Rubriche
Rubrica. FLASHLIGHT: Dal 45 giri al Video-Show.
By Old Man Say
In qualche articolo precedente ho presentato alcuni dee jay’s che a loro modo hanno fatto dell’originalità una bandiera. Artisti che grazie a cultura e ad una ricerca non si sono soltanto limitati a proporre musica ma che hanno ricreato o reinventato il proprio lavoro, con il vinile, con i video o promuovendo un “genere musicale” magari non proprio nato per il club ma che grazie al loro impegno negli anni è diventato “cult”.
La passione di Erik Lugaresi, così come per tanti dj’s nati nel decennio degli anni sessanta e che hanno iniziato a muovere i primi passi dietro ad una consolle fra la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta, viene da lontano. In molti e con nostalgia si riconosceranno in questo iter artistico, in questi passaggi di “vita” vissuta. Anni passati ad ascoltare il d.j. residente del locale che si frequentava appena sedicenni, uno sguardo al centrino del disco che in quel momento stava girando per rubarne il titolo, un consiglio chiesto con timidezza; ore a guardare in silenzio. (si una volta era lui l’anima ed il riferimento del locale ora probabilmente, dove ancora esiste, l’unico che ancora tiene pulita la consolle).
Pomeriggi trascorsi ad ascoltare musica nei negozi specializzati, la lista dei titoli delle tracce ricercate in tasca, i sacrifici per poter comprare o, nella migliore delle ipotesi, farsi regalare il primo mixer, i primi due “piatti” per potersi esercitare e poi cercare la maniera di entrare in un locale in veste di light-jockey per carpire i primi segreti sperando che prima o poi sarebbe arrivata la tua occasione magari dopo aver organizzato qualche festa per gli amici dove il tuo unico fine era quello di mettere la musica.
Dalla passione per la musica nasce tutto questo mi dice Erik; il “lavoro” del dj è un qualcosa che hai dentro e cresce insieme a te accompagnandoti per un cammino fatto di rinunce, sacrifici, ma anche tante soddisfazioni. Ovvio, parlo così perché è quello che hanno vissuto tutti quelli che si sono avvicinati, esattamente come me, a questa mondo. Ragazzi nati nel secolo scorso (a dirlo mi vengono i brividi), tempi in cui per poter entrare in consolle bisognava aver alle spalle un “percorso” che ti dava la possibilità di essere scelto in base alle esigenze di chi voleva proporre le tue selezioni nel suo locale.
Nel mio caso ho sacrificato l’acquisto del motorino a 14 anni (che era “una regola” per i ragazzini di allora) per comprare il primo stereo, dischi e giradischi, per poter fare pratica di mixaggio. Le prime esperienze, raccontato ora fa sorridere, nella sala del “Partito” (siamo in Romagna) che aveva impianto e dove noi giovanissimi ci trovavamo per le prime feste e mentre gli amici si scambiavano i primi baci o muovevano i primi passi impacciati io rimanevo dietro alla mia prima consolle mettendo musica; davvero un’altra epoca.
Da li il passaggio successivo per me ad una piccola discoteca di provincia dove per poter usare un impianto professionale ed una grande quantità di vinili che una volta venivano acquistati dal locale, nei pomeriggi di chiusura si aiutava a far le pulizie o in cambusa e tutto questo per poter mettere a volte un disco o due in chiusura di serata,in poche parole la famosa “gavetta” per arrivare finalmente ad un ingaggio. Forse diventare un disc-jockey era passare anche da questi percorsi, il trionfo di una passione, normalmente mai compresa soprattutto dai genitori, sperando in una ricompensa, una serata o una residenza tutta tua.
C’è da ricordare che questi termini, che ora citiamo per comodità, all’epoca non esistevano. Vocalist, residente, guest, special guest non facevano parte del vocabolario della notte. La consolle era per tre o quattro serate affidata ad uno o due professionisti e un addetto alle luci che poteva fare qualche intervento al microfono e normalmente ne era responsabile per l’ aspetto tecnico.
Dalla nascita della figura del dee jay negli anni ’70, personaggio underground ed un po’ bohemien, isolato dal resto della sala anche se idealmente figura dominante nella vita della stessa per le sue selezioni musicali si è passati a dei d.j. professionisti nazionali e poi internazionali grazie alle produzioni nell’epoca dell’house-music (sempre però artisti con background solidi). Questo lavoro è diventato più popolare, certo non di massa ed ancora abbastanza esclusivo, grazie anche alla nascita di centinaia di discoteche a livello mondiale fino grosso modo agli anni duemila. Da qui la professione, largamente facilitata dalla tecnologia e da internet (che ha aspetti positivi ma anche negativi) sostenuta dai social media, da operazioni di marketing ( dj’s tronisti, calciatori, modelle, ex porno attrici…) ha probabilmente in buona parte perso il suo charme originale. La passione si è tramutata per tanti in spirito di emulazione delle poche decine di star mondiali del mixer o semplicemente una via rapida per fare “cassa” per il tempo di una stagione inventando un dee-jay creato a “tavolino”, senza un passato o un esperienza di base.
Torniamo ad Erik; da una intuizione di Ezio Rizzoli, titolare di un locale storico La Vie en Rose di Imola, insieme al suo direttore artistico dell’epoca Andrea Ricci nel settembre del 1990 nasce una serata di musica completamente “Made In Italy”. Ricordo che l’idea mi lasciò davvero perplesso. Mi sembrava impossibile poter far ballare per cinque ore la gente solo con musica che andava da Vasco Rossi a Zucchero da Loredana Berte a Lucio Battisti e per giunta di Lunedì. In quegli anni era un classico per qualche d.j. mettere qualcosa di italiano in mezzo ad una selezione house per dare un tocco di originalità al set. Vennero ristampate versioni mix di “Figli delle Stelle” di Alan Sorrenti e di “Aria” di Marcella Bella ma tutto finiva li. Mi sbagliavo.
Senza timore di smentita si può classificare uno dei format (parola in voga ora ma inesistente in quegli anni) di più grande successo del panorama della discoteca italiana di sempre. “Il lunedì della Via” diventa un must assoluto richiamando i nottabuli davvero da ogni angolo d’ Italia ed i titolari di decine di discoteche pronti a carpire i segreti di un successo che ha avuto dell’ incredibile. (ad onor del vero molti tentarono di copiarla ma a nessuno riusci mai di ricreare la magia di questa serata e di questo locale). Il d.j. chiamato a preparare la colonna sonora di una notte da creare dall’ A alla Z fu Erik già attivo allo Xenos di Marina di Ravenna club nel quale proponeva, durante l estate, alcuni party con questa tematica.
Il successo ha portato Erik a proporre questa serata in tutta Italia, un successo che per vent’ anni ha fatto ballare davvero l’intera penisola sia nella discoteca dove tutto è nato La Vie en Rose sia nelle decine di club che l’hanno avuto come ospite fra i quali ricordiamo Le Mirage di Arezzo, il Sali & Tabacchi di Reggio Emilia, Il Palabam di Mantova, Otel e Kaja a Firenze, Grace ed il Dolce Verde ad Arezzo, Heaven di Roma, il Tamurè di Jesolo, il mitico Byblos di Riccione, Le Indie di Cervia, Rocca, Sinatra, Giardini Sonori e Topkapi di Ferrara, ed ovviamente in tutti i locali del patron Ezio Rizzoli dal glorioso Madison Ciak e Sporting di Bologna fino al Djamballà di Ravenna .
Questo è stato un capitolo indubbiamente importante per il d.j. romagnolo che però, dopo anni di vinili e cd (italiani ma non solo), decide di rivoluzionare il suo modo di proporre musica passando ai Video Musicali. Nei primi anni del duemila con un iMac inizia a proporre video musicali italiani all’ interno del sopracitato lunedì e crea poi un nuova serata, esclusivamente con video questa volta e non soltanto con riferimenti alla musica italiana, in un altro club molto vicino alla Vie en Rose, Il Djamballà, discoteca alle porte di Ravenna.
IL VIDEO MIX è un vero e proprio show live -spiega Erik- dove quello che il pubblico vede sugli schermi sono le canzoni che sta ascoltando in quel momento, il tutto costruito nello stesso modo in cui un dee-jay propone un set in discoteca. La parte maggiormente intrigante di questa proposta è il vedere gli artisti di oggi o di un passato più o meno recente su video-clip, le loro registrazioni live in programmi televisivi, concerti o eventi, a volte versioni inedite con apparizioni rare scovate in ogni angolo del mondo. Le evoluzioni del loro look e del loro percorso artistico, le coreografie delle esibizioni, come sono cambiati negli anni in fatto di stile. Si può assistere insomma ad uno show che appassiona anche i più giovani che si fanno catturare dalle immagini perché spesso succede che conoscono la canzone ma non hanno mai visto il cantante.
Dagli anni sessanta in poi, ma su video insomma, dalla disco music, ai classici del rock, dal pop attuale, alla house-story. Gli artisti non si riconosco soltanto dalla voce ma anche guardandoli. La vita di Erik continua ancora dietro ad una consolle, ora non più dotata di giradischi, vinili o usb ma di computer, video e sofisticati schermi con lo stesso entusiasmo, anima spesso eventi prestigiosi cene di gala, party privati. Porta il suo live-show in serate giro per il mondo ed in epoca Covid, ove si deve sottostare a qualche limitazione, una cena guardando i video delle stelle della musica italiana o dei grandi del rock può essere sempre una valida e piacevole alternativa ad una pista affollata viaggiando nel tempo e sulle ali della musica senza tempo.
Clicca qui per seguire OA PLUS su INSTAGRAM
Clicca qui per mettere “Mi piace” alla PAGINA OA PLUS