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Mei, Rubrica. MUSICA IN GIALLO. Lettera alla Rai: chiediamo più inclusività
Di Roberta Giallo
CARA RAI, FAI UN GESTO NOBILE: COMINCIA A RIEMPIRE I TUOI PALINSESTI CON TUTTI GLI ARTISTI “SOMMERSI” E MENO NOTI, CHE MERITEREBBERO UN PO’ DI LUCE IN PIÙ.
Lo dico da tempo. Oggi lo scrivo persino in maiuscolo, come se lo dicessi ad un megafono, o come se lo dicessimo tutti quanti insieme.
Per l’appunto, lo ha detto anche il Patron del MEI, Giordano Sangiorgi, ai microfoni di Piazza Roosvelt il 30 ottobre, a Bologna.
Mi sembra giusto e doveroso ribadirlo in questo momento delicato, un momento di miseria, di rinunce e ristrettezze annunciate, un momento in cui “i grandi” dovrebbero generosamente rinunciare ad un po’ di spazio per concederlo ai “più piccoli”.
Cara Rai, c’è posto per tutti, e se non per tutti, almeno per molti; accogli nella tua casa quegli artisti sommersi e meno noti che meriterebbero un po’ di luce. È tempo!
Sì. È tempo di stringerci tutti, di cooperare, di applicare un po’ di sana inclusività e carità, in senso laico, laicissimo.
La Rai è la tv di stato.
La Rai è anche la radio di stato; perciò sarebbe il momento che cominciasse a contemplare spazi dedicati “a tutte le voci” di questo stato, e non “sempre alle stesse”.
Magari proprio in prima serata! (Suona strano, eh? Perché? Perché ci siamo abituati ad una non-inclusività).
La Rai saremmo noi.
E dico “saremmo”, perché dire “siamo noi” al momento mi piacerebbe, eppure non sembrerebbe credibile, ahimè.
Mi si perdoni quella frase un po’ ad effetto che ho usato qualche riga sopra, “non sempre alle stesse”:
forse può sembrare polemica (in realtà vuole essere propositiva).
Davvero, in tutta onestà, non saprei adoperarne un’altra più eloquente ed efficace per dire quello che voglio dire, o meglio, per chiedere quel che voglio chiedere, e non solo a nome mio, ma a nome di tantissimi professionisti che, come me, sentono l’esigenza di una ripartizione più equa degli spazi “pubblici” destinati agli ascoltatori di questo paese.
La Rai non è una Tv privata.
La Rai è di tutti: tutti noi, infatti, paghiamo il canone.
In un momento come questo, in cui proprio i “più piccoli” ma spesso assai meritevoli, cantanti, cantautori/trici, musicisti/e, fanno fatica a vivere (e in taluni casi persino a sopravvivere), io direi che sarebbe davvero un bellissimo segnale quello di dirsi e farsi INCLUSIVI, concretamente, magari
partendo proprio da questa lettera, che inizia così:
CARA RAI, FAI UN GESTO NOBILE E GIUSTO, COMINCIA A RIEMPIRE I TUOI PALINSESTI CON TUTTI “GLI ARTISTI SOMMERSI” E MENO NOTI, CHE MERITEREBBERO UN PO’ DI LUCE. TE NE SAREMMO PROFONDAMENTE GRATI.
Non bastano più le parole, frasi come “La Rai siamo Noi”.
Se siamo noi, di questi noi, sarebbe giusto ce ne fossero sempre di più, in Rai.
Sarebbe giusto abituare l’audience ad una maggiore ricchezza di stili, di personalità, di estrazioni sociali.
Ecco, io mi adopererò per mantenere i contatti con un sottobosco parecchio numeroso, notevole, e vario che meriterebbe le Luci, i riflettori, della Rai.
Quei riflettori che potrebbero permettere a tanti artisti talentuosi, giovani e meno giovani (se parlo di inclusività ci deve stare dentro tutto); di essere apprezzati, di avere una dignità, spesso meritata sulla carta, ma mai davvero concessa, attraverso gesti concreti.
È tempo di un reset. Di una rivoluzione gentile ed inclusiva. È tempo di una televisione aperta e non chiusa, più paritaria e differenziata, più disponibile ad elargire opportunità su larga scala, più attenta alla qualità e non alla sola “popolarità” dei suoi “invitati” abitudinari.
Popolarità che spesso è tra l’altro una conseguenza della maggiore esposizione mediatica concessa a “pochi”.
Tuttavia, questa mia specie di lettera non sarà sufficiente e resterà una goccia nel mare, se noi artisti “sommersi”, magari tanto stimati (magari con curriculum chilometrici…) non riusciremo ad unirci, a stringerci in nome di una proposta ampiamente supportata e condivisa.
Io da un anno scrivo tutti i martedì di colleghi e colleghe meritevoli per MeiWeb, portale di Musica indipendente che da tempo porta avanti “battaglie” a favore di chi non può beneficiare della forza dei canali nazionali per accedere ad un audience più vasto.
Uniamoci.
Parliamone.
Facciamo rete.
Facciamoci sentire.
Pretendiamo spazio.
La nostra deve essere una rivoluzione gentile, ma dobbiamo cominciare a farla, se desideriamo davvero cambiare in meglio un sistema che deve, per forza di cose, rinnovarsi, aprirsi, divenire più inclusivo e attento alle realtà sommerse.
Condividete.
Parlatene.
Parlatemi.
Taggatevi.
Usiamo questa tecnologia perchè ci sia utile e non perchè ci renda schiavi.
Io sono pronta a farmi portavoce della musica “sommersa”; quella che chiamano “emergente”, ma che di fatto emergere davvero non potrà mai, finché il sistema rimarrà imbrigliato nei soliti vecchi ingranaggi.
Non permettiamo venga negata anche solo l’opportunità di accedere ad un audience di rilievo.
Cara Rai, ascoltaci…
Si potrebbero proporre tanti nuovi programmi/format/spazi etc.
Io, per esempio, ne ho già in mente diversi…
LEGGI QUI L’ARTICOLO ORIGINALE SUL SITO DEL MEI.