attacchi nei loro confronti fanno notizia e fidelizzano la community che si mobilita in difesa della propria amata, i leoni da tastiera perché possono sfogare frustrazione e rabbia repressa senza conseguenze sociali.
E’ un circolo vizioso in cui tutti guadagnano qualcosa, alimentando però un meccanismo tossico che si rivela socialmente pericoloso quando passa dall’attaccare le star ad attaccare le persone normali, tanto più se adolescenti.
Un’immagine che rende bene la tossicità e l’inevitabilità di queste dinamiche, è quella di una giostra che da tempo non ci diverte più, ma su cui dobbiamo imparare a stare perché non si può più scendere.