Interviste
Flavio Ferri, l’artista globale al servizio della musica – L’INTERVISTA
Parlare di Flavio Ferri dei Delta V significa dare fondo a tutta la nostra capacità di sintesi. Una sfilza di produzioni hanno configurato un 2020 perennemente sugli scudi alla faccia del lockdown.
Raggiungiamo il musicista milanese telefonicamente a Barcellona, dove vive e lavora come Music producer, composer, sound engineer e tutto quello che volete.
Proviamo a fare con lui un resoconto dei suoi ultimi lavori, ma finiamo inevitabilmente per discutere di altro, tralasciando quasi completamente i suoi ben sette album realizzati nel 2020, senza contare la presenza fissa in tutti i lavori di Gianni Maroccolo (ex Litfiba, ex CCCP, Ex CSI) e tanto altro.
L’INTERVISTA
Ci racconti del tuo incontro con la musica?
Da ragazzo il disco più importante per me è stato Atom Heart Mother dei Pink Floyd, vero è proprio compagno di viaggio, ma il primo vinile che acquistai fu uno dei Genesis. In quel periodo ero preso da quel tipo di progressive internazionale. Non ero molto attratto dalla musica italiana, fatta accezione per Crac! degli Area e Profondo Rosso, che comunque era strumentale. Poi arrivò il Punk, che mi fece scoprire quell’immenso artista che rispondeva al nome di Lou Reed, il più grande di tutti.
A 20 anni il tuo primo studio di registrazione, le musiche per pubblicità ( Audi, Colgate, Dixan, Parmalat), poi nel 1996 insieme a Carlo Bertotti arrivano i Delta V.
Il progetto Delta V oggi vive una dimensione sospesa. Con Carlo abbiamo scritto tanto, un po’ di canzoni sono pronte, altre da terminare, ma essendo liberi da vincoli discografici, non abbiamo nella testa una data per l’uscita del nuovo album, forse in autunno.
È ormai palese la tua incapacità di produrre “ il normale”, sempre alla ricerca della sperimentazione come la suite di fine anno “Inevitable”, presente solo su YouTube per 24 ore l’ultimo giorno dell’anno.
Era appunto inevitabile farla, è stato un resoconto di un anno assurdo ed a suo modo storico.
Perché solo 24 ore?
Ormai nella maggior parte dei casi l’ascoltatore di musica è poco attento, intende l’ascolto come un contorno, sottofondo, dimentica in fretta. Allora prima che sia il consumatore a buttare via la mia musica, lo faccio io. Il concetto basilare è che nulla dura per sempre, ormai la musica è sempre più, usa e getta, effimera. Proprio per questo concetto di musica come componente, per il futuro ho in mente di sviluppare dei nuovi progetti in cui la canzone non è più centrale ma una componente di un unicum produttivo, un’opera d’arte non replicabile.
Allora addio al Flavio Ferri cantante?
Assolutamente no, in primavera, se non decido di cambiare piani, magari per via di nuove idee, dovrebbe uscire un mio nuovo album di cover, con solo canzoni straniere. La naturale prosecuzione del progetto partito con la cover del brano di David Bowie “We are the dead”. Pubblicato il 10 gennaio 2021, in occasione del quinto anniversario della morte del Duca Bianco.
Il percorso artistico di Flavio Ferri è uno scavare fin nel profondo dell’inconscio che sollecita nervi scoperti e risveglia sensazioni sopite. Un percorso empirico dove ogni suono, e anche il silenzio, ha una forma e ha un ritmo, in un reticolo di emozioni pregnanti nel loro essere fugaci. Non diventa mai esercizio autoreferenziale, ma è un incedere costante che plasma il tempo irrilevante che passa, il dolore, la luce, i pensieri, tutto in un perenne equilibrio instabile che viaggia sul filo del rasoio.
Mi fermo qua, ma solo per il momento
Con Flavio Ferri non esiste assolutamente il rischio di annoiarsi. Il difficile non è farlo parlare, ma farlo smettere, proiettato com’è in una sorta di bulimia creativa che lo assorbe in una dimensione parallela al presente. Salutiamo questo artista sempre in cerca di nuovi stimoli creativi, che, mai pago di ciò che ha prodotto ieri, guarda sempre con curiosità al domani.
Continueremo questo viaggio nel mondo di Flavio Ferri entrando nello specifico dei singoli progetti pubblicati nell’anno appena trascorso.
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