Attualità
Ghali scelto come volto giovane della Milano che riparte
Ghali è stato insieme a Sfera e la DPG il padre nobile della Trap tricolore, portando all’attenzione nazionale i drammi e la vita ai margini della Milano dimenticata dal potere. Dopo appena 5 anni, diventa il volto giovane dello stesso potere che contestava.
Il 3 maggio viene lanciato questo spot, che in appena un minuto e 30 secondi dovrebbe raccontare ciò che è abbiamo vissuto con la quarantena e lo spirito con cui Milano (ma in generale, l’Italia tutta) deve ripartire. Si intitola “Un passo alla volta” ed è indubbiamente evocativo: basato su un semplice giro di piano in crescendo, è il rifacimento di “Come Milano” dello stesso Ghali, brano del 2014 che cantava una Milano nel contempo odiata e amata. Se la base è una ripresa-semplificazione di un brano già edito, il testo è totalmente nuovo: niente scissione fra odio e amore, e tolto l’uso per due volte del nome della città, non c’è nessun riferimento specifico al capoluogo lombardo, che invece è la protagonista del video. Un recitato semplice, che tenta di unire poesia e semplicità.
TESTO | MILANO
Riportiamo per completezza il testo di “Milano”:
Il silenzio ha fatto festa per le strade della città
ora che anche le fermate si sono fermate
i nostri parchi, le nostre panche, i nostri palchi
come dei giocatori che si marcano larghi
in quarantena con le nostre messe, i nostri ramadam
mascherine ci fanno ormai da grembiule in questa grande scuola
e ci ricordano che siamo tutti uguali
ci siamo laureati in pigiama
abbiamo vissuto il prima e il dopo
e ogni cameriere è diventato cuoco
il primo passo
dobbiamo fare attenzione, non dobbiamo aver paura
siamo in maschera non siamo bendati
Milano, anche il cielo si è fatto bello
è giunto il momento,
ora più che mai
di seguire delle regole
questa è la fase in cui stiamo capendo
il valore della libertà
e insieme
siamo umani più che mai.
Indubbiamente sia il video che il recitato sono professionali e ben riusciti come materiale motivazionale per un nuovo inizio o per una nuova ripartenza, come recita un altro spot della regione Lombardia. Il problema non è in sé nel confezionamento del messaggio o del lavoro di Ghali su base e testo, ma nel contesto e nella scelta della figura di Ghali. Il trapper di Baggio diventa qui il volto e il messaggero delle istituzioni, e ne interpreta perfettamente le logiche: di qualunque razza, sesso, confessione religiosa e status sociale tu sia, abbiamo vissuto tutti lo stesso dramma, ripartiremo tutti allo stesso modo fidandoci gli uni degli altri. Le poche contestazioni a Ghali sul contenuto di questo spot vertono su due problematiche implicite in questo messaggio: non è vero che durante l’epidemia abbiamo vissuto tutti la stessa cosa, non è vero che riparteremo fidandoci gli uni degli altri come una grande famiglia. C’è chi ha sofferto di più perdendo lavoro e alloggio, chi era senza permesso di soggiorno e aveva un lavoro irregolare ed è stato dimenticato proprio dalle istituzioni per cui Ghali ha confenzionato lo spot, chi ha vissuto la quarantena in spazi piccoli e soffocanti e chi se l’è passata in villa e potendo uscire per lavoro (la frecciata qui è a Ghali stesso).
Più profonda è complessa è una critica fatta dai fan storici di Ghali, che contestano la trasformazione del trapper ribelle di periferia in una star che abbraccia le logiche mainstream e del potere istituzionale ad esso collegato: com’è possibile che in appena 5 anni il cantante italo-tunisino sia passato dal raccontare le storie delle vite ribelli ai margini del potere a diventare il volto gentile proprio di quel potere che opprime le vite ai margini? Un capovolgimento in apparenza totale, in realtà portato avanti gradualmente e arrivato oggi alla sua logica conclusione. E’ vero che la trap ha come base il raccontare senza filtri la vita dei disadattati, delle periferie, di chi vive fra legalità e illegalità, ma ha anche nel suo DNA una spinta ferocissima all’ascesa sociale, al riconoscimento economico e di potere, e questo fa sì che abbia guardato al mainstream fin dalle origini con un misto di amore e odio.
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Rispetto agli USA poi la trap italiana fin dalle origini è stata assorbita nei circuiti mainstream, sebbene prima del 2018 fosse un semplice sottogenere buono a colpire il target giovane e non la nuova punta di diamante (per views, download e capacità di vendere brand di vestiti/accessori) delle grosse etichette discografiche italiane. Dal 2018 in poi Sfera, Ghali, Achille Lauro e la Dark Polo Gang entrano a pieno titolo nello star system italiano, fra talent, salotti televisi e campagne educative (Sfera contro il body shaming, Ghali e Achille Lauro contro l’omofobia) impensabili fino ad un solo anno prima, dato le barre che hanno reso famosi gli artisti sopramenzionati. Proprio Ghali con l’album “DNA” (uscito 21 febbraio 2020, quindi appena prima della quarantena) aveva completato a livello d’immagine la svolta, abbandonando completamente l’immagine del trapper di periferia per divenire una sorta di icona interrazziale di emancipazione sociale, vestendo i panni dell’educatore che insegna ai giovani i valori della tolleranza, della fraternità, della solidarietà mettendo da parte le differenze di sesso, razza, religione, orientamento sessuale e nazionalità. Una sorta di nuovo Jovanotti italo-tunisino, con tanto di passaggio anche a livello musicale dalla trap ad una sorta di world music buona per tutti i tipi d’ascoltatori, le radio ed i mercati (l’album è prodotto e pensato per l’estero). Una svolta che la gran parte del pubblico ha accettato come naturale, ma che alcuni fan storici non hanno gradito, anche perché il risultato artistico è altalenante, soprattutto a livello di scrittura delle barre, con un Ghali sorprendentemente impacciato e ripetitivo nell’esprimere i suoi “nuovi” contenuti.
Il passaggio a volto delle istituzioni e la “poeticizzazione” dell’ideologia con cui interpretano il lockdown e vogliono venderci la Fase 2 come sforzo d’unità collettiva verso la ricostruzione, non è quindi uno strappo, ma un’evoluzione coerente. Ciò non toglie che ci lascia molto, molto perplessi.
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Crediti Foto: LaPresse