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Variante Delta, ecco i sintomi per riconoscerla
Raffreddore, naso che cola, mal di gola e mal di testa i sintomi più comuni: la febbre è il quarto sintomo, la tosse solo il quinto e raramente questa variante sembra provocare la perdita dell’olfatto.
La variante Delta si sta diffondendo rapidamente anche in Italia. Il nostro Paese, secondo una stima pubblicata dal Financial Times, con il 26% dei casi, sarebbe al quinto posto nel mondo fra i Paesi in cui è maggiore la circolazione di questa variante del Coronavirus che sembra essere ancor più contagiosa delle altre varianti finora individuate. La stima pubblicata dal Financial Times si basa sulle sequenze genetiche del virus depositate nella banca internazionale di dati genetici Gisaid e dei dati provenienti dall’istituto di ricerca belga Sciensano e indica che la variante Delta è dominante in Gran Bretagna e Portogallo, dove la concentrazione è rispettivamente del 98% e il 96%. Seguono gli Stati Uniti con il 31%, quindi Italia (26%), Belgio (16%), Germania (15%), Francia (6,9%).
Ma quali sono i sintomi per riconoscerla?
La variante Delta sembra dare “sintomi leggermente diversi, dai primi report. Gli americani già cominciano a scriverlo. Sembra dare più sintomi a carico dell’apparato respiratorio”, come spiega il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza. “Sembra dare più sintomi a carico dell’apparato respiratorio: raffreddore, naso che cola, mal di gola, mal di testa sembrano i sintomi più comuni, la febbre è il quarto sintomo, la tosse solo quinta e raramente questa variante sembra dare anosmia, ossia perdita di olfatto”, prosegue Rezza.
“Non si sa se in termini di ospedalizzazioni” la variante Delta “comporti un rischio maggiore. Ma questi sintomi è bene tenerli in conto – spiega ancora Rezza – Nulla di ufficiale, ma riporto segnalazioni fatte in particolare nel mondo anglosassone. Noi abbiamo già diversi focolai dovuti alla variante indiana nel Paese. Difficile arrestare il fenomeno del rimpiazzamento, lo abbiamo visto con la variante Uk. Quando una variante corre più di un’altra prima o poi si verifica questo fenomeno” per cui la variante avvantaggiata diventa dominante. Quello che si può fare, ha aggiunto Rezza, “è ritardare l’ingresso massivo del virus, anche se quando una variante corre più di un’altra prima o poi entra. Questa variante Delta corre il 60% più di quella Uk”
Da qui la scelta dell’ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza che introduce la quarantena di 5 giorni con obbligo di tampone per chi arriva dalla Gran Bretagna.
Ottenere il maggior numero di sequenze genetiche del virus è fondamentale per riuscire a seguire la diffusione della variante Delta. In Italia stanno arrivando nuovi test in grado di riconoscerla. Rispetto a quelli attualmente utilizzati per la diagnosi, questi nuovi test non cercano le mutazioni nella proteina Spike utilizzata dal virus per invadere le cellule, ma cercano una mutazione chiamata N501Y, presente in tutte le principali varianti finora note tranne che nella Delta, in particolare la B.1.671.2, che è la più diffusa delle tre varianti identificate in India.
“Servono nuovi criteri di analisi dei tamponi con un’alta carica virale per riuscire a individuare la variante Delta”, osserva il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca e e direttore del laboratorio Cerba di Milano. Da qui l’appello del virologo a “modificare quanto prima i criteri per lo screening e ad aggiornare i test per la ricerca delle varianti che destano preoccupazioni”. Al momento, prosegue, “non abbiamo un monitoraggio della circolazione di questa variante, contrariamente a quanto avviene in Gran Bretagna, dove è attivo un programma nazionale per il sequenziamento” e “la procedura attuale consiste nel fare il tampone con test non aggiornati sull’attuale quadro epidemiologico italiano, che prevede la presenza della variante Alfa nel 95% dei tamponi positivi”.
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Crediti Foto: Shutterstock.com