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Coronavirus, pioggia di denunce per chi trasgredisce le regole. Ecco cosa rischia chi non rispetta il decreto
Sono state quasi 8.500 le denunce effettuate soltanto nella giornata di ieri 18 marzo 2020 dalle forze dell’ordine in tutta Italia.
Fioccano le denunce per coloro (e sono ancora tanti purtroppo) che non rispettano le regole previste dal DPCM anti Covid-19. Il Viminale informa che solo nella giornata di ieri 18 marzo 2020 sono state 8.297 le denunce effettuate dalle forze di polizia in applicazione delle misure di contenimento del Coronavirus. In totale sono state 200.514 le persone controllate, di cui appunto 8.297 denunciate per aver trasgredito le norme previste dal decreto del governo. Gli esercizi commerciali controllati ieri sono stati 116.712, 195 gli esercenti denunciati e 29 gli esercizi commerciali la cui attività è stata sospesa. Salgono così a 1.226.169 le persone controllate dall’11 al 18 marzo 2020, 51.892 quelle denunciate per mancato rispetto di un ordine dell’autorità e 1.126 per dichiarazioni false. Gli esercizi commerciali controllati finora sono stati 643.726 e 1.668 i titolari denunciati.
Insomma, a quanto pare nonostante le raccomandazioni del governo di restare a casa e di uscire solo in caso di effettiva necessità, muniti sempre dell’autocertificazione, o di tenere chiuse le attività commerciali che non rientrano nelle categorie esenti dal divieto, i trasgressori della regola #iorestoacasa sono ancora parecchi.
Ma cosa rischia chi trasgredisce le norme contenute del decreto?
L’articolo 3 del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, prevedeva già che, salvo che il fatto non costituisca reato più grave, il mancato rispetto delle disposte misure di contenimento è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale. Si ricorda a tale proposito che tale disposizione prevede che “chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro”. Inoltre la violazione degli obblighi imposti dalle misure a carico dei gestori di pubblici esercizi o di attività commerciali è sanzionata altresì con la chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni.
Chi dichiara il falso nell’autocertificazione
Dichiarare il falso nell’autocertificazione necessaria per spostarsi è reato di falsa attestazione a un pubblico ufficiale: la pena va da uno a sei anni di reclusione. È previsto l’arresto facoltativo in flagranza e la procedibilità è d’ufficio. A questo reato si aggiunge anche la fattispecie di cui all’articolo 650 del Codice penale che punisce con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro chi viola i provvedimenti che vietano di spostarsi senza motivo.
Chi sospetta di avere il Coronavirus e non si mette in quarantena
Chi ha febbre, tosse e altri sintomi associati al Covid-19 e non si mette in quarantena rischia, oltre all’imputazione per violazione dei provvedimenti dell’autorità, un processo per lesioni o tentate lesioni volontarie. Se dovesse infettare persone anziane o comunque soggetti a rischio causandone la morte, l’imputazione potrebbe trasformarsi in omicidio doloso pena la reclusione non inferiore a 21 anni. Infatti in questo modo si accetta il rischio di contagiare altre persone, causandone lesioni o, nei casi più gravi, la morte. La condotta è punita a titolo di dolo eventuale. La stessa pena si applica a chi ha avuto contatti con persone positive al Coronavirus e continua ad avere rapporti sociali o a lavorare con altre persone senza prendere precauzioni o avvisarle. Non avvertire amici e conoscenti con i quali si hanno avuto contatti negli ultimi giorni, causando il rischio concreto che contagino altre persone, potrebbe costare la stessa imputazione a titolo di dolo eventuale o quantomeno di colpa cosciente.
Chi è positivo e non lo dice a nessuno
Chi sa di aver contratto il Coronavirus e non lo dice a nessuno, uscendo di casa e avendo contatti sociali, si macchia di dolo diretto e rischia imputazioni, oltre a quella di violazione dell’ordine dell’autorità, ancora più gravi di quelle di cui sopra, che vanno dal tentativo di lesioni e/o di omicidio volontario se si viene a contatto con soggetti fragili o a rischio fino all’omicidio volontario se ne deriva la morte. A queste ipotesi si applicano gli stessi principi dei casi delle persone sieropositive che sanno di esserlo e non avvisano il partner né adottano precauzioni per evitare il contagio.
E chi sta bene?
In tutta Italia il decreto chiede a malati e non malati di stare a casa il più possibile. E’ una raccomandazione, che come tale non prevede specifiche sanzioni alle violazioni. Tuttavia anche chi sta bene dovrebbe evitare ogni spostamento: ci si potrà muovere solo per lavoro, per necessità gravi o per motivi di salute. Ma anche gli spostamenti per lavoro sono in qualche modo scoraggiati dal provvedimento. Intanto perché, come per le situazioni di necessità o i motivi di salute, devono essere “motivati da comprovate esigenze”, come recita il decreto, da attestare con auto dichiarazione in moduli forniti dalle forze di polizia che fanno i controlli. E poi perché il decreto raccomanda ai datori di lavoro, in aggiunta all’estensione dello smart working, di concedere ai propri dipendenti ferie e congedi (tranne che nella sanità). Le violazioni a queste regole non sono sanzionate in maniera specifica, ma con il generico richiamo – confermato dalla direttiva del Viminale per chi deve stare in quarantena – all’articolo 650 del codice penale.
Crediti foto: LaPresse