Attualità
I dettagli dell’accordo europeo. A quali condizioni l’Italia potrà spendere?
Grazie alla decisione storica presa ieri al Consiglio europeo, l’Italia avrà la possibilità di usufruire di 209 miliardi dall’Europa, di cui 82 miliardi in aiuti a fondo perduto e 127 miliardi in prestiti. Una cifra che corrisponde quasi all’attuale crollo dell’economia, dovuto all’emergenza sanitaria. Anche se non sono tutti aiuti a fondo perduto, il prestito di 127 miliardi prevede tassi molto bassi su scadenze molto lunghe. Ma come e quando saranno spesi questi soldi?
La parola d’ordine è “investimenti”. Con questa cifra l’Italia potrà raddoppiare gli investimenti pubblici per i prossimi anni. In quanto denaro comunitario, è chiaro che l’Europa ci tiene a sapere dove andrà a finire la somma di cui beneficerà ogni paese. In cambio, infatti, il governo dovrà presentare un piano di riforme 2021-2023. Una serie di dettagliate proposte su come si intenderà spendere questa cifra, con progetti, stime, tempi e costi.
Già entro metà ottobre queste riforme dovranno essere presentate a Bruxelles. Non c’è molto tempo perché come si legge nelle conclusioni del Consiglio europeo, il 70% dei fondi sarà da utilizzare tra il 2021 e il 2022. Per questo una task force si metterà al lavoro presto per redigere il piano di proposte che dovrà poi essere analizzato e approvato dagli organi europei. Il premier Conte ha parlato ieri di investimenti nel campo della scuola, università, ricerca e infrastrutture.
Le priorità dell’Unione europea sono chiare. I Paesi dovranno accelerare il passo in due direzioni: verso la transizione digitale e l’ambiente. Le proposte di ogni Paese dovranno dunque riflettere e inglobare questi obiettivi comuni. La Commissione Ue si aspetta – dunque – investimenti su larga scala in energie rinnovabili, economia circolare e riduzione dell’inquinamento. Ma anche politiche atte alla riduzione del divario tra diverse parti d’Europa con programmi a sostegno alla riconversione delle imprese e della riqualificazione dei lavoratori. Un’altra parola sicuramente ricorrente è poi “resilienza”. Bisognerà diventare sempre più resilienti per rafforzare la capacità di sopportare crisi future.
Non solo, le riforme dovranno poi essere orientate alla crescita e alla creazione di posti di lavoro. Le raccomandazioni della Commissione Ue per l’Italia sono principalmente due: migliorare il sistema giudiziario e la pubblica amministrazione. A vigilare ci sarà – appunto – la Commissione Ue che si appoggerà ad un comitato formato dai rappresentanti del Tesoro di tutti e 27 gli Stati-membri. Il comitato dovrà votare le proposte del Paese che vuole accedere ai fondi europei a maggioranza qualificata.
Questo vuol dire che 13 voti contrari che rappresentano il 35% della popolazione europea, su 27 Paesi possono bloccare l’erogazione degli aiuti. Il sistema di voto a maggioranza qualificata – infatti – dà un peso maggiore ai paesi più popolosi dell’Ue che sono nell’ordine Germania, Francia, Italia, Spagna e Polonia. Per la maggior parte dei Paesi Ue non è facile raggiungere almeno il 35% della popolazione senza avere dalla loro parte almeno uno degli Stati più grandi. Al contrario, invece, gli Stati più popolosi possono allearsi e superare il minimo senza troppa difficoltà.
Se insoddisfatto della performance di un altro membro, uno Stato può tirare il cosiddetto “freno di emergenza” e sospendere l’erogazione dei fondi per sottoporre il caso specifico alla revisione del Consiglio e della Commissione Ue. Dopo l’informativa al Senato, il premier Conte parlerà dell’esito del Consiglio europeo alle 16 alla Camera. Il risultato ottenuto ha diviso le opposizioni. Se Forza Italia appoggiava la proposta dell’Ue, Fratelli d’Italia esprimeva ieri un tiepido sostegno al presidente Conte, mentre la Lega bollava come una fregatura il risultato ottenuto, una resa incondizionata all’Europa.
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Crediti foto: LaPresse