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Svolta nel caso del cameraman Mario Biondo, nuovi accertamenti rivelano: “Non fu suicidio, non era solo in casa al momento della morte”. Torna prepotente l’ombra dell’omicidio

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Inizialmente l’indagine era stata archiviata come suicidio. La famiglia da anni non ha smesso di chiedere giustizia convinta si sia trattato di omicidio

Non era solo in casa il cameraman palermitano Mario Biondo quando morì impiccato nell’abitazione madrilena dove viveva con la moglie, la conduttrice televisiva spagnola Raquel Sanchez Silva.

La svolta di un giallo mai risolto, frettolosamente archiviato inizialmente come suicidio, potrebbe arrivare dal lavoro di Emme Team, un gruppo di consulenti legali e paralegali italo-americani che si occupa di casi irrisolti, incaricato di svolgere indagini difensive per conto della famiglia della vittima.

Ebbene, secondo l’equipe di lavoro, che ha già depositato gli esiti dell’inchiesta alla Procura generale, emergerebbe che Biondo, contrariamente a quanto scoperto finora, all’ora della morte non era solo in casa e che qualcuno ha usato la sua carta di credito in un locale notturno di Madrid, poco distante dalla sua abitazione, tra le 2:08 e le 2:53 del mattino.

Il caso-Biondo era stato inizialmente archiviato appunto come suicidio, ma ora è stato avocato dalla Procura generale di Palermo per ulteriori approfondimenti. La famiglia siciliana del cameraman da anni chiede giustizia, convinta che il figlio sia stato ucciso e non certo vittima di un gesto volontario. Tra le tante incongruenze, quel corpo appeso alla libreria con i piedi che toccano per terra, e la libreria stessa che incomprensibilmente non ha ceduto trascinata dal peso del giovane.

Ora dal lavoro di Emme Team potrebbe davvero arrivare la svolta decisiva. Se fosse accertata inconfutabilmente la presenza di qualcun altro in casa di Biondo, cadrebbe definitivamente l’ipotesi del suicidio.

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Crediti foto: facebook/veritaegiustiziapermariobiondo