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Coronavirus, cos’è il tampone? Ecco come funziona, quanto costa e chi deve farlo
Sentiamo parlare spessissimo di tamponi in questo periodo di emergenza sanitaria. Di recente poi, il ministero della Salute ha dato il via attraverso una nuova circolare ai test molecolari veloci, ovvero i tamponi rapidi, basati sulla rilevazione dei geni virali nelle secrezioni respiratorie, che permetterebbero di ottenere risultati in tempi più brevi rispetto al tampone tradizionale, stabilendo anche i criteri di priorità per l’esecuzione, a partire da pazienti ospedalizzati, operatori sanitari esposti a maggior rischio, soggetti fragili e soggetti con infezione respiratoria ricoverati nelle Rsa.
Ma cos’è esattamente un tampone? Ecco tutto quello che c’è da sapere sui test per la diagnosi del Coronavirus.
Come funziona e chi lo esegue
Il tampone è il test che permette di capire se una persona è positiva o meno al Coronavirus, dunque se si è ammalata. Deve essere prescritto dal medico e viene eseguito in presenza dei sintomi del contagio (febbre sopra i 37.5°C, tosse, difficoltà respiratorie) o nel caso in cui il paziente abbia avuto, nelle 2 settimane precedenti, contatti con persone positive al virus.
Il controllo consiste nel prelevare muco e saliva dalla gola e dal naso con un tampone, un bastoncino cotonato, che poi viene avvolto in uno speciale gel per la conservazione e inviato ai laboratori per l’analisi, in modo da cercare eventuali tracce di virus o infezioni. “Ce ne sono moltissimi sul territorio, che eseguono un primo livello di screening. Poi ce n’è un secondo, che ha come centri di riferimento l’Ospedale Sacco di Milano e lo Spallanzani di Roma, seguiti a un terzo livello dall’Istituto Superiore di Sanità”, spiega il virologo Fabrizio Pregliasco. Per l’analisi occorrono 4/6 ore alle quali si aggiunge il tempo tecnico di trasporto dei materiali e dei referti.
Come richiedere il test
Se si pensa di aver contratto l’infezione, non bisogna recarsi in ospedale (o in farmacia) per richiedere di fare il test: è necessario prima contattare i numeri telefonici 112 o 1500 e parlare con gli operatori sanitari, i quali valuteranno la situazione e decideranno se sottoporre il soggetto al tampone direttamente presso il proprio domicilio.
Il tampone si paga?
No, paga il Servizio Sanitario Nazionale. “Il tampone in sé costa pochissimo, circa 1 euro, a cui si aggiungono circa 40/50 euro di analisi, che però come detto devono e possono essere fatte solo in certe strutture e da personale apposito”, spiega il virologo.
Test rapidi
Sono 11 i test a tampone rapido validati dal ministero della Salute e indicati nella nuova circolare che aggiorna le indicazioni sui test diagnostici. Vengono indicate anche le aziende produttrici. Le Regioni potranno dunque approvvigionarsi di tali test che dovranno essere processati nei Laboratori indicati dalla stessa circolare ed il cui numero è stato potenziato.
Sì ai test in auto nelle aree a rischio
Nelle aree di alta trasmissione del Covid-19, a fronte di un sovraccarico dei laboratori diagnostici, si può considerare la possibilità di utilizzare laboratori mobili o “drive-in clinics”, consistenti in strutture per il prelievo di campioni attraverso il finestrino aperto dell’automobile su cui permane il paziente. Lo prevede la nuova circolare del ministero della Salute, precisando che per la Commissione europea, “queste strutture permettono di ridurre il rischio di infezione al personale sanitario o altri pazienti”.
Chi deve eseguirlo?
Nelle aree in cui vi è ancora una limitata trasmissione di SarsCov2, il ministero della Salute ha stabilito che “se si dispone di risorse sufficienti, vanno effettuati test diagnostici in tutti i pazienti con infezione respiratoria”. I test non vanno effettuati in
assenza di prescrizione medica od ospedaliera. Per ottimizzare le risorse, si legge nella circolare, si raccomanda di “effettuare un unico tampone naso faringeo e orofaringeo per ogni paziente”. La circolare indica l’esecuzione prioritaria dei test diagnostici anche ai “primi individui sintomatici all’interno di comunità chiuse per identificare rapidamente i focolai e garantire misure di contenimento”. Se la capacità di esecuzione
dei test è limitata, “tutti gli altri individui che presentano sintomi possono essere considerati casi probabili e isolati senza test supplementari”.
Le categorie prioritarie
Tra le categorie a cui effettuare i test tampone rapidi prioritariamente figurano gli operatori sanitari esposti a maggior rischio (compreso il personale dei servizi di soccorso ed emergenza, il personale ausiliario e i tecnici verificatori). Inclusi nella circolare del ministero anche gli operatori dei servizi pubblici essenziali sintomatici, anche affetti da lieve sintomatologia per decidere l’eventuale sospensione dal lavoro; operatori, anche asintomatici, delle RSA e altre strutture residenziali per anziani. Indicate infine le persone a rischio di sviluppare una forma severa della malattia e fragili, come persone anziane con comorbidità quali malattie polmonari, tumori, malattie cerebrovascolari, insufficienza cardiaca, patologie renali.
Cosa fare se si è positivi?
I primi risultati si dovrebbero ottenere nel giro di 4-5 ore. In caso di positività, il paziente deve seguire attentamente le indicazioni di quarantena obbligatoria in casa per 14 giorni. Quando si riscontrano gravi difficoltà respiratorie, si deve procedere al ricovero in ospedale. “In caso di presenza di sintomatologia parainfluenzale, è possibile trattare questi sintomi con le terapia convenzionali (es. antipiretico, acido acetilsalicilico, mucolitici) – precisa il professor Pregliasco – osservando, ovviamente, l’isolamento a casa e il distanziamento sociale”.
E dopo la guarigione?
Al termine del periodo di isolamento, sia il paziente asintomatico sia il paziente sintomatico devono sottoporsi a 2 ulteriori tamponi svolti a distanza di 24 ore l’uno dall’altro. Se entrambi risultano negativi, si può parlare di eliminazione del virus (dal tampone non si dovrebbe più rilevare la presenza di RNA virale). Se dopo la quarantena il test fosse positivo, il soggetto deve ripeterlo a distanza di una settimana.