Attualità
Virologi a confronto: ricette contro la pandemia
Le scelte del governo Conte in materia di lotta alla diffusione dei contagi non sono piaciute agli italiani, che nelle grandi città protestano da giorni, sfociando anche nella violenza e nel vandalismo, e che annunciano per domani una manifestazione in 24 piazze italiane per protestare contro i limiti imposti dal nuovo Dpcm.
La situazione in realtà è simile in tutta Europa, e nelle grandi città dei Paesi che hanno imposto quarantena e coprifuoco numerose sono le proteste, e molto più frequenti che durante la prima ondata. I cittadini si sono impegnati nell’elaborazione, ciascuno, della soluzione migliore alla situazione sulla cui effettiva criticità molti fanno come San Tommaso, pochi per fortuna negano.
Agli antipodi di questa parte di cittadini riduzionista stanno gran parte dei medici e dei virologi, i quali anzi mandano congiuntamente un documento a Mattarella perché venga imposto il lockdown. In effetti, la situazione ospedaliera, giorno dopo giorno si aggrava piuttosto velocemente, appesantita da un sistema di rintracciamento divenuto troppo vasto per funzionare correttamente.
E a dirla tutta, nemmeno tra i medici c’è un’opinione univoca sul da farsi. Anzi, in questi giorni gli scontri tra medici con idee differenti si sono inaspriti, come quello del primario della terapia intensiva del San Raffaele di Milano Alberto Zangrillo contro il direttore delle malattie infettive del Sacco Massimo Galli.
Quest’ultimo è molto preoccupato dal degenerare della curva, e ha invitato in più occasioni i cittadini a restare a casa il più possibile: “Mi è capitato frequentemente – confida – di sentirmi dire ‘lei dovrebbe raccomandare di uscire con prudenza, non di stare a casa’. No, io lo ripeto: questo è il momento in cui non posso che dire ‘se potete state in casa che è gran meglio’”. Di tutt’altra opinione rispetto alla maggioranza dei virologi è Alberto Zangrillo, che invita a mantenere la calma: “il sessanta percento sono codici verdi”, minimizza il primario, e invita ciascuno a fare la propria parte, ma a non considerare la situazione come disastrosa.
Tutt’altro che ottimista è apparsa invece Ilaria Capua, dirigente di un dipartimento dell’Emerging Pathogens Institute dell’Università della Florida e virologa dalla brillante carriera accademica e di ricerca. Ad esempio, parte dei suoi lavori si sono focalizzati sul mettere in discussione la distinzione tra medicina umana e medicina animale, e tra salute umana in generale e salute ambientale, la cosiddetta “One Health”. Spesso, terminando le proprie considerazioni su distanziamento sociale e mascherine, sottolinea di rispettare l’ambiente.
Dopo che una settimana fa aveva detto che c’erano “nuvoloni all’orizzonte”, in una delle sue ultime comparse in Tv la Capua ha rincarato la dose. Scettica sulla possibilità che il vaccino arrivi a breve, ne considera anche i lunghi periodi di creazione e diffusione, che rendono necessarie misure stringenti per lungo tempo. Invece di dare pareri soggettivi sul Dpcm, la virologa ha ribadito la responsabilità di ognuno, e scongiurando la possibilità di un lockdown generalizzato, ha invitato a valutare l’ipotesi di un lockdown solo per la popolazione più anziana, o comunque solo per le aree, geografiche e sociali, più colpite dal virus.
Che virologi e scienziati nella maggior parte dei casi prediligano l’interesse alla salute e alla vita rispetto a ogni altro tipo d’interesse è chiaro. Garantire ciò è la loro vocazione, ed è giusto che sia così. Spesso però, parlando di gestione politica, cadono nell’inesperienza. Per questo una assidua e solerte coesione tra governo e scienziati, con un maggiore ascolto dei cittadini, almeno a livello locale, dove davvero la politica può entrare in contatto con la realtà e regolarla secondo un buon senso che un Dpcm nazionale non può permettersi, per essere chiaro, di avere.
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Crediti foto: LaPresse