Interviste
Musica Italiana, Intervista. “Soli” di Tōru: “E’ il primo singolo di un disco molto introspettivo e riflessivo”
“Soli” è il singolo d’esordio da solista di Elia Venturelli, in arte “Tōru”, cantautore toscano classe 1993: il brano anticipa l’uscita dell’album “Domani“, registrato nell’estate del 2018. OA Plus ha intervistato Tōru, che ci ha parlato della sua fatica discografica.
Ciao Tōru, innanzitutto perché Elia Vitarelli sceglie questo nome d’arte?
“Mi sentirei di dire per cercare una dimensione comunicativa che si potesse identificare con un certo tipo di atmosfere. Il nome è “rubato” da Norwegian Wood di Murakami, un romanzo nel quale ci sono forti contrasti tra alcuni aspetti della vita: per quanto ricco di momenti di bellezza, delineate da scene innocenti e sognanti, c’è un chiaro senso di malinconia nella concezione dei lati più malinconici e “reali” della vita. Ed è un po’ questo gioco di contrasti ciò che vorrei trasmettere in quel che scrivo“.
“Soli” è il primo lavoro solista dopo l’esperienza con i “Fiori di Hiroshima”. Quanto questo cambiamento ha influenzato questo brano?
“Molto. Nei Fiori di Hiroshima la scrittura era molto più relegata all’ambiente della sala prove, per quanto comunque praticamente la totalità del materiale lo portassi io da casa. Era un lavoro però che si sviluppava con un approccio del tutto live. Ciò che ho fatto invece su “Soli” (e sul resto dell’album) è totalmente differente: in questo caso mi sono ritrovato ad arrangiare al computer interi brani definendone le parti e le varie dinamiche. Questo mi ha aiutato molto, soprattutto a raggiungere una visione d’insieme più nitida“.
In occasione dell’uscita del brano hai detto che è nato dopo un lungo ascolto di Lucio Battisti. Puoi spiegarci cosa ti ha ispirato?
“A dire il vero, il primo accenno di “Soli” è nato mentre suonavo proprio un pezzo di Battisti, ovvero “Amarsi un po’”. Mi capita spesso di ritrovarmi a scrivere partendo da pezzi di altri: molti lo considererebbero rubare, io invece lo trovo semplicemente un trampolino di lancio. Ad ogni modo, mi sono chiesto che tipo di melodia potesse uscirne, trasformando il La minore in La maggiore, prima del Sol7maj e di colpo mi sono ritrovato a canticchiare il ritornello di quella che sarebbe stata “Soli”. L’arrangiamento poi è molto ispirato ad alcune atmosfere definite da Battisti, soprattutto nei richiami tribali di “Anima Latina”“.
La canzone parla della sensazione di sentirsi incompresi, soli, appunto, anche in mezzo alla folla. Quanto c’è di autobiografico?
“Credo si possa affermare senza paura che sia effettivamente una canzone che parla di me e del mio rapporto con il mondo esterno. Spesso mi capita di sentirmi molto più solo in mezzo agli altri che in effettiva solitudine. Questo perché molte volte, appunto, non basta circondarsi di altre persone per combattere la mancanza di empatia reciproca: ci si può sentir molto soli sulla metropolitana di Milano, o per le strade affollate di New York. Sentiamo la vera solitudine quando non riusciamo ad incrociare lo sguardo di un nostro simile, quando ci sentiamo alieni, in mezzo agli aperitivi o alle feste con troppe persone sorridenti“.
Alla fine però nasce la speranza, come si intuisce anche dal video, di trovare qualcuno che comprenda questa sensazione, e così di non essere più soli.
“Esatto, ciò che si ricerca infatti anche nella canzone è una connessione con qualcuno che sappia perfettamente ciò che stiamo provando, dato che è una sensazione che appartiene anche a lui o lei. Nella canzone stessa si parla di “pace inconcepibile” quando qualcuno sa guardarci e farci capire che resiste con noi. Più che di una speranza, forse, si potrebbe parlare di consapevolezza del fatto che questa solitudine ci accomuna e ci rende, paradossalmente, più uniti“.
Lo hai definito il pezzo più sociale del disco. Cosa dobbiamo attenderci dai prossimi singoli e dall’album?
“Ho voluto attribuirgli questa etichetta perché è un pezzo in cui per l’appunto, oltre a parlare di me, si parla di una condizione che ritroviamo in molti di noi. Nel disco c’è comunque un filone continuativo (e narrativo) che si basa su ciò di cui parlavo prima, ovvero questa ricerca di un altro individuo (uomo o donna che sia) che probabilmente neanche conosciamo ma che sappiamo esistere, al di là dello spazio che ci divide. E’ un disco molto introspettivo e riflessivo, certamente non da sparare in macchina con gli amici, ma da ascoltare con cura in un mood del tutto personale“.
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