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FCA e il prestito garantito dallo Stato: giusto o sbagliato?

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Sta facendo discutere la richiesta di FCA (Fiat Chrysler Automobiles) di un prestito da 6,3 miliardi di euro, approfittando delle parziali garanzie offerte dallo Stato italiano. È vero che il gruppo ha sede legale e fiscale all’estero. Rispettivamente nei Paesi Bassi (Amsterdam) e nel Regno Unito (Londra). Ma è altrettanto vero che il decreto-liquidità non prevede che le aziende che richiedono il prestito abbiano queste sedi in Italia. Il problema sarebbe – infatti – più profondo e articolato.

Ma andiamo per gradi. La società nata nel 2014 dalla fusione dell’italiana Fiat S.p.A. e il gruppo statunitense Chrysler Group divide la sua produzione tra l’Italia e gli Stati Uniti. Il 16 maggio FCA ha rilasciato un comunicato stampa con il quale avvertiva che FCA Italy (ex Fiat, la parte italiana dell’azienda) aveva richiesto un prestito “volto a sostenere l’Automotive italiano” approfittando delle misure previste nel decreto-liquidità. Il comunicato sottolinea che la linea di credito sarebbe “destinata esclusivamente al sostegno della filiera dell’automotive in Italia, composta da circa 10mila piccole e medie imprese”.

FCA e i prestiti garantiti dallo Stato

Questo argomento ha suscitato delle perplessità e alcuni esponenti politici non hanno accolto favorevolmente la richiesta. C’è chi dice che per approfittare delle garanzie messe in campo dallo Stato, FCA dovrebbe riportare in Italia la sede legale e fiscale. Con il decreto-liquidità il governo italiano si è fatto -infatti – garante finanziario delle aziende italiane in difficoltà stanziando 750miliardi di euro. In questo modo le aziende possono ottenere dalle banche prestiti a condizioni più favorevoli. Se le imprese non saranno in grado di restituire il prestito richiesto, interverrà lo Stato coprendo tutto o parte del debito. Le medie e grandi imprese possono richiedere un prestito di massimo il 25% del loro fatturato. Le garanzie statali per queste imprese riguardano l’attività produttiva che si svolge in Italia.

Chi è a favore

Tornando a FCA, il prestito a condizioni agevolate di 6,3miliardi corrisponde al 25% del fatturato della sola FCA Italy che paga in Italia le tasse relative alle attività che ha sul territorio nazionale. Chi condivide le ragioni di FCA per chiedere un prestito approfittando delle garanzie dello Stato italiano lo fa perché sostiene che i benefici non riguarderebbero soltanto la società, ma anche i dipendenti, i fornitori, l’intero comparto automobilistico e l’economia italiana in generale. Ne è un esempio Matteo Renzi affermando con un tweet che si sarebbe preoccupato se il gruppo non l’avesse richiesto. Effettivamente, il comparto dell’automobile in Italia non andava bene anche prima del Coronavirus.

Chi è contro

Chi invece si schiera contro sottolinea il fatto che il gruppo FCA ha la sede legale ad Amsterdam e quella fiscale a Londra, destinazioni scelte da molte multinazionali. A questo proposito Carlo Calenda ha risposto al tweet di Renzi spiegando le sue ragioni in tre punti. Rispondendo ad una domanda il premier Conte ha ricordato che avere la sede legale e fiscale in Italia non sono requisiti necessari per ottenere le garanzie statali e che parte delle attività di FCA sono in Italia, ma il problema non è solo questo.

La questione

I punti nevralgici della questione sono due: l’annunciata, ma non ancora avvenuta, fusione con PSA il gruppo Peugeot e Citroën (di cui è azionista anche lo Stato francese) che potrebbe non giovare alla produzione e all’occupazione in Italia in futuro, e la distribuzione degli utili del gruppo sotto forma di dividendi agli azionisti. In altre parole, invece di distribuire il guadagno a chi ha comprato le azioni del gruppo come una specie di premio in denaro (dividendi), un’impresa potrebbe decidere di re-investire il guadagno nell’azienda o di utilizzarlo per coprire perdite o debiti.

A questo proposito, il governo potrebbe imporre che non vengano erogati dividendi agli azionisti per i prossimi anni come condizione per accedere al prestito. Ma il tutto resta da vedere. Il prestito, infatti, non è stato ancora approvato.

 

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Crediti foto: LaPresse