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Coronavirus, lo studio del Policlinico Sant’Orsola di Bologna: “Scoperto il meccanismo della morte dei pazienti ricoverati in terapia intensiva”

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Uno studio tutto italiano condotto dal capofila Policlinico Sant’Orsola di Bologna e pubblicato su “The Lancet Respiratory Medicine” lo scorso 27 agosto descrive il meccanismo che sarebbe responsabile della elevata mortalità dei pazienti affetti da Covid-19 ricoverati in terapia intensiva. Grazie a questo studio si è scoperto che con due semplici esami è possibile effettuare una diagnosi precoce che, assieme al supporto delle cure in terapia intensiva, può portare un calo della mortalità fino al 50%.
La notizia è stata diffusa in queste ore proprio dal policlinico bolognese attraverso la propria pagina Facebook. Lo studio dimostra che il virus può danneggiare entrambe le componenti del polmone: gli alveoli e i capillari. “Quando il virus danneggia sia gli alveoli che i capillari polmonari muore quasi il 60% dei pazienti. Quando il virus danneggia o gli alveoli o i capillari a morire è poco più del 20% dei pazienti”, si legge nel post. “Il “fenotipo” dei pazienti in cui il virus danneggia sia gli alveoli che i capillari (pazienti col “doppio danno”) è facilmente identificabile attraverso la misura di un parametro di funzionalità polmonare (la distendibilità del polmone < 40; valore normale 100) e di un parametro ematochimico (il D-dimero > 1800; valore normale 10). Questi risultati hanno importanti implicazioni sia per le cure attualmente disponibili che per i futuri studi su nuovi interventi terapeutici per i pazienti con COVID-19″, prosegue lo studio. Il riconoscimento rapido del fenotipo col “doppio danno” consentirebbe una precisione diagnostica molto più elevata e un utilizzo delle terapie ancora più efficace, riservando a questi malati le misure terapeutiche più efficaci quali la ventilazione meccanica, la extra-corporeal membrane oxygenation (l’ECMO) e gli ambienti terapeutici a maggiore intensità di cure quali le terapie intensive, trattando invece con la ventilazione non invasiva col casco e il ricovero in terapia sub-intensiva i pazienti con “danno singolo”. Nel futuro questi risultati consentiranno di identificare rapidamente i pazienti in cui testare trattamenti sperimentali con anti-coagulanti per prevenire il danno ai capillari polmonari, spiegano dal Policlinico Sant’Orsola.

https://www.facebook.com/PoliclinicoDiSantOrsola/posts/2766182347042648

Lo studio é stato condotto su 301 pazienti ricoverati presso il Policlinico di Sant’Orsola di Bologna, Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, Policlinico di Modena, Ospedale Policlinico di Milano, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda e HUMANITAS Research Hospital, ASST Monza – Azienda Socio Sanitaria Territoriale Monza
e il Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. Lo studio è stato coordinato dal Prof. Marco Ranieri direttore dell’Anestesia e Terapia Intensiva Polivalente del Policlinico di S. Orsola e ha visto anche il coinvolgimento del Prof. Franco Locatelli dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità e membro del CTS.