Arte
E’ morto l’architetto Vittorio Gregotti, prima vittima eccellente del Coronavirus. Ai giovani aveva detto: “Non allontanatevi dalle vostre radici”
E’ morto a 92 anni a Milano, a causa di una polmonite provocata dal Coronavirus, Vittorio Gregotti, architetto e urbanista di fama internazionale. Fra i suoi progetti più noti figurano lo stadio di Barcellona, il teatro degli Arcimboldi di Milano, lo stadio di Genova e il nuovo quartiere residenziale di Shanghai. Uno degli ultimi progetti a cui aveva lavorato è stata la ristrutturazione dell’ex fabbrica del gruppo Ilva, trasformata nel Teatro Fonderia Leopolda, a Follonica, in provincia di Grosseto.
E’ la prima vittima illustre del virus Covid-19. Originario di Novara, Gregotti era professore ordinario di Composizione architettonica all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, ha insegnato anche nelle facoltà di Architettura di Milano e Palermo e poi all’estero. Come visiting professor, ha lavorato in Giappone, Stati Uniti, Argentina, Brasile e Regno Unito. Nel 1953 entra alla storica rivista mensile di architettura, urbanistica e design Casabella, di cui diventa direttore. Fra i suoi oltre 1.500 progetti, si ricordano anche l’ampliamento del museo d’arte moderna e contemporanea dell’Accademia Carrara a Bergamo, il ponte sul Savio a Cesena, l’acquario municipale Cestoni di Livorno e ancora, più di recente, la progettazione del nuovo edificio universitario alla Bicocca, a Milano, e la facoltà di Medicina della Federico II a Napoli. Suo anche il progetto del controverso quartiere Zen di Palermo, per il cui fallimento in fase di realizzazione l’architetto ha dato la responsabilità alle infiltrazioni mafiose negli appalti. Dal 1974 al 1976 è stato inoltre direttore delle arti visive ed architettura della Biennale di Venezia.
La Triennale di Milano, di cui e’ stato responsabile della sezione introduttiva nel 1964, gli ha conferito la medaglia d’oro alla carriera nel 2012. Così il presidente della Triennale, Stefano Boeri: “Se ne va, in queste ore cupe un maestro dell’architettura internazionale”.
Numerose anche le pubblicazioni firmate da Gregotti, fra cui La città visibile (Einaudi, 1991), Dentro l’architettura (1991), Le scarpe di Van Gogh (1994) e le più recenti Il sublime al tempo del contemporaneo (2013) e Il mestiere di architetto (2019).
In una delle sue ultime interviste al Corriere della Sera aveva detto: “Ormai ci chiedono solo di meravigliare. Ai giovani invece vorrei dire di non allontanarsi dalle nostre radici”.
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Crediti foto: LaPresse