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Smaltimento mascherine, in mare sarebbero più delle meduse

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Sarà capitato a tutti almeno una volta, quest’estate, di trovare una mascherina abbandonata sulla spiaggia, o di vederla galleggiare in mare. Come avvenuto al porto di Ancona, i pellicani, ovvero i battelli addetti alla pulizia hanno cominciato ad estrarle dalle acque dei porti. Una presenza talmente evidente che ha portato l’associazione Opération Mer Propre (Operazione Mare Pulito) a sostenere che ci siano più mascherine che meduse in mare.

Smaltirle non è facile, ma la soluzione non è certo gettarle dove capita. Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Biofuels di Taylor & Francis le mascherine potrebbero essere riciclate per produrre biocarburante, ma anche se confermato, sarebbe un orizzonte ancora troppo lontano. Per il momento necessitano di essere bruciate per azzerare potenziali rischi di contagio. Una stima dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) rivela che nell’arco del 2020 la quantità di dispositivi anti-Covid da smaltire sarebbe tra le 160mila e 440mila tonnellate.

Una mola talmente elevata di rifiuti indifferenziati che gli impianti non bastano, in particolare nel Sud Italia. Con la riapertura delle scuole il numero di mascherine usate di cui liberarsi aumenterà arrivando addirittura a 11 milioni al giorno. In quanto rifiuto non differenziabile, finiranno negli inceneritori che sono pochi in tutta Italia e una vera e propria rarità nel Mezzogiorno, come sostiene il presidente di Assoambiente, Chicco Testa. Allora finiscono dove non dovrebbero, nelle discariche o peggio, disperse nell’ambiente.

Come sottolineato dal direttore dell’Ispra, Alessandro Bratti è importante che i dispositivi di sicurezza individuale vengano bruciati negli inceneritori o nei termovalorizzatori, in quanto potenziali veicoli del virus, oltre che dannose per l’ambiente. Per avere un’idea della quantità di mascherine che si potrebbero disperdere, basti pensare che solo l’1% di quelle non smaltite correttamente in un mese si tradurrebbe in ben 10 milioni di pezzi al mese dispersi chissà dove.

 

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Crediti foto: LaPresse