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Patrick Zaki è libero: “Grazie a tutti, grazie Italia”

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Patrick Zaki è uscito di prigione. Dopo 22 mesi di detenzione, lo studente egiziano dell’università di Bologna è uscito dal commissariato di polizia di Mansura, in Egitto, ed ha potuto finalmente abbracciare la sua famiglia. Il 30enne non è ancora del tutto libero, perché è ancora sotto processo e rischia cinque anni di reclusione, ma almeno è potuto tornare a casa.

“Grazie a tutti”, ha detto Zaki appena uscito dal commissariato, e il suo primo pensiero è andato alle istituzioni italiane e soprattutto a Bologna, la sua città, che lo hanno sostenuto per tutti questi mesi. “Voglio tornarci il prima possibile”, ha detto appena tornato finalmente nella casa dei genitori. Sulla base dell’ordine di scarcerazione arrivato martedì da un giudice monocratico, Zaki è tornato a piede libero e ad aspettarlo all’uscita c’erano la madre Hela, la fidanzata e la sorella Marise, da sempre in prima linea per la sua scarcerazione. Appena uscito, Zaki si è lasciato andare ad un lungo e commuovente abbraccio con la madre.

“Un abbraccio che vale più di tante parole. Bentornato Patrick!”, ha scritto su Facebook il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, con l’Ambasciata d’Italia al Cairo che ha seguito la complicata vicenda giudiziaria passo passo. “Aspettavamo di vedere quell’abbraccio da 22 mesi e quell’abbraccio arriva dall’Italia, da tutte le persone, tutti i gruppi e gli enti locali, l’università, i parlamentari che hanno fatto sì che quell’abbraccio arrivasse”, ha commentato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, che tanto si è battuta per la libertà di Zaki.

“Tutto bene” e “Viva il Bologna”, ha detto in italiano Patrick facendo il segno della vittoria con le dita, sorridente. All’uscita dal carcere, dove era rinchiuso dal 7 febbraio 2020, quando fu arrestato, indossava una tuta e scarpe bianche, il colore simbolo degli imputati dei processi egiziani, quasi a monito della prossima udienza già fissata per il primo febbraio.

Su quando Zaki potrà tornare finalmente in Italia non si hanno ancora notizie precise. Pare difficile che il rientro possa avvenire prima della fine del processo, dato che non è chiaro se il ricercatore abbia un divieto di espatrio in attesa di giudizio: una questione che i suoi legali e gli attivisti dell’ong Eipr per cui lavorava, lasciano nel vago. Non ha comunque l’obbligo di firma ed è libero di spostarsi all’interno dell’Egitto, anche di tornare al Cairo dove la famiglia ha un’altra abitazione. Delle condizioni carcerarie che ha dovuto subire in questi 22 mesi di prigionia, durante i quali avrebbe sempre dormito per terra, per il momento lo studente egiziano ha preferito non parlare.

 

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Crediti foto: LaPresse