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Interviste

Mei, Rubrica. #NEWMUSICTHURSDAY. Crossover tra Luca Meneghello e Michele Fazio

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Di Marta Scaccabarozzi

“Un crossover (dall’inglese to cross over, ovvero “passare dall’altra parte”) consiste nell’unire due o più ambientazioni diverse in un’unica narrazione.” Così Wikipedia esplicita il significato di questa parola, tante volte usata in ambito musicale e che è anche il titolo del nuovo disco di Luca Meneghello e Michele Fazio. A noi ha suggerito un’intervista doppia tra i due. Ecco l’unica narrazione di due grandi musicisti.

Ciao e benvenuti. Chi è Michele Fazio e chi è Luca Meneghello?

Luca: Bella domanda. Considerando che il presente e’ perennemente sfuggevole direi che potrei cominciare a raccontare chi sono stato fino a qui. Diciamo che la musica ha giocato un ruolo considerevole nella mia vita fin dagli inizi quando osservando un mio amico con una chitarra rimasi totalmente folgorato da quello strumento,una specie di illuminazione.Avevo 7 anni ,l’attrazione fu così forte che ancora oggi ne sento gli effetti ,un po’ come il big bang che ha lasciato il segno della creazione.

Michele: Suono il piano dall’età di 8 anni ma fino a 16 anni volevo fare il calciatore, poi come spesso succede a quell’età si cambia indirizzo e la musica è diventata praticamente la mia vita stessa. Negli ultimi 10 anni sono riuscito a trovare un percorso personale e a percorrerlo con sicurezza e convinzione con l’aiuto di Mario Caccia di Abeat Records che ha pubblicato 4 miei dischi.

Il primo ricordo legato alla musica e quando avete deciso di diventare dei professionisti?

Luca: Il primo ricordo legato alla musica è antecedente alla chitarra: mia nonna aveva in casa una busta di plastica piena di 45 giri è un mangiadischi lasciati lì da qualche parente. Penso sia stata la mia prima biblioteca musicale,c’era di tutto da Raffaella Carrà agli Uriah Heep.Passavo intere giornate ad ascoltare tutta quella musica. L’idea di fare il musicista come ragione di vita penso mi abbia sempre accompagnato ed ha preso una forma precisa già intorno ai 14 anni. Poi una volta tornato da militare ho deciso che quello che volevo fare era andare avanti a suonare e diventare un professionista. Pur avendo frequentato qualche corso musicale mi piace definirmi un’autodidatta nel senso che ho sempre avuto l’attitudine a scoprire da solo le cose ,tanto che le prime volte che qualcuno più grande mi sentiva suonare ,faticava a credere che avessi potuto fare tutto da solo,una cosa abbastanza fastidiosa da sentire.

Michele: Non c’è mai un momento preciso per decidere quando si vuole diventare professionisti, ma posso dire che da 20 in poi ho deciso che il mio lavoro sarebbe stato questo. Ma sicuramente una svolta importante e’ stata la collaborazione con Patty Pravo nel 1996 e affrontare davvero palcoscenici importanti e situazione dove devi controllare l’emozione e devi essere sicuro di te stesso.

Luca: cosa rende speciale la musica di Michele e Michele: cosa rende speciale la musica di Luca?

Luca: Ho conosciuto Michele in un gruppo con cui dovevamo fare una serie di concerti e devo dire che mi è subito piaciuto sia per il suo humor che per il suo essere selvaggio ,tratti che contraddistinguono anche il suo modo di suonare. In realtà c’è un aspetto introspettivo nel suo approccio che fai fatica ad osservare nella sua personalità ,qualcosa che probabilmente fa parte della sua natura più intima e che rende speciale la sua musica ,uno dei motivi che mi ha spinto a collaborare con lui.

Michele: Con Luca ci conosciamo da tempo e abbiamo condiviso palchi e situazione diverse bellissime e anche certe volte complicate. Luca e’ un musicista completo puoi fargli suonare qualsiasi cosa e nulla lo può mettere in difficoltà. Ma la sua caratteristica più importante e’ il suo approccio. Lui intende la musica come un momento preciso in cui avviene qualcosa che non si ripeterà. Questo è un concetto forse complicato da spiegare ma e’ questo che mi ha sempre stupito e avvicinato a Luca, la capacità  di emozionare con la sua potenza espressiva, il suo istinto e la sua passione sulla chitarra sempre e diversamente.

“Crossover” è il vostro nuovo disco. Descrivetecelo.

Luca: Crossover nasce da una jam. Dopo anni in cui io e Michele abbiamo preso strade diverse ,ci ritroviamo su di un palco a jammare così per caso.Capisco che è arrivato il momento di fare qualcosa insieme .
Crossover è come un linea di demarcazione fra due confini che però è in costante mutazione e movimento. Puoi sentire questo nel disco,i nostri due mondi che si intrecciano ,si inseguono e nello stesso tempo mantengono le loro due identità. Un’alchimia tenuta in vita grazie anche ad Alex Carreri e Martino Malacrida.

Michele: Un giorno ci siamo trovati casualmente in una jam session in un locale milanese ( la salumeria della musica) e li è successo qualcosa di inaspettato. Quando siamo scesi dal palco ci siamo guardati e ci siamo detti “forse è il momento di scrivere un disco insieme”. E così ci siamo visti e abbiamo scritto questo album con la volontà e la velleità di farlo diventare un vero mix delle nostre anime musicali senza mai toccare gli stili personali. Ma ad aiutarci in questa operazione siamo stati fortunati ad avere avuto  la collaborazione di due grandi musicisti come Alex Carreri e Martino Malacrida.

Com’è condividere il palco? Che rapporto avete “onstage”?

Luca: Il palco è la rappresentazione di ciò che abbiamo pensato ,sognato,voluto. Una magia con un equilibrio difficilissimo da mantenere ,se ci pensi soltanto un attimo l’hai già persa. Devi semplicemente lasciare scorrere ,lasciare che la luce sia.Puoi farlo soltanto con musicisti che hanno la tua stessa attitudine. Quando accade è quello che io penso sia un istante dì eternità.La musica ha questo potere.

Michele: Direi che il palco è il nostro territorio preferito, come dicevo prima siamo entrambi convinti che quei momenti sono unici ed è come un bambino che vuole sempre giocare e noi in qualche modo siamo simili a quel bambino. Certo il vantaggio di essere amici e’ un valore aggiunto e ci aiuta ad essere ancora più in simbiosi.

Il lavoro è pubblicato dalla Abeat Records di Mario Caccia. Come è stato lavorare con loro?

Luca: Con Mario ho un’amicizia pluridecennale,suonavamo nella stessa orchestra girando in pullman su e giù per l’Italia. Lui ha creato questa meravigliosa etichetta e produce album di notevole livello sempre attento alle nuove correnti . Mi aveva prestato un vinile circa vent’anni fa e quando l’ho rivisto ora per Crossover gliel’ho riportato quasi come a chiudere un cerchio magico. Mi è piaciuto molto anche il lavoro grafico fatto da sua moglie per la copertina.

Michele: Mario Caccia lo considero un eroe della discografia jazz in Italia perché non e’ assolutamente semplice oggi  portare avanti un progetto così grande. Io personalmente lavoro con lui da 11 anni e credo di essere fortunato perché’ mi ha sempre aiutato a crederci e mi ha reso sempre libero. Questo è successo anche per “Crossover” e noi siamo felici di aver pubblicato il disco con Abeat Records.

Terminiamo lasciandovi le ultime righe libere: aggiungete a quest’intervista tutto quello che volete.

Luca: Una volta ho letto che ascoltare musica è come viaggiare nel tempo in due direzioni. In effetti se oggi ascolto un album del 1960 mi ritrovo a sentire quei suoni registrati allora come se fossi la’ ,quindi un viaggio indietro nel tempo. Contemporaneamente però i suoni del passato arrivano fino ad oggi come se avessero viaggiato nel futuro dal 1960. Altro segnale che la musica ha in se un senso di eterno.

Michele: Spero che la musica sia sempre più libera. E che ci sia più spazio per sperimentare e contaminare le idee e gli stili senza porre dei limiti, questo credo sia fondamentale per chi come noi prova ad inventare la musica ogni giorno.

LEGGI QUI L’ARTICOLO ORIGINALE SUL SITO DEL MEI.

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Crediti foto: Mei