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Edoardo Prati: l’influencer che ci sussurra in latino
Edoardo Prati: l’influencer che ci sussurra in latino. Prati è il trapboy che fa tremare l’asfittico mondo degli influencer culturali utilizzando un linguaggio e un look capace di rassicurare i boomer, per poi veicolare contenuti nuovi tipici della generazione Z. La sua rapida ascesa è costellata dalle polemiche con professori e docenti, indignati dal fatto che Prati sia divenuto un’autorità nel mondo della cultura senza aver nemmeno una laurea
Il mondo dei bookinfluencer e degli influencer della cultura è asfittico fin dalla sua nascita: presidiando un mercato di nicchia, promuovendo un prodotto che è in crisi di popolarità da decenni, si accontenta delle briciole economiche e di popolarità di prodotti molto più popolari come il cibo, il beauty e i viaggi. Ecco perché l’emergere di Edoardo Prati (classe 2004) è molto interessante: partendo da una nicchia scarsamente remunerativa e poco massmediale è riuscito ad estendere la sua popolarità presso altri target, e ora punta ad ottenere visibilità presso i media tradizionali (tv e quotidiani). Ma che cos’ha di così particolare Edoardi Prati, l’influencer che ci sussurra in latino?
Il trapboy del classico
La peculiarità di Prati è quella di portare alcune innovazioni tipiche del movimento trap in un ambito che è ideologicamente ostile tanto alla trap quanto alla figura dell’influencer alla Chiara Ferragni. Le innovazione che Prati apporta sono l’autoproduzione dei contenuti a bassissimo costo, il proporsi come esperto senza alcuna investitura da un’autorità tradizionale in un ambito in cui la laurea è il minimo sindacale per avere voce in capitolo, l’occuparsi di tematiche nuove e fortemente sentite dalla sua generazione (l’educazione affettiva, l’autocura psicologica) in un ambito dove prima queste tematiche erano ignorate o relegate in secondo piano.
Essere un Barbero senza università e senza laurea
La novità più evidente che Prati ha portato è anche quella più banale: è un influencer della cultura ma non ha una laurea. Da sempre gli influencer della cultura sono laureati nella materia di cui sono divulgatori, mentre Prati ha come unico titolo la maturità del liceo classico. La figura per antonomasia dell’influencer culturale italiano è Alessandro Barbero: stimato professore universitario di Storia Medievale all’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, grazie al suo prestigio accademico diventa consulente della trasmissione Superquark, impratichendosi così con la divulgazione televisiva. Solamente dopo questo lungo iter sancito ad ogni passo da un’istituzione prestigiosa (prima l’università e poi Superquark) è divenuto influencer, spendendo così su Youtube e Facebook l’autorevolezza accumulata in accademia e in tv. Prati sta facendo il percorso opposto: sta spendendo l’autorevolezza dei suoi 500.000 followers su Instagram e TikTok per accreditarsi nel mondo scolastico e televisivo. Esattamente lo stesso iter canonizzato dalla trap: sfondare sui social (Instagram) per poi far valere i propri followers con case discografiche e locali.
Dante maestro di rimorchio
Cosa ha permesso quindi a Prati di diventare un’autorità nel mondo degli influencer culturali se non ha alcun riconoscimento professionale? Due elementi: la capacità oratoria e l’aver capito che la cultura si vende solamente se collegata ai grandi problemi sociali del 2024, ossia l’educazione sentimentale e l’autocura psicologica. La missione dell’influncer culturale prima di Prati consisteva nel diffondere cultura per creare cittadini informati e attivi (ossia politicizzati), oppure l’amore dell’arte per l’arte e quindi aiutare a creare individui amanti del bello e del colto. Due obbiettivi che alla generazione depoliticizzata e pragmatica di Prati sembrano troppo astratti e privi d’attrattiva, ecco quindi che Edoardo ha l’idea geniale: utilizzare Dante per parlare dei problemi sentimentali e psicologici dei 20enni d’oggi. A questo punto però emerge la grande contraddizione: il suo approccio ideato per la generazione zoomer, sfonda presso i boomer.
Al “boomer” piace il vino nuovo nella botte vecchia
Basta vedere un suo reel per capire il perché Prati piaccia più ai “boomer” che agli zoomer: vestito ultraclassico da liceale di buona famiglia, dizione ricercata e intonazione copiata dal maestro Barbero, reel di un minuto e mezzo postati a cadenza lunga (ogni 2-3 giorni, una cadenza molto rilassata rispetto ai 3 reel al giorno di un influencer alla Ferragni), Prati rassicura il “boomer” angosciato dal non capire più i giovani d’oggi, che in fondo i giovani colti e di buona famiglia non sono diversi da com’era lui (o da come avrebbe voluto essere lui) a 20 anni. Tuttavia sotto l’immagine old style si nascondono novità non di poco conto: l’estrema semplificazione del complesso, il leggere i grandi classici come manuali dall’effetto immediato d’autocura, orientare la spiegazione del classico della letteratura in modo da impressionare l’ascoltatore e spingerlo a lasciare un commento e a condividere il reel, per generare l’engagment necessario a vendersi a tv e case editrici.
Polemiche, haters e detrattori
La rapida ascesa di Prati non poteva che generare polemiche e procuragli schiere di detrattori. I suoi più accaniti ed agguerriti detrattori sono proprio i seguaci degli influencer culturali vecchio stampo: rinfacciano a Prati la mancanza di una laurea, l’estrema semplificazione di contenuti complessi (Dante letto come psicologo del primo amore a loro avviso è demenziale), il tono assertivo e autoritario con cui sostiene che testi estremamente sfaccettati e controversi in fondo parlano di argomenti semplici riassumibili in un minuto di reel. Spesso a criticare Prati sono professori delle medie/superiori e docenti universitari, che hanno difficoltà a digerire la rapida ascesa di un adolescente senza gavetta ai vertici della divulgazione culturale. Nulla di diverso dalle polemiche fra la vecchia guardia rap italiana e la generazione trap insomma.
Quale futuro per il Goat?
Il fenomeno Prati è troppo recente per fare previsioni di lungo termine, ma una cosa è sicura: in pochi mesi ha già ottenuto quello che nell’ambito degli influencer culturali si ottiene in anni di carriera. Tour teatrali, collaborazioni pubblicitarie con case editrici prestigiose, interviste celebrative sui grandi quotidiani tricolori, ospitate tv: il golden boy di Rimini sta rapidamente bruciando le tappe e monetizza il successo con lo stesso pragmatismo del Ghali dei tempi d’oro. L’unico problema che potrebbe presentarsi nel breve periodo è l’inflazione d’immagine: l’essere l’unico influencer culturale della sua generazione ad aver sfondato porta i media tradizionali a rivolgersi sempre a lui, facendolo apparire ovunque e invitandolo a parlare di tutto e il contrario di tutto, trasformandolo in un tuttologo della cultura che è un ruolo difficile da sostenere alla lunga per un ragazzino di appena 20 anni.